- La solitudine non risparmia nessuno. Dai ragazzi chiusi in casa, agli anziani, ai senza fissa dimora, agli esclusi: chiunque può esserne colpito. Uccide nel silenzio, a tutte le età e condizioni sociali.
- Ci sono i casi limite: in Italia almeno 130mila giovani non escono mai di casa, spaventati da ogni forma di socialità, anche dalla scuola. Si può lasciarsi andare alla solitudine per tantissimi motivi tanto che in Gran Bretagna è stato creato un ministero della solitudine incaricato di proporre soluzioni per contrastarla.
- Si tratta di un tema per la politica ma anche e soprattutto di una responsabilità di ciascuno. Senza una sensibilità acuta per questa malattia in più, la nostra società diventa matrigna.
La solitudine è la malattia in più della nostra società che uccide e non risparmia nessuno. La pandemia ha fatto emergere con chiarezza quanto sia micidiale per gli anziani soli negli istituti, senza la possibilità di chiedere aiuto. Ma con la solitudine abbiamo a che fare tutti i giorni: non c’è età o condizione che possa preservare naturalmente dall’isolamento. Quando si è giovani o adulti la solitudine può sembrare sopportabile, magari anche una scelta di vita per concentrarsi su sé stessi. Si tratta di un’illusione: la solitudine minaccia la vita di ciascuno. Si pensi ai ragazzi abbandonati alla Dad, o addirittura senza nemmeno quella: quanti hanno lasciato la scuola?
Ci sono i casi limite: in Italia almeno 130mila giovani non escono mai di casa, spaventati da ogni forma di socialità, anche dalla scuola. Si può lasciarsi andare alla solitudine per tantissimi motivi tanto che in Gran Bretagna è stato creato un ministero della solitudine incaricato di proporre soluzioni per contrastarla.
Recentemente si è uccisa Cloe Bianco, una professoressa transgender di 58 anni che si è data fuoco nel suo camper in un bosco. Era rimasta sola, allontanata dall’insegnamento e messa a lavorare nella segreteria scolastica. Ha annunciato la sua drammatica scelta sui social: «Così termina tutto ciò che mi riguarda».
Dopo la sua morte è scattata subito la polemica attorno alla questione del suo essere gender fluid, come si dice. Ma ancor prima di questo andrebbe guardata la verità in faccia: Cloe era sola, solissima. Lo scrive lei stessa con una sensibilità fuori dal comune: «Si tratta d’esistere sempre sommessamente, nella penombra. In punta di piedi, sempre ai bordi della periferia sociale, dov’è difficile guardare in faccia la realtà. Io sono brutta, decisamente brutta, sono una donna transgenere. Sono un’offesa al mio genere e un’offesa al genere femminile. Non faccio neppure pietà, neppure questo».
Storie nella penombra
Chi si è accorto dell’assoluta solitudine di Cloe? Le nostre cronache sono piene di storie al limite, nella penombra della vita come lei scrive, storie sommesse che se ne vanno in punta di piedi, relegate alla periferia dell’esistenza. Ricordiamone alcune recenti.
Per due anni interi nessuno si era accorto della morte di Marinella Beretta, 70 anni, di Como: viveva sola e i vicini pensavano che si fosse trasferita anni fa. È stata ritrovata in casa sua, seduta in poltrona in salotto: qualcuno voleva segnalare alcune piante pericolanti del giardino.
Probabilmente ha avuto un malore fatale ma per due anni nessuno se ne è accorto. Come era sola nella vita è stata sola nella morte. Casi come quelli di Marinella sono sempre più numerosi: soprattutto anziani che se ne vanno in silenzio o storie al limite come quella di Cloe, senza amici.
Ha fatto un certo scalpore la fine di Giovanni Maria Varese trovato morto in casa sua a Genova. Dall’appartamento proveniva cattivo odore ma questa volta i vicini, invece di contattare i soccorsi avevano deciso di sigillare con lo scotch la porta. Quando si è fragili si muore anche insieme.
A Ferrara madre e figlio anziani sono stati trovati senza vita nella loro casa: lei aveva 87 anni e il figlio sessantenne la accudiva. Probabilmente lui ha avuto un infarto e la madre è morta sola, incapace di avvisare. Stessa storia a Palermo, madre e figlio, lei di 89 anni e lui di 73. Anche in questo caso la donna sul letto mentre il figlio stroncato in sala da pranzo. Nessuno si è allarmato di nulla.
A Macerata, madre e figlio disabili sono atrocemente morti di fame e di sete in casa loro dopo il malore fatale del padre. L’anziano 80enne badava alla moglie, colpita da un ictus nel 2020, e al figlio di 54, anni invalido a causa di un incidente stradale avvenuto da ragazzo. La vicenda era conosciuta dai servizi sociali ma non è servito.
Quando si resta isolati e soli nemmeno la famiglia può essere una difesa. C’è chi si toglie la vita e chi muore perché privo di aiuto: in entrambi i casi a uccidere è la solitudine, una compagna maligna della vita umana. Il problema non è solo sentirsi in colpa quando accadono questi fatti, ma ricordare che molta gente vive sola e che basta poco per farla sentire meno isolata.
La solitudine fa impazzire tanti ed è la condizione normale dei poveri e dei fragili. Ma la solitudine può colpire chiunque a qualunque età, condizione e situazione sociale. Senza una sensibilità acuta per questa malattia in più, la nostra società diventa matrigna. È un tema per la politica ma è anche una responsabilità per tutti.
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