L’Italia ha di bello che ci ha abituato a tutto ma riesce a sorprenderci ogni giorno. E la vicenda delle truffe sui bonus fiscali anti Covid batte ogni record. Abituati all’inventiva con cui i criminali trovano sempre il modo di spillare soldi allo stato, stavolta scopriamo che sono stati i nostri superburocrati, capi di gabinetto, capi del legislativo ecc, con la complicità di politici in malafede o del tutto incapaci, a inventare un meccanismo che sembra studiato da un delinquente (i dettagli nell’articolo di Holgado e Trocchia a pagina 7).

E invece no, il delinquente, intercettato, non si capacita: «Lo stato italiano è pazzesco, vogliono essere fregati praticamente». Sembra Alberto Sordi con il suo leggendario «maccarone, m’hai provocato e io me te magno». Li hanno provocati con un decreto in cui mancava solo l’ultimo articolo (transitorio e finale, «Accomodatevi») e loro si sono accomodati, facendo defluire miliardi di euro dalle casse dello stato ai loro conti esteri.

Il capo della procura della Repubblica di Perugia Raffaele Cantone, ex presidente dell’autorità anticorruzione, ha comunicato raggiante la sua brillante operazione investigativa con dettagli che fanno riflettere. Dice che l’operazione «testimonia la costante attenzione dell’autorità giudiziaria e della Guardia di finanza sulla corretta destinazione delle risorse pubbliche». Notate il passaggio.

Le truffe di cui si parla sono state consentite dal decreto “rilancio” del maggio 2020, meno di due anni fa. Il governo Conte vara il decreto e subito la magistratura accende i radar. Perché? Perché lo sapevano anche i muri che quel decreto sembrava scritto per i ladri. Dice Cantone che l’inchiesta è stata basata sulla “dorsale informatica” della Guardia di finanza, «di recente implementata con due ulteriori applicativi che consentono mirate interrogazioni sui crediti d’imposta “agevolativi” e sulle compensazioni». Non ci si crede.

I cervelloni del ministero dell’Economia scrivono una legge che costerà allo stato furti per miliardi di euro, e la Guardia di finanza, notando la cosa, si dota di apposito software per beccare i ladri. E in effetti li becca. Ma allora sarebbe bastato scrivere nel decreto che i soldi lo stato li avrebbe versati dopo aver sottoposto la pratica al software della Guardia di finanza. Così sono andate le cose.

Adesso purtroppo ci si mettono i politici, guidati da Matteo Salvini, a chiedere che nessuno tocchi il decreto criminogeno. Così ci si dovrà occupare di loro anziché di capire che casino c’è ai vertici dello stato, nelle stanze ovattate dove vengono scritte le leggi che il parlamento deve approvare senza fiatare. Perché loro, i tecnici, non sbagliano mai.

 

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