- Il 2022 d’oltreoceano avrà tra i suoi protagonisti principali nove giudici, tutti nominati a vita, che hanno sempre scritto una parte importante della storia degli Stati Uniti.
- Durante il suo mandato Donald Trup ne ha nominati tre. Non è un caso, infatti, che il collegio sia stato immediatamente trascinato sul campo di uno dei temi che stanno più a cuore all’agenda conservatrice, quello dell’interruzione volontaria di gravidanza.
- Da qui l’affanno di Joe Biden a studiare una via d’uscita: la nomina di giudici aggiuntivi, un limite temporale alla carica ora vitalizia, addirittura dei limiti alla possibilità per la Corte di sindacare le leggi del Congresso, and so on.
Il 2022 d’oltreoceano avrà tra i suoi protagonisti principali nove giudici, tutti nominati a vita, che hanno sempre scritto una parte importante della storia degli Stati Uniti.
È stato così per l’integrazione razziale, ad esempio: quasi tutto opera della Corte suprema, mica del Congresso. È per questo che la nomina presidenziale dei suoi membri è sempre un’occasione ghiotta per la Casa Bianca, tanto più se serve a rovesciarne gli equilibri politici, tutti sotto la luce del sole.
Da questo punto di vista, Donald Trump è stato fortunatissimo: in un solo mandato presidenziale, si è trovato a poter nominare ben tre giudici, portando la quota dei conservatori a sei su nove, e fissando così l’equilibrio della Corte per i prossimi decenni.
Da qui l’affanno di Joe Biden a studiare una via d’uscita: la nomina di giudici aggiuntivi, un limite temporale alla carica ora vitalizia, addirittura dei limiti alla possibilità per la Corte di sindacare le leggi del Congresso, and so on. Tutto molto difficile, e qualche giorno fa la Commissione di studio bipartisan incaricata dalla Casa Bianca ha approvato all’unanimità un report di 288 pagine molto critico.
Il tema dell’aborto
Intanto, la maggioranza di sei a tre, pur con qualche occasionale defezione, mette la Corte in una posizione ben precisa nella dialettica politica più profonda del paese. E non è un caso che il collegio sia stato immediatamente trascinato sul campo di uno dei temi che stanno più a cuore all’agenda conservatrice, quello dell’interruzione volontaria di gravidanza, e su questo campo sarà impegnato ancor di più nel 2022.
Anche quella è una storia scritta quasi tutta dalla Corte suprema, a partire da una celebre decisione del 1973, Roe vs Wade, che riconosce il diritto della donna ad abortire. Per rovesciare quella storica sentenza, i giudici conservatori devono fare i conti con un ostacolo non da poco, costituito dalla regola del precedente giudiziario vincolante.
È significativo che una delle autocitazioni più frequenti, nelle decisioni recenti della Corte, sia: «Stare decisis is not an inexorable command», dove stare decisis è il brocardo - quasi sempre storpiato nella sua pronuncia d’oltreoceano, paupera lingua latina - che indica proprio la regola del precedente: «Attieniti alle cose già decise». Tutto sta nel chiarire in che senso tale regola non è inderogabile, e ogni volta è un precisare, chiarire, puntualizzare, in cui si legge tutta la tensione tra la minoranza dei giudici liberal che stringe e quella conservatrice che annacqua, perché quanto più quello stare decisis si annacqua, tanto più facilmente si può rovesciare Roe vs Wade.
Nel 2020 c’erano andati vicino, ma non c’era ancora l’ultimo giudice nominato da Trump e dunque gli equilibri erano ancora cinque a quattro, e uno dei giudici conservatori aveva votato con i colleghi liberal. La decisione (June Medical Services, del 29 giugno 2020) aveva confermato l’annullamento di una legge del 2014 che, in Louisiana, limitava sensibilmente l’accesso alle pratiche di interruzione della gravidanza, risolvendosi dunque in una lesione del diritto della donna di cui in Roe vs Wade.
In quell’occasione, il giudice Thomas, il più conservatore dei conservatori alla Corte, non aveva mancato di stilettare, in dissenso con la decisione del collegio, che la decisione del ‘73 «è gravemente sbagliata per diverse ragioni, ma la ragione fondamentale è che la sua idea centrale – che la Costituzione tuteli il diritto di una donna di abortire – non trova alcun supporto nel testo».
Il caso del Texas
Qualche settimana fa, è stata invece la volta di una legge del Texas sull’aborto, che rende quasi impraticabile l’interruzione dopo la sesta settimana. Questa volta la maggioranza conservatrice della Corte è più salda, ormai sono sei a tre, e regge anche se lo stesso giudice che nel 2020 aveva tradito passando coi colleghi liberal è recidivo. La normativa texana viene dunque fatta salva (Whole Woman’s Health, del 10 dicembre), anche se non c’è bisogno di rovesciare Roe vs Wade: alcune ragioni di natura procedurale finiscono per mettere d’accordo quasi tutti, e non c’è bisogno di scontrarsi sul merito.
Ma ormai la prova di forza c’è: i numeri ci sono. Bene se la battaglia pro life dei conservatori può essere portata avanti senza andare allo scontro diretto su stare decisis e Roe vs Wade, ma, se quest’anno questo fosse necessario, c’è da credere che i conservatori non si tireranno indietro. E probabilmente potrebbero farcela. À la guerre comme à la guerre.
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