- Senza un grande progetto che unisca il nuovo Ulivo del Partito democratico, quel che resta dei Cinque stelle, un polo di centro riformista e una sinistra ecologista forte al dieci per cento, c’è solo una possibilità: perdere, consegnando il paese alla destra.
- Questo aprirebbe una profonda crisi con i nostri vicini europei.
- Il ritorno del putinista Matteo Salvini, insieme alla sovranista Giorgia Meloni, ci porterebbe ad assomigliare all’Ungheria di Viktor Orbàn, che non a caso ai due leader di destra piace moltissimo. Tanti saluti.
Romano Prodi e l’Ulivo sono tornati a far discutere. Dopo qualche decennio l’impresa del professore appare ancora come la più moderna. Certo non potranno essere lui e Walter Veltroni a tenere le fila oggi, mal’avventura dell’Ulivo è stata un’età felice. Tre anni di riforme. Lavoro, spesa pubblica, rilancio dell’economia. Speriamo che non ci sia un nuovo Massimo D’Alema, devastato dal narcisismo personale, a rompere le uova nel paniere. L’Ulivo è stato un progetto europeista ed ecologista ante litteram. Il ministro dell’Ambiente del primo governo nato nel 1996, Edoardo Ronchi, riuscì a far approvare la più importante riforma su trattamento e smaltimento dei rifiuti. Il faticoso lavoro di Romano Prodi fu quello di unire, operazione che lo portò a battere Silvio Berlusconi per ben due volte.
Alle prossime elezioni del 2023, il centrodestra vedrà La Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, alleati nelle loro idee stantie. È il centrosinistra che ha l’occasione di un nuovo progetto europeista. La crisi del Movimento 5 stelle sta riportando alla luce tutti i dissapori interni al centro e alla sinistra. Nessuno vuole avere a che fare con i grillini guidati da Giuseppe Conte. Matteo Renzi e Carlo Calenda non vogliono nemmeno parlare con Luigi Di Maio. Questo non è possibile, è arrivato il momento di guardare in faccia la realtà.
Senza Draghi
Purtroppo Mario Draghi ha dichiarato che non guiderà nessun governo dopo il 2023. Peccato. Il suo governo tecnico ha una grande differenza rispetto a quelli passati che non potevano avere futuro per la mancanza di risorse e potevano occuparsi solo dei tagli. Draghi avrebbe a disposizione il Pnrr per costruire una nuova Italia. E in più è un leader popolarissimo. Speriamo almeno di vederlo al Quirinale.
Senza un grande progetto che unisca il nuovo Ulivo del Partito democratico, quel che resta dei Cinque stelle, un polo di centro riformista e una sinistra ecologista forte al dieci per cento, c’è solo una possibilità: perdere, consegnando il paese alla destra. Questo aprirebbe una profonda crisi con i nostri vicini europei. Il ritorno del putinista Salvini, insieme alla sovranista Giorgia Meloni, ci porterebbe ad assomigliare all’Ungheria di Viktor Orbàn, che non a caso ai due leader di destra piace moltissimo. Tanti saluti.
Al momento, l’Ungheria rischia il taglio dei viveri, ovvero il denaro del Recovery Plan. Un governo italiano di destra, esattamente allo stesso modo, affonderebbe il nostro Pnrr. La catastrofe. Romano Prodi si era ben guardato dal commettere l’errore di polemizzare con Massimo D’Alema, sapeva che la posta in gioco era troppo alta.
Speriamo che anche il nuovo Ulivo sappia guardare al di là dei singoli orticelli. Non sarà facile mettersi d’accordo, ma almeno che tutti tengano ben presente che se non lo faranno, sarà la fine. Che lo spirito di Piero Calamandrei scenda tra noi.
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