- Per Mosca ciò che conta è essere al crocevia della strategia globale
- Pechino fa di tutto per allontanare Mosca da Washington con una assidua campagna di avances
- La posta in gioco è chi saprà assicurare meglio la stabilità globale, politica e finanziaria
Tre giorni prima del centenario del partito comunista cinese, Vladimir Putin ha voluto congratularsi con Xi Jinping durante una rara videoconferenza tra i due leader. In quell’occasione Cina e Russia si sono accordate di rinnovare il trattato di buon vicinato e di cooperazione, come affermato in una dichiarazione congiunta emessa dopo la videoconferenza. Il tono è quello della collaborazione in favore della stabilità internazionale. La cooperazione tra Cina e Russia viene presentata da Pechino come il modello nuovo delle relazioni internazionali: un futuro condiviso per l’umanità. Si tratta della priorità cinese: dimostrare che le azioni commerciali e l’intraprendenza politico-militare non si basano sull’aggressività ma su un’armonia condivisa.
Le accuse
Un modo per reagire alle accuse americane e occidentali di violare i diritti umani delle persone e dei popoli, attentando alla sicurezza globale. L’interesse della Russia è diverso e tutto nazionale: restare nel gioco dei grandi ed ottenere il rispetto che si deve ad una potenza globale. Nell’ottica russa l’organizzazione dell’incontro virtuale tra Xi e Putin non contraddice quello di Ginevra con Biden, ma lo completa. Per Mosca ciò che conta è essere al crocevia della strategia globale. La nuova amministrazione Usa l’ha compreso e per questo ha deciso di diminuire la sua opposizione al raddoppio del Nord Stream in modo da sintonizzarsi con Mosca e Berlino allo stesso tempo.
Ciò rende soddisfazione a Putin, che si era impegnato a resistere anche di fronte alle ripetere richieste di Trump, pure non ostile al Cremlino. L’occidente inizia a comprendere che Putin è un nazionalista che ha sofferto per il crollo dell’Urss soprattutto a causa delle conseguenze reputazionali per il suo paese. Da vent’anni si è posto come obiettivo di restaurare l’autorevolezza di Mosca: la Russia vuole essere trattata secondo il rispetto che si deve a una grande potenza. Si tratta di una politica antica da quelle parti: già all’epoca degli zar e più ancora durante l’era sovietica, Mosca si è sempre considerata uno stato plurinazionale a vocazione mondiale. In forza di tale autoconsapevolezza, Putin utilizza tutti i simboli nazionali tra i quali quelli dell’ortodossia russa: essere erede di Bisanzio conferisce a Mosca un destino storico e una funzione politica ecumenica senza frontiere. Tale nazionalismo storico russo è molto diverso da quello ideologico cinese e nel contempo necessita del riconoscimento di quello occidentale. Al noto vertice di Pratica di Mare del 2002 si tentò, in maniera forse un po’ improvvisata ma molto acuta, di avvicinare le esigenze dei due universi. Significava trasformare la Nato da alleanza politico-militare ad organizzazione internazionale per la sicurezza collettiva. Sarebbe stato l’ultimo decisivo passo del processo di Helsinki, che già aveva dato vita all’Osce: un’importante trasformazione che purtroppo non fu portata a termine a causa delle contraddizioni dei nazionalismi europei e della miopia americana.
Stabilizzazione cinese
Oggi è Pechino a reclamare il ruolo di stabilizzatore ma molti dubitano delle sue intenzioni. Numerosi stati si mantengono per ora in bilico tra le due superpotenze: meglio non allontanarsi troppo da Washington (di cui almeno si conoscono i metodi), prima di mettersi sotto la leadership cinese (di cui si ignorano gli obiettivi ultimi). In tale dialettica ora si inserisce Mosca. La Cina sta facendo di tutto per sedurre la Russia, pur di frenare i tentativi occidentali (soprattutto Usa) di dividere le due potenze. Pechino non sa cosa pensare del vertice Biden-Putin e moltiplica le avances, puntando sulle fragilità finanziarie di Putin. Il mantra cinese con i russi è mettere in relazione le pressioni occidentali su Mosca nell’Europa dell’est (espansione della Nato e dell’Ue, crisi ucraina) e quelle americane su Pechino nel Mar cinese (compresa la delicata questione di Taiwan).
Tuttavia Putin non può fare a meno di non preoccuparsi della pressione demografica cinese sulle terre russe d’oriente. La competizione è tra chi saprà meglio assicurare la stabilità finanziaria e politica globale.
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