Secondo Giorgia Meloni il problema del sovraffollamento carcerario non si risolve togliendo reati, ma aumentando le strutture penitenziarie. La Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2013 ha già condannato l’Italia per le condizioni di detenzione, è di diverso avviso
Diciotto suicidi in carcere nei primi 44 giorni dell’anno. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di recente ha detto che un primo passo per affrontare il problema sarebbe «ridurre o eliminare il sovraffollamento». Sovraffollamento che, secondo la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non si risolve togliendo reati, ma aumentando le strutture penitenziarie. Davvero è questa la soluzione?
I dati e la sentenza della Corte europea
Uno studio del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale ha rilevato come la tendenza al sovraffollamento «senza battute d’arresto» sia in atto da un anno, con una progressione preoccupante rispetto agli anni precedenti: se alla fine del 2022 la popolazione detenuta era aumentata di circa 2000 unità rispetto a dicembre del 2021, l’aumento registrato a fine dicembre 2023 è esattamente del doppio, con circa 4000 persone in più. L’indice dell’affollamento delle carceri italiane, al 14 gennaio 2024, è del 127,54%: 60.328 persone detenute, 13.000 in più rispetto ai 47.300 posti disponibili, con punte di oltre il 200% in alcune strutture.
A ciò si aggiungono le carenze di agenti, assistenti sociali, psicologi e altre figure necessarie, come rilevano Rita Bernardini e Roberto Giachetti, aderenti allo sciopero della fame, iniziativa non violenta nell’ambito del “Grande Satyagraha 2024” organizzato da Nessuno Tocchi Caino, per le condizioni delle carceri. Giachetti ha anche presentato una proposta di legge che, allo scopo di ridurre il sovraffollamento, prevede uno sconto di pena di 75 giorni per ogni semestre di pena espiata, anziché i 45 giorni attuali, per chi tenga una buona condotta.
A gennaio del 2013, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu), con la sentenza Torreggiani, accertò il carattere sistemico del sovraffollamento nelle carceri italiane, dando allo Stato un anno di tempo per porre rimedio alla violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) che sancisce il “divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti”. All’epoca, nelle celle c’erano 65.905 persone a fronte di una capienza di circa 47.000 unità. Oggi si stanno raggiungendo nuovamente le cifre di riempimento che portarono a quella condanna.
Le soluzioni secondo la Corte europea
Nuove carceri sono il rimedio, come dice Meloni? Non secondo la Corte Edu. «L’ampliamento del parco penitenziario» - affermano i giudici nella sentenza Torreggiani - dovrebbe essere «una misura eccezionale in quanto, in generale, non è adatta a offrire una soluzione duratura al problema del sovraffollamento». Secondo la Corte, «contro il sovraffollamento delle carceri e l’inflazione carceraria dovrebbe essere condotta un’analisi dettagliata dei principali fattori che contribuiscono a questi fenomeni».
In particolare, andrebbero analizzate «le categorie di reati che possono comportare lunghe pene detentive, le priorità in materia di lotta alla criminalità, (…) le prassi esistenti in materia di comminazione delle pene».
La privazione della libertà dovrebbe essere reputata «una sanzione o una misura di ultima istanza» e, pertanto, «prevista soltanto quando la gravità del reato renderebbe qualsiasi altra sanzione o misura manifestamente inadeguata».
Occorrerebbe, inoltre, valutare «l’opportunità di depenalizzare alcuni tipi di delitti o di riqualificarli in modo da evitare che essi richiedano l’applicazione di pene privative della libertà». Ancora, bisognerebbe applicare «il principio dell’opportunità dell’azione penale (o misure aventi lo stesso obiettivo)» e ricorrere a «transazioni come alternative alle azioni penali». E «l’applicazione della custodia cautelare e la sua durata dovrebbero essere ridotte al minimo», facendo un «uso più ampio possibile delle alternative».
Insomma, l’opposto della direzione in cui sta andando il Governo: dal suo insediamento ha introdotto quindici nuovi reati o fattispecie penali, di cui la maggior parte già entrati in vigore, e trasformato in sanzioni penali alcune che prima erano amministrative. Con questo andazzo le carceri non saranno mai sufficienti.
Qualche giorno fa, il professor Tullio Padovani si è chiesto come mai in una sala da ballo o in un cinema non possono stare più di un tot di persone, mentre nelle carceri è come se ci fosse «un elastico che s'allunga senza limiti e in forma incontrollata». Padovani propone di dare a un giudice il potere di chiudere le carceri non conformi alle regole e di istituire il numero chiuso: se entra una persona in più, una deve uscire. Una soluzione semplice e lineare. Una soluzione che di certo non può piacere a chi finora ha espresso inclinazioni “manettare”.
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