- «Dio, patria e famiglia» è il condensato valoriale della politica dell’identità con cui la coalizione di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sembrerebbe voler giocare (e con buone speranze di vittoria) anche questa partita elettorale.
- Le forze di destra mettono in chiaro, dal principio e pur nelle differenze che persistono tra i partiti, cos’è la destra. Mentre il campo avverso pare avere a disposizione solo un’identità negativa: quella di “non-destra”.
- Eppure, persino “quello che non siamo” sembra oggi richiedere uno sforzo urgente di definizione. Cosa significa costruire un’alternativa alla destra?
Come se negli ultimi quattro anni e mezzo non avessimo attraversato una pandemia, una crisi economica e sociale, una guerra e uno shock energetico, la partenza della campagna elettorale ci riporta dritti al 2018. Tornano i simboli religiosi branditi come arma politica, tornano le campagne anti-migranti, le fantasie di islamizzazione e «sostituzione etnica», gli allarmi sulla sicurezza e il pericolo «gender» che insidia i nostri bambini.
«Dio, patria e famiglia» è il condensato valoriale della politica dell’identità con cui la coalizione di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia sembrerebbe voler giocare (e con buone speranze di vittoria) anche questa partita.
Stando alle indagini di opinione, né il tema dell’«invasione» degli stranieri né le minacce alla presunta «famiglia naturale» tolgono oggi il sonno a elettrici ed elettori, che paiono invece gravemente preoccupati da disoccupazione, povertà, siccità, energia, guerra. Ma è credibile che partiti che dell’ascolto della “pancia” del paese hanno fatto il proprio marchio di fabbrica non ne siano avvisati?
La sensazione è che le destre sceglieranno, per questa campagna-lampo d’estate, la strategia rodata della polarizzazione: dividere il campo, serrare le fila dei propri sostenitori, eccitare un elettorato incline all’odio verso “nemici” quali le élite globaliste filo-immigrazione, le femministe, i movimenti Lgbt+, le burocrazie europee anti-nazionali – cui possono aggiungersi i percettori degli odiati sussidi statali o i fautori delle politiche “chiusuriste” in ambito sanitario.
Cos’è la destra, cos’è la sinistra
Le forze di destra mettono insomma in chiaro, dal principio e pur nelle differenze che persistono tra i partiti, cos’è la destra. Mentre il campo avverso appare in ritardo e costretto a un gioco puramente reattivo, impegnato com’è nella definizione dei suoi confini e avendo a disposizione – una volta accantonato il riferimento inservibile all’agenda Draghi – solo un’identità negativa: quella di “non-destra”.
Eppure, persino “quello che non siamo” sembra oggi richiedere uno sforzo urgente di definizione. Cosa significa costruire un’alternativa alla destra?
Nei momenti di smarrimento, è utile tornare ai grandi della teoria politica, rileggere per esempio Norberto Bobbio e la sua definizione di «destra» e «sinistra». Il criterio che permette di distinguere i due campi, secondo il filosofo torinese, è la «diversa valutazione del rapporto tra eguaglianza-diseguaglianza naturale ed eguaglianza-diseguaglianza sociale». Per la sinistra, le diseguaglianze sono uno scandalo che deve essere eliminato; per la destra, un dato di natura che non può essere davvero mutato.
Da chi oggi si candida a essere “non-destra” (il nome di sinistra è per molti troppo impegnativo) possiamo attenderci almeno questo, un impegno serio, effettivo, contro le diseguaglianze?
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