- Quello che vediamo nel calcio d’oggi è l’anticipazione del futuro
- Guardiamolo bene, il calcio, perché è lì che presto arriveranno anche le altre economie fondate nelle passioni popolari.
- Il mito della crescita perenne - su cui si basa il capitalismo di mercato - non potrebbe trovare esempio più maturo della sua intrinseca perversione.
Tifo Juventus, e non so che cosa fare. Boicottare, come invita a fare il direttore di Domani? Meditare, come invita a fare Beppe Severgnini? Vergognarmi, come invitano a fare certi amici? Disinteressarsi del calcio, come fa - con argomenti molto più convincenti dei miei - Alessandro Giammei? Non lo so.
Quello che provo in queste settimane non è però indignazione, rabbia o sconcerto. No, nessuno stupore: come Pasolini con le stragi italiane, già da tempo anch’io avrei potuto dire: so, ma non ho le prove.
Del resto, non serviva un genio. Ho continuato a seguire la squadra, e probabilmente continuerò, con sempre più stanchezza e rassegnazione, in una sfiduciata frustrazione del giudizio, nella peggior forma dell’amore, come i lussuriosi danteschi «che la ragion sommettono al talento».
Però me l’aspettavo. Quando il prezzo di un biglietto in curva sale a novanta euro; quando una maglietta ne costa centodieci; quando paghi trenta milioni d’ingaggio a un calciatore, capisci che sei dentro un gioco al rialzo di cui è già stato passato il punto di non ritorno: non può finire bene.
Non sono stupito, perché il capitalismo funziona così, e mi stupisce piuttosto che tanti colleghi mostrino autentico sbigottimento, come se la gestione Juve non fosse lo sbocco, precoce e tossico ma inevitabile, di qualunque azienda calcistica moderna che voglia competere con gli sceicchi.
Il calcio oggi è questo: una farsa perennemente in rosso, un giocatore di poker disperato che continua a indebitarsi e rilanciare, nell’illusione che vincere la prossima mano lo potrà salvare. E non parliamo neanche della serie A. Lo spettacolo ipocrita e penoso di questo Mondiale qatariota vale da solo più di ogni commento.
Dobbiamo essere grati alla Juventus, perché ci ha fornito, sulla propria pelle, un esempio profetico.
È un’anticipazione del futuro. Il caso Juve ci mostra infatti molto chiaramente cosa diventano una cosa bella e vera quando il capitalismo di mercato ha compiuto per intero il suo ciclo: un feticcio triste, una farsa incattivita che presto sarà esclusiva solo di emiri, sceicchi e fondi finanziari.
Il giocattolo di un’economia drogata. Guardiamolo bene, il calcio, perché è lì che presto arriveranno anche le altre economie fondate nelle passioni popolari. Il mito della crescita perenne - su cui si basa il capitalismo di mercato - non potrebbe trovare esempio più maturo della sua intrinseca perversione.
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