- La vigente normativa sulle zone di rischio “a colori”, con le relative chiusure all’aggravarsi della situazione, non sarebbe coerente con il principio ispiratore del “green pass” rafforzato: evitare nuove restrizioni ai vaccinati.
- Se vi fossero altre chiusure pure per i vaccinati, si minerebbe la fiducia di chi si è sottoposto a vaccino contando sulla certificazione verde come “strumento di libertà”, tanto più nella versione rafforzata.
- Si arriverà probabilmente a una revisione dei parametri di rischio e della disciplina delle restrizioni almeno in zona arancione, per non penalizzare i vaccinati. In zona rossa, invece, resterebbe il lockdown per tutti, come in Austria
L’Italia è a uno snodo importante nella gestione della pandemia. Il governo si appresta a varare una stretta per fronteggiare la nuova ondata di contagi – molti paesi europei registrano un aumento di casi preoccupante – che si tradurrà nel rilascio della certificazione verde solo a guariti e vaccinati (è il cosiddetto super green pass). Dopo mesi e mesi di produzione normativa emergenziale, serve provare a capire se questa novità sia coerente con le disposizioni attualmente vigenti.
In particolare, occorre verificare se le regole sulle zone di rischio, connotate da colorazioni diverse, possano essere armonizzate con quelle in tema di green pass rafforzato, che precluderebbero l’accesso in una serie di luoghi a chi non sia vaccinato o guarito; e come tutto ciò possa essere coerente rispetto alle affermazioni di esponenti del governo, secondo i quali eventuali nuove restrizioni non dovranno penalizzare chi ha optato per il vaccino.
Insomma, serve mettere insieme i vari pezzi, esaminando se e come possano incastrarsi.
Zone a colori e super “green pass”
L’Italia si trova attualmente in zona bianca, e le restrizioni vigenti consistono nell'uso della mascherina al chiuso, con percentuali massime di capienza in alcuni luoghi aperti al pubblico e obbligo di green pass – rilasciato a seguito di vaccinazione, guarigione o tampone con esito negativo – per svolgere attività di socialità e svago, nonché per accedere alle sedi di lavoro.
Il passaggio in zone di colore diverso, determinato dal superamento di certe soglie di contagio e di occupazione ospedaliera di reparti ordinari e terapie intensive, comportano restrizioni via via maggiori, com’è noto. Sono quelle disposte dal Dpcm del 2 marzo scorso, integrato e modificato per alcuni profili da decreti legge successivi: dall’obbligo di mascherina anche all’aperto, al coprifuoco, alla percentuale inferiore di capienza dei locali (ristoranti, cinema ecc.) fino ad arrivare a chiusure vere e proprie, estese in modo molto ampio in zona rossa.
In questo sistema si innesterebbe il green pass rafforzato. Il nuovo pass non comporterebbe la sospensione di diritti essenziali – ad esempio, resterebbe l’opzione del tampone per lavorare – ma subordinerebbe all’effettuazione del vaccino il godimento di spazi e momenti di vita sociale. Del resto, come spiegato in un articolo precedente, il legislatore può variamente graduare la previsione di una vaccinazione e le relative conseguenze, come ribadito anche dalla Corte costituzionale.
Il super green pass non determinerebbe una discriminazione nei riguardi dei non immunizzati. Questi ultimi si trovano in una condizione diversa – quanto a rischio di infettare e di infettarsi, nonché di gravare sul sistema sanitario in caso di contagio – rispetto ai non vaccinati, quindi sarebbe legittimo un loro trattamento differenziato nelle situazioni dove più elevata è la probabilità di contagio. Sarebbe cosa non comparabile con quanto ipotizzato da qualcuno nei mesi scorsi, cioè il lockdown delle persone anziane, in quanto più colpite dal virus. L’età anagrafica non è una scelta, mentre è una scelta decidere di non vaccinarsi, nella consapevolezza delle limitazioni conseguenti.
Scelte normative
L’introduzione del green pass per soli guariti e vaccinati continuerebbe a perseguire il fine di spingere verso il vaccino chi non si era convinto dopo le strette precedenti, prospettandogli il “premio” della libertà di circolazione. La vaccinazione di una nuova parte di popolazione dovrebbe garantire una relativa tranquillità nel contenimento della pandemia. Ma, secondo la normativa vigente, cosa succederebbe nell’ipotesi in cui, nonostante le vaccinazioni, la situazione sanitaria dovesse peggiorare, quanto ad aumento dei contagi e a riempimento delle strutture sanitarie, e nel paese tornassero zone arancioni o rosse?
Una prima opzione potrebbe essere quella di seguire il principio della “irreversibilità” delle aperture, dichiarato dal presidente del Consiglio, Mario Draghi in una conferenza stampa nell’aprile scorso, nonché il principio della libertà dei vaccinati rispetto ai non vaccinati, che ispira il super green pass.
I due princìpi indicati renderebbero la vigente normativa sulle zone a colori incompatibile con quella della certificazione rafforzata, determinando il superamento della prima. Esercizi commerciali e luoghi di socialità resterebbero aperti a fronte di qualunque aggravamento della situazione epidemiologica: l’accesso sarebbe sempre consentito ai vaccinati, ma precluso a quelli che non lo sono. Si tratterebbe di una scelta “politica” di convivenza con il virus e di fiducia nei vaccini, come strumento sufficiente di protezione, coerente con la comunicazione istituzionale.
Il governo potrebbe, invece, seguire l’opzione opposta, facendo in qualche misura prevalere la disciplina delle zone a colori – e le relative restrizioni – sul principio della libertà incondizionata dei possessori di green pass rafforzato. In questo caso, se la situazione dovesse aggravarsi, con il passaggio di una regione in zona arancione, il più limitato accesso a certi luoghi e attività continuerebbe a essere possibile solo a vaccinati o guariti, mentre le chiusure previste in tale zona sarebbero per tutti. E così pure se si arrivasse addirittura alla zona rossa: lockdown generalizzato, con buona pace di quello selettivo, come accaduto in Austria pochi giorni dopo il varo del green pass rafforzato.
L’ipotesi del Governo
Se vi fossero nuove chiusure anche per i vaccinati, si minerebbe la fiducia di chi si è sottoposto a vaccino contando sulla certificazione verde quale “strumento di libertà”, come definita da Draghi in conferenza stampa, tanto più nella versione rafforzata.
Quindi, pare che il governo si stia indirizzando verso una soluzione intermedia fra le due sopra esposte, con un superamento solo parziale della disciplina sulle zone a colori: in zona arancione nessuna chiusura, ma divieto di accesso in luoghi di svago e socialità solo per i non vaccinati; in zona rossa, invece, lockdown generalizzato.
Se così sarà, il peggioramento dei parametri di rischio, con il passaggio in zona arancione, non determinerebbe particolari cambiamenti, data l’elevata percentuale di cittadini che si sono già sottoposti alla vaccinazione, oltre ai guariti. In altre parole, oltre l’85 per cento della popolazione continuerebbe a godere di piena libertà di movimento.
La certificazione Covid resterebbe “strumento di libertà”, che premia i vaccinati nella sua versione rafforzata, come ribadito dal ministro Renato Brunetta. Ma solo fino a un certo punto, cioè fino alla zona rossa, dove sarebbe comunque la pandemia a dettare legge. Quali indicatori determinerebbero l’efficacia, cioè la riuscita, di questa soluzione normativa? Si possono solo immaginare, così come già accaduto per le soluzioni precedenti: innanzitutto, la crescita delle prime dosi di vaccino, nella misura percentuale che spetterebbe al governo indicare. Intanto, non si può far altro che restare in fiduciosa attesa di una comunicazione finalmente chiara e trasparente.
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