- È inutile strologare sui benefici per Milano del mega progetto; proprio non ce n'è, se tale non pare lo sventramento del luogo, su cui Inter e Milan puntano la sorte.
- Per riportare in patria soldi veri, a Suning il progetto serve come l'ossigeno nell'aria; quando avesse in tasca il sigillo comunale, venderebbe più in fretta e molto meglio.
- La società controllante del MIlan, Elliott, potrà vendere con calma più avanti, a progetto ben avviato, magari dopo la fine del Covid.
Sempre deprechiamo il poco coraggio dei politici, inchiodati alla vista corta; sosteniamo allora chi si sottrae alla deprimente prassi, come ora il sindaco di Milano Beppe Sala. Egli non approverà il nuovo stadio finché non sarà definita la proprietà dell'Inter, facente capo al gruppo cinese Suning, che sta laboriosamente negoziando la vendita con alcuni gruppi finanziari.
L'Inter, con il Milan che non si espone ma è in linea, spera nell'approvazione, prima delle elezioni comunali, del mega-piano per lo stadio che dovrebbe sostituire il Meazza, la “Scala del calcio”. L'Inter fa l'offesa, dice che il Comune è irrilevante nel processo amministrativo e perfino: «Esistevamo prima di Sala e continueremo ad esistere anche dopo il suo mandato».
Suning e il presidente Inter, Steven Zhang, devono venire proprio da troppo lontano, per ignorare l'attaccamento dei milanesi, interisti e milanisti inclusi, alla storia plurisecolare del Comune che – ne stiano essi certi – esisterà anche quando dei loro fasti si sarà persa traccia. La ben integrata comunità cinese a Milano gli dia qualche buon consiglio.
Vacua suona la minaccia di Zhang di realizzare altrove il nuovo stadio; la sede alternativa - pare Sesto San Giovanni – sarebbe snobbata dai tifosi, non spaventerà Sala.
Zhang è nervoso anche perché sul progetto è appena caduta un'altra tegola: il certificato di idoneità statica del Meazza per il decennio 2020-2030, firmato dall'ingegner Antonella Antonelli, Responsabile della progettazione strutturale di Metropolitana Milanese, smonta i timori sulla stabilità avanzati da chi vuole abbatterlo.
È inutile strologare sui benefici per Milano del mega progetto; proprio non ce n'è, se tale non pare lo sventramento del luogo, su cui Inter e Milan puntano la sorte. Entrambe, ricordiamo, hanno padroni di incerta stabilità.
Se Suning vuol vendere l'Inter ad un fondo di private equity, il Milan un tale padrone l'ha già nel gruppo Elliott, gestore di fondi per circa 42 miliardi di dollari, che dichiara di controllarlo al 96 per cento.
Puzza di speculazione
Arriviamo alla ragione del piano. Il Milan s'è impegnato a partecipare ad investimenti di 1,2 miliardi di euro per costruire un impianto «allo stato dell'arte ed un innovativo distretto multifunzionale». Lo stesso ha fatto l'Inter, cui però mancano i mezzi per adempiere all'impegno. Se sentite puzza di speculazione cementizia, residenziale e commerciale, ci sono due notizie: quella buona è che non avete il Covid, quella cattiva è che avete ragione.
Suning deve vendere perché vuolsi così dove si puote ciò che si vuole; Pechino ha ottimi argomenti e noi più non dimandiamo. Per riportare in patria soldi veri, a Suning il progetto serve come l'ossigeno nell'aria; quando avesse in tasca il sigillo comunale, venderebbe più in fretta e molto meglio.
Ballano tanti soldi, non bruscolini, Zhang si dia pace, non può ignorare il Comune, lo sa anche il più cauto Milan; il suo controllante Elliott non deve ancora vendere, ma dimostrare che l'investimento s'apprezza è anche per loro necessario. Potrà vendere con calma più avanti, a progetto ben avviato, magari dopo la fine del Covid.
È stupido bloccare progetti necessari, saggio bloccare quelli, più che inutili, dannosi.
Nessuno biasima Elliott e Suning se fanno il loro lecito interesse; rispettino però chi incarna quello pubblico, quando sa fare anche la sua, e nostra parte, magari con ancor maggior vigore di loro. Vuole rinverdirsi? Bene così Sindaco!
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