Nel parlamento europeo non ci sono stati voti sufficienti per respingere la proposta di fare entrare gas e nucleare nella lista degli investimenti sostenibili dell’Unione europea, la cosiddetta «tassonomia verde». A nulla hanno potuto i voti delle forze progressiste e ecologiste, ora l’atto delegato della Commissione europea può così continuare il suo iter.

Inserire gas e nucleare negli investimenti sostenibili è una scelta paradossale, proprio perché avviene in piena crisi climatica che volge al peggio.

Nell’enciclopedia Treccani a proposito di sostenibilità si legge: «Nelle scienze ambientali ed economiche, condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. (…) Discende dallo studio dei sistemi ecologici, tra le cui caratteristiche assumono rilevanza proprietà quali la capacità di carico, le possibilità di autoregolazione, la resilienza e la resistenza che, nel loro insieme, influiscono sulla stabilità dell’ecosistema».

Ora, essendo il metano un gas serra più potente e pericoloso della CO2 ed avendo la filiera nucleare rischi ben conosciuti di incidenti, rilasci e gestione scorie sul lungo periodo, viene da chiedersi se i parlamentari europei che hanno votato per gas e nucleare negli investimenti sostenibili si siano posti almeno un paio di domande sulle conseguenze della loro scelta:

- come sarebbe in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere i bisogni delle future generazioni?

- come influenzerebbe positivamente la capacità di carico, l’autoregolazione, la resistenza degli eco-sistemi, contribuendo alla loro stabilità?

L’insostenibilità

In termini scientifici, specie in una fase di crisi ecosistemica come quella che stiamo vivendo, le risposte sarebbero impietose e ne farebbero capire immediatamente l'insostenibilità, con colori ben diversi dal verde.

Pertanto è plausibile che i parlamentari non si siano posti il problema, oppure abbiano adottato il criterio antropocentrico della necessità di crescita economica senza limiti, lo stesso che ci ha portati nella situazione drammatica in cui siamo. Non penso che i dati dell’Ipcc, di Lancetcountdown e di tante altre agenzie e istituzioni scientifiche autorizzino l’illusione di essere in una commedia.

Anche l’idea di tassonomia verde suona come una farsa: cosa ci sarebbe di verde nel consumo di una risorsa fossile palesemente non rinnovabile, che produce inquinanti di vario tipo di provato danno per la salute umana e degli altri viventi, e nell’uso della fissione a uranio o plutonio in centrali estremamente suscettibili ad eventi naturali e antropici, come in tutta evidenza quelle ucraine in teatro di guerra?

Potevano chiamarla tassonomia di crisi, o opportunistica, o di convenienza, o altro ancora, e motivarla con esigenze economiche senza scomodare in modo ipocrita la sostenibilità e il verde.

L’attenzione alle future generazioni, centrale nel concetto di sostenibilità, non dovrebbe essere un optional o un fastidioso orpello, visto che è sancita dalla nostra Costituzione che all’articolo 9 recita: «Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni» adeguandosi a Carte di altri paesi e nello spirito della Carta di Nizza dell’Unione europea.

In una fase così difficile occorrerebbe, specie da parte di amministratori e rappresentanti, eletti e non, un sovrappiù di rigore di comportamento (etica), con adesione decisa e trasparente a principi e responsabilità, con l’esplicitazione di quale sia l’idea di "casa comune" che ciascuno ha del pianeta e dei motivi delle scelte (dovere di dare conto, verso i cittadini a livello nazionale e europeo).  

Oggi sembra più che mai presente il rischio dell’essere umano di trasformarsi in un automa incapace di pensiero autonomo e di esercitare la propria responsabilità, di confrontarsi con la realtà delle cose e con la banalizzazione del male, denunciati da Hannah Arendt.

La solidarietà tra generazioni dovrebbe assumere un ruolo centrale nella riflessione e nell’azione. Per dirla col filosofo Hans Jonas: «Essere responsabili significa saper guardare avanti e al futuro nella convinzione che le scelte, ancorché giustificabili in un dato momento storico, possono essere immorali davanti al tribunale delle generazioni future».

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