Contro gli accorpamenti degli istituti scolastici, la Regione Toscana sfida il governo e i governatori di centrodestra, in nome del diritto a una scuola di qualità per tutti. L’intervento dell’assessora regionale all’istruzione Alessandra Nardini
Questo governo, con il ministro Valditara, ha calato una scure sulla scuola pubblica e lo ha fatto prima con quanto previsto in legge di bilancio in materia di dimensionamento, poi confermandolo con il decreto di agosto sull'organico dei dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi e sulla sua distribuzione tra le Regioni per il prossimo triennio.
Un decreto che prevede tagli e accorpamenti. Per la Toscana si passa da 470 istituzioni scolastiche attuali a 455 previste nell'anno scolastico 2024/2025, 452 nel 2025/2026 e 446 nel 2026/2027. Un taglio di 15 autonomie scolastiche già dal prossimo piano di dimensionamento.
È di questo, secondo il ministro e la presidente Meloni, che ha bisogno la scuola? Le regioni di centrodestra sono la stragrande maggioranza. Cosa ne pensano Zaia, Fontana, Rocca, Fedriga, Cirio e Toti? Stanno con la scuola, con chi ci lavora e con le famiglie o con i tagli del ministro? Come si possono accettare ancora tagli, quando soprattutto dopo la pandemia dovrebbe essere chiaro a tutti che occorrono investimenti?
Come Regione Toscana abbiamo dato battaglia da subito, con il voto contrario in Conferenza Regioni e con il ricorso che abbiamo presentato alla Corte Costituzionale. In questi giorni abbiamo fatto ancora di più: abbiamo approvato una delibera relativa agli indirizzi per il dimensionamento che di fatto non recepisce le indicazioni di Valditara. Abbiamo infatti deliberato di non imporre gli accorpamenti che il Governo vorrebbe, con ciò confermando che, per noi, il dimensionamento corretto è quello attuale in Toscana, a meno che non ci siano richieste diverse provenienti dai territori, non certo da Roma.
Per una Regione come la nostra, che negli anni si è impegnata a dare una dimensione corretta, a realizzare gli istituti comprensivi per garantire la continuità verticale dal punto di vista pedagogico e organizzativo, tagliare adesso significa produrre effetti negativi sulle prospettive educative e occupazionali. Per questo, non imponiamo tagli ai territori e continuiamo a opporci a quanto previsto dal governo. Il Ministro prova a nascondersi dietro al Pnrr e al fatto che fosse necessario riorganizzare la rete scolastica. Non è così: si poteva e doveva fare diversamente.
Ad esempio, andrebbero rivisti i criteri di formazione delle classi, superando il fenomeno delle classi pollaio e quello della soppressione di classi nelle aree interne e periferiche. Parliamo di due problemi molto sentiti dal mondo della scuola e dalle famiglie. Verso la scuola non si può avere un approccio ragionieristico, non ci si può fermare a un calcolo matematico o alla logica del risparmio. Sulla scuola si investe, non si taglia.
Dalla Toscana lanciamo un segnale forte al governo e alle altre regioni e sfidiamo i nostri colleghi di centrodestra a trovare il coraggio di unirsi a noi. Quello che è certo è che qui in Toscana in ogni caso continueremo a opporci a questa scelta e a tutte le altre che avranno come conseguenza tagli alla scuola pubblica. Andremo avanti confrontandoci con Comuni e Province, attraverso Anci e Upi, e con le organizzazioni sindacali.
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