- Il Ponte sullo Stretto è diventato l’alibi per rinviare ogni scelta, mentre la politica si accontentava di coltivare rendite di posizione, spostarsi in quest’area del Paese è diventato più difficile.
- Il governo Draghi ha fatto ripartire il progetto del Ponte, affidandolo ad Italferr, e stanziato le risorse del Recovery plan per la riqualificazione di porti e stazioni, l’acquisto di treni e di navi.
- E’ da questi interventi che si deve partire, togliendo ogni alibi e liberando le idee, dando spazio a nuove politiche per dare una concreta speranza di cambiamento a chi vive tra Messina e Reggio Calabria.
Bisogna provare a spostarsi tra Messina e Reggio, tra i porti e le stazioni, i centri abitati dell'area dello Stretto per capire i danni che l’eterna discussione intorno al grande progetto del ponte hanno prodotto in quest’area del paese.
In questi anni, mentre la politica si accontentava di coltivare rendite di posizione rispetto all’opera, sono diminuiti i traghetti e diventati molto più costosi, sono ancora più complicate le coincidenze con autobus locali o pullman regionali, mentre i treni continuano a metterci due ore per attraversare pochi chilometri, in un misto di sciatteria e abbandono di cui la cronaca si accorge per le code di Ferragosto e qualche protesta.
I dati di disoccupazione ed emigrazione dei giovani non sono certo diversi da altre aree del Mezzogiorno ma qui fanno più rabbia per le risorse sprecate, la scarsa attrattività di un territorio dal fascino incredibile che dilapida i suoi talenti, rendendo la vita complicata a pendolari e studenti ma anche di fatto rinunciando ad attrarre turisti.
Vista l’impossibilità di organizzare una vacanza, con visita al museo dei bronzi di Riace e poi spostarsi, senza troppe complicazioni, sull’altra sponda per vedere La Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei Pastori di Caravaggio, nel Museo Regionale di Messina.
Per non parlare di una gita in bici ai laghetti di Ganzirri e poi al lungomare Falcomatà di Reggio, al Castello e alla spiaggia di Scilla. Di andare all’università, a teatro o a mangiare su una sponda e poi tornare sull’altra, come dovrebbe essere normale.
Cosa cambia con Draghi
La novità è che con il governo Draghi si è tornati finalmente a investire sui collegamenti in questo territorio, da un lato con l’affidamento ad Italferr del compito di presentare un progetto di fattibilità per il collegamento stabile, e dall’altro con lo stanziamento di risorse del Recovery plan per la riqualificazione di porti e stazioni, l’acquisto di treni e di navi per sostituire quelli oramai troppo vecchi in circolazione.
Ora il rischio è che ci si accontenti di questi miglioramenti e della ripartenza del progetto della grande opera salvifica per il destino di tutto il Mezzogiorno.
Quando invece è da questi positivi interventi, finanziati con fondi europei, che bisogna partire per offrire una concreta speranza di cambiamento nei prossimi mesi o anni, e non tra qualche lustro.
Ad esempio, per puntare a mettere a sistema l’offerta di mobilità per chi si sposta lungo lo Stretto, con un biglietto unico e orari integrati, investendo in digitalizzazione delle informazioni che oggi viaggiano separate tra autobus gestiti dai Comuni, traghetti e aliscafi di operatori diversi, treni regionali e nazionali.
Oppure, puntando a liberare i quartieri dall’attraversamento dei camion, completando finalmente i lavori del porto di Tremestieri e migliorando le connessioni con l’autostrada sul lato calabrese. Invece per quando riguarda gli spostamenti di lunga distanza basterebbe copiare da chi gestisce meglio di noi problemi analoghi.
Nel Baltico usano navi lunghe duecento metri, con due boccaporti, per gli attraversamenti in treno.
Così i convogli non vanno smontati e si eliminano complicate manovre in porto, e si potrebbe ridurre a 45 minuti l’attraversamento.
In questo modo, quando saranno terminati gli interventi in cantiere per velocizzare le linee ferroviarie al Sud, sarà possibile vedere qualche Freccia e Italo arrivare a Palermo e Catania con orari competitivi.
Il potenziale dello Stretto
Il cambiamento radicale di cui ha bisogno quest’area del paese è quello di liberare le idee e immaginare il futuro, mettendo da parte ogni alibi.
Ma anche a Roma c’è bisogno di politiche e visioni diverse dal passato, magari tornando allo spirito di Next Generation Eu, per accompagnare questa prospettiva con riforme oltre che risorse, fissando obiettivi da raggiungere e divari da ridurre.
L'area dello Stretto potrebbe diventare un laboratorio di innovazione anche istituzionale, per superare l’incomunicabilità tra regioni, comuni, autorità portuale e aeroporti, con un ruolo chiaro di coordinamento e supporto da parte del ministero delle Infrastrutture. Ridurre i gap di accessibilità è oggi un obiettivo imprescindibile per rilanciare i territori italiani e ridurre le disuguaglianze di reddito.
In un’area con queste risorse e potenzialità può diventare la chiave per tornare a immaginare qui progetti di vita e di lavoro, viaggi e attività da organizzare.
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