- Ecco la soluzione al problema abusi, trattare le convenzioni per l’8 per 1000 come le concessioni pubbliche: al primo sgarro salta la concessione.
- Al prossimo episodio analogo a quello di Enna, una volta arrivato a sentenza il processo, decade l’accordo con la Chiesa cattolica che perde non i 40.000 euro dati a don Rugolo, ma 1,1 miliardi di euro.
- Se la Chiesa non capisce le ragioni dell’umanità, dello spirito e del dolore, sicuramente capirà quelle del conto economico.
Questa inchiesta è realizzata grazie al sostegno dei lettori di Domani: contribuisci anche tu. Per ogni euro versato, noi ne aggiungiamo un altro fino al raggiungimento dell’obiettivo.
Resto sempre stupito dal silenzio assoluto che accoglie le puntate della nostra inchiesta sulla violenza e gli abusi nella Chiesa italiana.
Da mesi Federica Tourn, grazie al prezioso contributo di lettori di Domani che contribuiscono a finanziare la sua inchiesta con piccole somme, ricostruisce episodi noti e inediti di pedofilia e altri abusi, sessuali e di potere, che si sono consumati nel clero italiano.
Lo scopo è dimostrare che non c’è bisogno del Boston Globe e dei premi Oscar al film sul suo team investigativo Spotlight per capire che c’è un problema anche in Italia.
Perfino la Conferenza episcopale ha dovuto riconoscerlo e ora il presidente, il cardinale Matteo Zuppi, si prepara a presentare un rapporto sulla gravità del fenomeno che, per quanto contestato nel metodo e nell’arco temporale coperto, è esso stesso l’ammissione di aver finora ignorato la piaga degli abusi.
L’inchiesta
Ogni lunedì Federica Tourn racconta le peggiori nefandezze compiute da preti abusatori e, soprattutto, dai loro superiori che si preoccupano assai più di silenziare, ridimensionare, tacitare gli scandali che di tutelare le vittime.
L’ultima puntata, alla quale abbiamo dedicato la copertina, oltre a indicare l’enormità del problema forse indica anche una possibile soluzione. Ricapitoliamo. A Enna è sotto processo don Giuseppe Rugolo per violenza sessuale su minori, accusato di aver abusato su tre ragazzi.
Il vescovo competente, quello di Piazza Armerina, Rosario Gisana, ha fatto quello che fanno tanti vescovi: un procedimento ecclesiastico e un trasferimento a Ferrara del prete molestatore. Ma una vittima coraggiosa, Antonio Messina, ha fatto quello che il vescovo ha omesso, si è rivolto alla giustizia e don Rugolo è stato arrestato.
Da intercettazioni prodotte in aula sembra di capire che il vescovo Gisana sappia di altri preti abusatori nella sua diocesi e che si preoccupi di evitare le denunce, ha anche affidato un incarico come viceparroco nel 2018 a un sacerdote, Vincenzo Iannì, rinviato a giudizio pochi mesi dopo per violenza sessuale su una minorenne.
I soldi
Ecco, fin qua c’è soltanto da indignarsi per un sistema di potere e ipocrisie che non solo contraddice ogni precetto evangelico e scredita la Chiesa tutta, ma sembra capace di sopravvivere a tutto, grazie proprio a questa impunità ostentata.
Poi l’episodio che indica la soluzione: monsignor Gisana ha usato fondi ell’8 per mille per aiutare il prete molestatore in esilio. Ventimila euro per estinguere un debito di don Rugolo nell’ottobre 2019, un altro aiuto da 15.000 nel 2020 perché il prete a Ferrara non ce la faceva col suo stipendio. E poi le spese legali per i processi.
Altri soldi dovevano andare a risarcire le vittime, 25.000 euro (cifra che ritorna in vari casi, come fosse una tariffa standard), da togliere alla Caritas diocesana ma poi l’accordo non c’è stato (con la vittima, non con la Caritas che tanto non poteva ribellarsi).
Quindi c’è almeno un caso in cui i soldi dei contribuenti italiani vanno a pagare la difesa processuale e il sostentamento di preti pedofili. Un caso soltanto? Quasi certamente no.
Dal 1990 c’è questa singolare forma di aiuto pubblico alla Chiesa cattolica e ad altre religioni organizzate: i contribuenti possono indicare a chi destinare una quota delle imposte sul reddito (Irpef), allo Stato o a una confessione religiosa. Chi non sceglie, lascia che i suoi soldi vengano ripartiti secondo le proporzioni fissate dagli altri.
Risultato: la Chiesa cattolica ha ottenuto nel 2022 1,1 miliardi di euro riferiti all’anno fiscale 2021. Di questi 158 milioni vanno alle diocesi “per culto e pastorale” e 13 milioni ai “tribunali ecclesiastici regionali”, poi 410 milioni per il sostentamento del clero.
Dal 1999 la Corte dei conti obietta che non è appropriato che i fondi dell’8 per 1000 vadano anche ai tribunali ecclesiastici, quelli che decidono sui matrimoni, e che troppo poco va agli interventi di carità e troppo a voci opache e non sufficientemente dettagliate.
Figurarsi se la magistratura contabile avesse saputo che i soldi delle tasse dei contribuenti andavano anche a pagare gli avvocati dei pedofili o il silenzio delle vittime.
La soluzione
Quindi, ecco la soluzione, trattare le convenzioni per l’8 per 1000 come le concessioni pubbliche: al primo sgarro salta la concessione.
Al prossimo episodio analogo a quello di Enna, una volta arrivato a sentenza il processo, decade l’accordo con la Chiesa cattolica che perde non i 35.000 euro dati a don Rugolo, ma 1,1 miliardi di euro.
Per fare le cose per bene basta imporre a tutte le confessioni organizzate che richiedono i fondi – dai mormoni ai buddisti – l’adozione di un codice di comportamento in materia di abusi: come funzionano le denunce, come si gestiscono le segnalazioni, come si evitano le recidive, come si collabora con la giustizia ordinaria.
Chi non lo accetta è fuori, chi lo viola perde tutto. Se la Chiesa non capisce le ragioni dell’umanità, dello spirito e del dolore, sicuramente capirà quelle del conto economico.
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