- «La scuola non si riaprirà nemmeno a breve e semplicemente perché non si vuole riaprirla. E i primi a non volerlo sono in parte, ahimè tristemente, proprio gli insegnanti».
- È evidente però che gli insegnanti non sono tutti così... però, al netto della retorica del politically correct a tutti i costi, devo dire con estrema onestà che la gran parte degli insegnanti sì sono “allineati” al sistema della didattica a distanza, forse addirittura “abituati”.
- Qua non si tratta di fare una difesa di questa o di quell’altra categoria di professionisti ma si tratta di avere un futuro diverso in una società più efficiente con servizi, servizi, e ancora servizi per i quali paghiamo le tasse più alte d’Europa o quasi.
«A proposito della scuola mi sono fatta oramai un’idea piuttosto radicale. La scuola non si riaprirà nemmeno a breve e semplicemente perché non si vuole riaprirla. E i primi a non volerlo sono in parte, ahimè tristemente, proprio gli insegnanti. Molti mi sembra vogliano restare a casa, perché i primi a non credere nella Scuola sono proprio gli insegnanti. In fondo, a fine mese, lo stipendio arriva uguale, soldi puliti, zero coinvolgimenti fisici ed emotivi, senza contare il vantaggio concreto, economico sugli edifici: nessuna sicurezza da implementare, soldi risparmiati da inquilini e proprietari. Ho come la sensazione che le persone fisiche costituiscano una sorte di ingombro quindi meglio tenerle a casa».
Scrivo queste poche righe in una chat di addetti ai lavori e come prevedibile si scatena l’inferno, uno profluvio di polemiche, di critiche, di rizelate affermazioni.
È evidente che la mia è stata una forte provocazione da populista destrorsa (quello che evidentemente mai sono stata e mai sarò) ma sentivo la necessità di smuovere un dibattito che oramai dura da un anno di milioni persone che continuano a baloccarsi di finte questione misurate al centimetro del metro di distanza, di rotelle da mettere ai banchi, di illusori tracciamenti e di test rapidi, di presunta sicurezza di spazi e mezzi pubblici et similia. Vi confesso che mi sento stanca, stanca e sola, come lo sono i nostri ragazzi, di una DaD (didattica a distanza) poi diventata DiD (didattica integrata digitale), che nasconde l’emergenza sotto il volto di acronimi che ibridano solo le parole e non l’apprendimento.
Si è scatenato, come vi dicevo, un putiferio di opinioni a difesa della categoria docente. Ci mancherebbe altro se volessi scagliarmi contro i docenti… ne faccio parte anch’io!
E’ evidente però che gli insegnanti non sono tutti così... però, al netto della retorica del politically correct a tutti i costi, devo dire con estrema onestà che la gran parte degli insegnanti sì sono allineati al sistema della didattica a distanza, forse addirittura abituati.
Alcuni sicuramente hanno sposato questo compito con passione ma non mi si può certo dire che la maggior parte di questi sia efficace via DaD (altrimenti non registreremmo i disastrosi dati Ipsos) purtroppo molti insegnanti stanno diventando dei burocrati, dei soldatini del sistema e questo non è certamente ne’ garanzia, né tutela del diritto allo studio, ne’ dei reali bisogni formativi dei nostri figli.
Va bene la didattica di emergenza, va bene l’improvvisazione di un’attività che è stata frettolosamente organizzata in assenza di una formazione specifica, però va anche detto che il piano digitalizzazione della scuola era partito già nel lontano 2007 con corposi investimenti e si chiamò Scuola Digitale e furono investiti copiosi fondi (circa 40 milioni di euro), per intenderci quel piano che fornì una Lim (lavagna interattiva multimediale) quasi ad ogni classe del paese; ebbene, quelli che accettarono di fare la formazione specifica sulla digitalizzazione furono numeri esigui sotto il dieci per cento poi tutti quanti ora si stracciano le vesti e dicono che non erano pronti a tutto questo. In realtà, diciamo la verità c’è stato, e mi riferisco agli anni precedenti, molto menefreghismo, molto tirare a campare, il popolo degli insegnanti spesso si è infoltito dei famosi cercatori di posto fisso. Consentitemi il giudizio ma onestamente ho un discreto universo di riferimento, avendo formato generazioni di aspiranti docenti tra Siss ( scuola di specializzazione all’insegnamento secondario) SICSI, versione campana della Siss,Tfa (tirocinio formativo attivo) Pass, prepass e 24cfu (crediti formativi), solo per citare una piccola parte della legislazione che ha guidato il sistema del reclutamento iniziale degli insegnanti negli ultimi anni.
Ora, chiaramente, i nodi vengono al pettine e questo vale naturalmente anche per la formazione universitaria con un piccolo distinguo: le università hanno avuto un competitor che sono state le telematiche che hanno costretto i docenti universitari in qualche modo un po’ a rincorrere con le piattaforme eLearning di Ateneo.
E poi questo stesso ragionamento vale uguale per la sanità dove ci sono medici e infermieri che con profondo spirito di servizio hanno pagato con il prezzo della vita il loro impegno professionale e quelli imboscati e incompetenti che alimentano costi, sfiducia e malasanità. Io non vorrei “eroi” ma semplicemente una società popolata di professionisti. Non voglio miracoli, voglio semplicemente servizi. Non voglio sentire parlare di tunnel e guerra ma di programmi.
Qua non si tratta di fare una difesa di questa o di quell’altra categoria di professionisti ma si tratta di avere un futuro diverso in una società più efficiente con servizi, servizi, e ancora servizi per i quali paghiamo le tasse più alte d’Europa o quasi.
Sanità, istruzione, trasporti in una società democratica ed efficiente .... niente di più.
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