Stupisce il silenzio di governi, istituzioni umanitarie e analisti di varia natura sul report dell'Institute for the study of global antisemitism and policy (Isgap) del novembre 2024, dedicato al ricorso del Sudafrica alla Corte di giustizia internazionale. Le sessanta pagine del contenuto sgomberano anzitutto il campo dall’idea che il Sud Globale sia la nuova sede degli ideali liberali teorizzati dall’Occidente.

Basterebbe dare una scorsa all’elenco dei nomi di chi si è unito al ricorso del Sud Africa per capire l’insensatezza di affermazioni simili. Tra questi spiccano: Turchia, Egitto, Maldive, Cuba, Cina, Libia, Pakistan, Siria, Venezuela.

Che giudizi simili siano stati ripetuti acriticamente da analisti e giornalisti dimostra non solo i diffusi pregiudizi manichei che portano a considerare buono tutto ciò che attacca Israele, ma soprattutto un’incomprensione del passaggio storico che stiamo vivendo: non un cambio di baricentro del liberalismo, ma una rivolta identitaria contro l’espansione liberale occidentale, che, nella sua esportazione imperiale degli ideali egualitari si è risolta in una logica assimilazionista a cui oggi si contrappone il risorgere di antiche tradizioni precoloniali.

Basti dire che questa variegata galassia ha assunto come capifila Cina, Russia e lran. A scorrere la lista dei membri del team legale sudafricano e dei suoi consulenti si nota, poi, una ben nota convergenza fra esponenti della galassia jihadista, salafita e della Fratellanza musulmana con sigle palestinesi anti-israeliane di matrice marxista-leninista, già entrate in rotta di collisione con l’Olp negli anni ’70 per la propria radicalità, spesso riedizione in chiave moderna di un antichissimo antigiudaismo islamico.

Un bouquet di nomi che vanno da John Dugard, leader del team legale del Sudafrica già membro del Popular front for the liberation for Palestine a Shawan Jabarin, nel 2007 definito Dr. Jakyill e Mr Hyde dalla Corte Suprema israeliana per la sua doppia natura di «attivista» dei diritti umani e militante anti-israeliano. Fino a Raji Sourani, Issam Younis, Ammar Hijazi, Omar Awadallah.

Punto di congiunzione fra le due aree, una che fa leva su una retorica panislamica l’altra sul diritto umanitario, è recentemente stato l’Euro-Med Monitor, ufficialmente un ente a difesa dei diritti umani in Europa, nel Medio Oriente e nel Nord Africa, il cui fondatore Ramy Abdu apparve in una lista del governo israeliano dei principali supporters di Hamas in Europa.

Altri, come Enas Zayed, sono stati direttamente legati ad istituti espressione della Fratellanza musulmana come il Popular conference for Palestinian abroad. Date queste premesse, non stupisce trovare nello staff legale del Sud Africa nomi legati al Global Anti-aggression campaign, organizzazione che si propone di resistere all'aggressione straniera contro l'Islam e i paesi musulmani dove ha militato anche Khaled Meshal.

Si banalizzerebbe il quadro se si pensasse ad una convergenza tattica in nome di un nemico comune, si tratta piuttosto della plastica rappresentazione di una propaganda studiata a tavolino, con cui il radicalismo islamico ha utilizzato il piano del diritto internazionale come cavallo di Troia per legittimare posizioni fondamentaliste.

Il report continua mostrando il graduale processo di avvicinamento dell’African national congress ad Iran, con cui sono dimostrati incontri durante la stesura del report, Qatar e Fratellanza musulmana, svendendo l’eredità di Mandela, già di per sé terribilmente pregiudiziale nei confronti del sionismo, al fronte russo-cinese, da cui ha ricevuto cospicui finanziamenti che lo hanno salvato dalla bancarotta. Aumentati, guarda caso, in quest’ultimo anno.

Il resto è cronaca: intersezione fra universalismo islamico ed occidentale, ben disposto, in nome di un afflato verso la giustizia universale che si accende solo per chi combatte contro gli ebrei, a riesumare l’immagine dell’ebreo vendicativo, assetato del sangue dei bambini. Termini come genocidio e pulizia etnica ripetuti a pappagallo, introiezione totale della propaganda di Hamas.

Insomma, fabbricazione di un falso storico: Protocolli dei Savi di Sion 2.0. Del resto si sa, una bugia ripetuta tante volte, diventa verità (Joseph Goebbels). Avvertenza: la denuncia di una manovra politica che ha utilizzato la cultura giuridica sudafricana in funzione anti-occidentale attraverso l’antisionismo, non riduce le colpe israeliane riguardo la strategia distruttiva a Gaza.

Una cosa, però, è indicare l’origine di questa non strategia in uno stallo politico israeliano, comunque grave e colpevole, un’altra è che sia l’occasione per riproporre stereotipi antisemiti che tanti danni hanno fatto nella storia.

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