Stupri come quelli di Palermo e Caivano avvengono più facilmente in contesti difficili, dove lo stato spesso è assente. Il Pnrr prevede fondi per le periferie, ora bisogna investire in progetti educativi per la parità tra i sessi. La proposta di legge del Partito democratico e un appello al ministro Valditara
Pubblichiamo un contributo di Irene Manzi, capogruppo del Pd in commissione Cultura alla Camera e responsabile nazionale Istruzione del partito.
Gli orribili stupri di gruppo di Caivano e Palermo compiuti contro giovani donne, alcune poco più che bambine, aprono uno squarcio sul dramma di una società in cui aumentano in modo esponenziale le violenze degli uomini contro le donne, in cui empatia e umanità rischiano di scomparire dall’orizzonte dei sentimenti delle giovani generazioni e dove, in alcune parti del nostro paese, si riducono sempre di più forme di protezione sociale per i più fragili.
Ed è evidente che queste dinamiche attecchiscano con più facilità nei luoghi difficili, come il Parco Verde di Caivano o nella periferia di Palermo, dove lo stato spesso è assente, la povertà economica e il degrado urbano la fanno da padroni e non sono diffusi servizi o presìdi territoriali in grado di strappare da questo abisso di solitudine e abbandono bambine e bambini, ragazze e ragazzi.
In queste realtà dove predomina con ancora più forza un modello misogino di sopraffazione, manca una rete/comunità di sostegno e le famiglie sono assenti o non sono in grado di interagire con i propri figli. Da una parte, si sta affermando un modello fondato sulla deumanizzazione, la mancanza di empatia e la tendenza a non considerare le ragazze e le donne come persone ma oggetti, con un linguaggio sempre più violento per quel concerne la sfera del rapporto sessuale.
All’emergenza educativa che caratterizza il nostro paese e che non dà a molti gli strumenti per capire e affrontare le situazioni difficili si somma in campo sessuale un’educazione sviluppata negli ultimi trent’anni di pornografia in rete che contribuisce non poco allo sviluppo di un immaginario violento e oggettificante. Colpevolmente, questa è per molti l’unica forma di educazione sessuale.
Ecco perché è indispensabile l’impegno di tutte le forze politiche e del governo per attuare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale quanto le norme – penso alla legge 107 del 2015 e alle illuminate linee guida che ne seguirono – già consentono, ovvero la realizzazione di progetti che diffondano «l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazioni al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori».
Dall’altra parte non è più tempo di rinviare un intervento strutturale mirato alla costruzione e al rafforzamento della comunità educante attraverso patti educativi che tengano insieme in rete scuole, famiglie, associazionismo, parrocchie, enti locali e privati, servizi sanitari, fondazioni. Assumiamo educatori e pedagogisti. Costruiamo una rete di sostegno ma anche di opportunità. Non consegniamo una generazione all’orrore della peggiore violenza.
Le risorse ci sono: il Pnrr prevede fondi per le periferie e le zone disagiate, uno dei capitoli tagliati nella rimodulazione del piano (più che dichiarazioni e visite a posteriori sarebbe utile intervenire preventivamente con misure e risorse) riguardava proprio questo e ci sono i finanziamenti iscritti nel bilancio del ministero dell’Istruzione contro la dispersione scolastica e i divari territoriali, di cui solo un terzo è stato assegnato.
C’è una proposta di legge del Partito democratico, firmata da tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione, dedicata alla comunità educante, calendarizzata in commissione Istruzione al Senato. Partiamo da lì per avviare un lavoro complesso ma efficace. Rivolgo un appello al ministro Valditara perché coinvolga anche le forze di opposizione nella definizione di un complesso di interventi strategici e di lungo periodo che valorizzino quanto già prevedono le norme e prevedano quanto di ulteriore e necessario.
Lo stato si assuma la responsabilità di investire a difesa delle generazioni più giovani, non a parole o con l’indignazione del momento, ma investendo sulla prevenzione con politiche sociali, culturali ed educative di contrasto alla povertà, all’abbandono scolastico, alla violenza di genere. Investimenti strutturali per cercare di arginare la mostruosità che si nascondono in molte Caivano d’Italia.
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