- Il sistema malato del calcio pretende un secondo salvataggio pubblico proprio mentre l’inchiesta della procura di Torino ha dimostrato che mezza serie A era influenzata dalle esigenze contabili della Juventus.
- Durante il Covid, le società sportive hanno ottenuto un congelamento di 480 milioni di euro di tasse dovute sugli stipendi dei calciatori.
- Il senatore Lotito è uno dei primi beneficiari dell’emendamento presentato al decreto Aiuti quarter, con la sua squadra, la Lazio.
Il sistema malato del calcio pretende un secondo salvataggio pubblico proprio mentre l’inchiesta della procura di Torino ha dimostrato che mezza serie A era influenzata dalle esigenze contabili della Juventus.
Durante il Covid, le società sportive hanno ottenuto un congelamento di 480 milioni di euro di tasse dovute sugli stipendi dei calciatori. Per affrontare un momento difficile, con gli stadi chiusi, ma ora non li vogliono pagare.
La Lazio di Claudio Lotito, che sta ancora pagando i debiti con il fisco della gestione Cragnotti di vent’anni fa, nell’ultimo bilancio presentava un aumento dei debiti tributari relativi all’Irpef sui lavoratori dipendenti per 54,9 milioni di euro al 30 giugno 2022, rispetto ai 30,5 del 2021.
Prima il decreto 104 del 2020 poi il decreto Aiuti ter del governo Draghi nel 2022 hanno già previsto una rateizzazione di quei debiti. Ma le squadre non li vogliono o non li possono pagare.
E così proprio Lotito, che ora è anche senatore di Forza Italia, è tra i promotori di un emendamento al decreto Aiuti quater che preveda un’ulteriore rateizzazione, abbinata a uno scudo penale per le società. «Non è una legge ad personam», rivendica Lotito in una intervista alla Stampa. I beneficiari sarebbero parecchi, ma di certo lui e il suo club sono nella lista.
Lotito, che della commissione Bilancio è vicepresidente, non è da solo, ci sono anche deputati del Pd e Cinque stelle (poi pentitii, hanno ritirato la firma) che chiedono la stessa cosa: una rateizzazione fino a 60 rate mensili, quindi cinque anni, senza sanzioni e senza interessi.
In pratica una specie di finanziamento di stato, che permette alle società indebitate di avere risorse che altrimenti dovrebbero ottenere dal sistema bancario o dal mercato a carissimo prezzo, vista la fragilità delle loro finanze.
L’accesso ai cinque anni, secondo le squadre, non deve neppure prevedere l’attuale penale del 3 per cento. Tutto gratis.
Effetto Juve
La Juventus, che ha appena dovuto riscrivere il bilancio 2021 dopo le contestazioni di Consob e magistratura, ha visto salire «i debiti tributari per ritenute da versare e altri» da 47,9 a 65,7 milioni di euro tra il 30 giugno 2021 e il 30 giugno 2022. Almeno 6,5 milioni sono le tasse congelate nell’anno del Covid.
Poi ci sono i «debiti per retribuzioni dovute a dipendenti e assimilati», che sono altri 31 milioni, e che includono i risultati della «manovra stipendi» contestata dalla procura, cioè la rinuncia dei giocatori ad alcune mensilità che in realtà, con accordi paralleli, venivano soltanto differite.
Con il fisco, poi, la Juve ha anche altre pendenze perché, ricorda sempre la relazione finanziaria la società è indagata con l’accusa di aver indicato «elementi passivi fittizi (con conseguente Iva indebitamente detratta pari a complessivi euro 437 migliaia), avvalendosi di fatture – emesse (personalmente o tramite proprie società) da agenti sportivi – riferite in tutto e/o in parte ad operazioni inesistenti».
«C’è la volontà di non voler mettere la polvere sotto il tappeto e di non girarsi dall’altra parte», ha detto il ministro dello Sport Andrea Abodi, a proposito dell’indagine sulla Juventus, e ha lasciato intendere che potrebbe non essere l’unico club ad avere problemi (nella ricostruzione dei pm di Torino anche alcune squadre partner delle compravendite di calciatori beneficiavano del sistema plusvalenze).
Ma la rateizzazione ulteriore dei debiti tributari proposta da Lotito e auspicata dalla Lega Calcio, guidata da Lorenzo Casini, servirebbe proprio a tenere la polvere sotto il tappeto qualche altro anno.
Così come la proposta, sempre via emendamento Lotito, di fare contratti per i diritti televisivi con durata cinque anni invece di tre: così i club potrebbero farsi anticipare subito dalle banche i flussi di cassa futuri e rimandare ancora per un po’ il confronto con la dura realtà di bilanci sempre meno sostenibili.
Tutti d’accordo
Anche Urbano Cairo, che controlla il Torino (ma anche Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e La7) è d’accordo con Lotito: «Qualsiasi persona di buon senso capisce che è una sacrosanta opportunità per chi investe di ottenere un guadagno grazie alla continuità del progetto».
Tra i pochi a fare battaglia contro la lobby della Serie A c’è Matteo Renzi, senatore di Italia Viva: “Anziché chiedere la rateizzazione a spese del contribuente, le aziende del calcio imparino a gestire bene i bilanci. E lascino i soldi a chi ne ha bisogno!”.
Perché anche Renzi vuole sussidiare qualcuno, ma non le squadre di Serie A, meglio quelle “che fanno sport con i giovani” o i volontari o la cultura.
Il figlio di Renzi, Francesco, gioca in serie D nel Poggibonsi. Ma, per una volta, non è Renzi ad avere un conflitto di interessi in questa storia ma la lobby contabile della Serie A che con bilanci trasparenti e senza aiuti di Stato sarebbe decimata.
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