Il reato di tortura? Da abolire. L’abuso d’ufficio e il traffico di influenze? Da cancellare o depotenziare. In questo agire c’è l’essenza della destra al governo, figlia del berlusconismo. C’è l’idea di una giustizia forte con i deboli e garantista con chi gestisce potere.
È il garantismo della destra erede del sogno del Caimano, genuflessa davanti ai potenti, giustizialista nei confronti di chi nulla ha. Nessuna delle norme presenti nel pacchetto Nordio migliorerà la vita degli indagati senza diritti davanti alla legge. Ogni punto mira a proteggere politici, faccendieri, lobbisti, imprenditori da possibili indagini della magistratura. Persino il lodevole tentativo di migliorare il processo decisionale sulla carcerazione preventiva si riduce a una farsa.
Non potevamo aspettarci molto di diverso da una coalizione che è stata già al potere per lustri, seppure con equilibri diversi al suo interno. Sono gli eredi di chi ha firmato leggi come la Bossi-Fini sull’immigrazione, nella quale era previsto l’arresto obbligatorio per chi veniva fermato senza permesso di soggiorno (la Corte costituzionale ha poi dichiarato illegittimo quell’articolo). Sono gli eredi della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, la quale ha contribuito più di ogni altra legge al sovraffollamento carcerario.
Con il tentativo di abolire l’abuso d’ufficio e di rendere inefficace il reato di traffico di influenze è finalmente chiaro il progetto della destra di governo: liberare da lacci e lacciuoli chi gestisce il denaro pubblico, cioè le risorse di tutti. L’abrogazione dell’abuso permetterà di affidare appalti in via diretta (quando possibile) ad amici, parenti, amanti, cugini, clientele varie ed eventuali, senza il rischio di incorrere in processi. La rimodulazione del traffico di influenze – con l’idea che affinché il delitto si consumi sia necessario un passaggio di denaro – porterà all’azzeramento di indagini sulle trame tessute da mediatori in doppio petto che sfruttano le relazioni con la politica per ottenere commesse, appalti, servizi. Sono, tuttavia, rarissime ormai le bustarelle zeppe di contanti: i trafficanti di influenze pagano in consulenze, offrono viaggi da sogno, regalano carte di credito aziendali. Nordio vanta di essere uno dei magistrati del caso Mose, una delle maggiori operazione contro la corruzione fatta in Italia. Come può ignorare l’evoluzione del fenomeno?
Il testo presentato ha più il sapore di una rappresaglia servita fredda, a distanza di anni. La resa dei conti è evidente pure contro l’antimafia. Nordio accusa i magistrati anti clan di vedere organizzazioni criminali ovunque: l’ultimo a subire un attacco di questo tenore è stato Pietro Grasso, ex presidente del Senato, una vita trascorsa in prima linea contro Cosa nostra. La vendetta tocca anche i media: la limitazione della pubblicazione delle intercettazioni prevista dal testo della riforma è l’ennesimo tentativo di lasciare i cittadini all’oscuro di fatti che sono di interesse pubblico al di là della loro rilevanza penale. L’elogio del silenzio, il migliore alleato del malaffare.
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