- «Non saremo isolati, nessuno può essere isolato nel mondo moderno, ed è impossibile farlo con un paese grande come la Russia», dice Putin a operai russi di Vostochny perché Bruxelles e Washington ascoltino.
- Putin spiega quello che gli occidentali sanno da settimane: tra gli effetti delle sanzioni c’è la devastazione dell’economia russa (che per lo zar regge benissimo), ma anche l’aumento dei prezzi dell’energia e dei fertilizzanti che manderanno in crisi le economie di Europa e Stati Uniti mentre la Russia persegue la sua campagna di conquista dell’Ucraina.
- La guerra, secondo Putin e contro ogni evidenza, sta andando alla perfezione.
La guerra si deciderà sul campo dell’economia, anche se può sembrare strano parlare di Pil e tassi di cambio mentre il sindaco della città ucraina assediata di Mariupol parla di “20 mila civili uccisi” dai russi. Eppure è proprio di economia che parla il presidente russo Vladimir Putin, in un suo messaggio rivolto soprattutto all’Occidente: «Non saremo isolati, nessuno può essere isolato nel mondo moderno, ed è impossibile farlo con un paese grande come la Russia», dice a operai russi di Vostochny perché Bruxelles e Washington ascoltino.
Putin spiega quello che gli occidentali sanno da settimane: tra gli effetti delle sanzioni c’è la devastazione dell’economia russa (che per lo zar regge benissimo), ma anche l’aumento dei prezzi dell’energia e dei fertilizzanti che manderanno in crisi le economie di Europa e Stati Uniti mentre la Russia persegue la sua campagna di conquista dell’Ucraina. Che secondo Putin, contro ogni evidenza, sta andando alla perfezione.
Inflazione senza freni
I dati arrivati ieri dagli Stati Uniti portano elementi all’analisi del presidente russo: i prezzi al consumo sono cresciuti a marzo dell’8,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021, un tasso di inflazione che non si registrava dal 1981. E sta accelerando, visto che un aumento dell’1,2 per cento da un mese all’altro non si registrava dal 2005.
E’ tutta colpa di energia e cibo, cioè le due filiere impattate dalla guerra – sia dalle tensioni che fanno salire i prezzi della materia prima sia dalla sua scarsità – perché la componente “core” che esclude appunto energia e materie prime è salita soltanto dello 0,3 per cento.
Tradotto: le economie occidentali sono colpite da un’inflazione che non è generata dal surriscaldamento dell’economia e da una crescita eccessiva o da qualche bolla speculativa, ma da Putin che la usa consapevolmente come arma di guerra e che ad essa affida le sue speranze di negoziato. La sua scommessa è che i cittadini americani ed europei, privati dal loro potere d’acquisto dall’aumento dei prezzi e forse presto anche del loro posto di lavoro se arriverà la recessione, finiranno per pretendere una linea di condotta meno bellicosa dai loro governanti.
Presto Putin potrebbe contare anche su nuove ondate migratorie da paesi africani che si troveranno schiacciati dalla carenza di grano e altri cereali di importazione russa e ucraina, sia per mancanza di prodotto che per l’aumento del prezzo dei fertilizzanti.
La corsa al default
La guerra economica si combatte ovviamente anche in Ucraina, e pure su quel terreno il tempo è un fattore che gioca a favore di Putin, visto che lui per il momento è in grado di reprimere ogni dissenso interno. Il ministro delle Finanze del governo Zelensky, Sergii Marchenko, ha detto ieri al Financial Times che all’Ucraina servono subito “decine di miliardi di dollari” e che questo è “questione di sopravvivenza per il paese”, visto che l’invasione russa ha creato danni stimati in 270 miliardi di dollari soltanto alle infrastrutture, per non parlare delle ovvie incertezze su ogni crescita o tenuta economica futura.
Secondo i dati forniti da Marchenko, il 30 per cento delle attività imprenditoriali ucraino si è fermato, il 45 per cento opera a capacità ridotta, il commercio internazionale non c’è più. Secondo la Kyiv School of Economics, i danni sono nell’ordine dei 12 miliardi di dollari a settimana.
L’Ucraina quindi ha immediato bisogno di sostegno finanziario, dal Fondo monetario internazionale o dai singoli paesi (che potrebbero usare comunque risorse del Fmi in maniera indiretta), ma ha molte più probabilità di ottenerle rispetto alla Russia. Perché anche Putin ha problemi finanziari notevoli, e le minacce del suo ministro delle Finanze Anton Siluanov traducono il nervosismo: Mosca è pronta a intraprendere azioni legali se i paesi occidentali la spingeranno al default. Una minaccia vuota, un po’ come minacciare una querela a chi ti punta una pistola contro.
La Russia continua infatti a evitare formalmente la bancarotta sul suo debito in valuta estera ma sembra soltanto questione di tempo, dopo che gli Stati Uniti hanno bloccato i dollari di proprietà russa ma colpiti dalle sanzioni sulle riserve della banca centrale che servivano a pagare 649 milioni ai titolari di due bond con scadenza il 4 aprile.
E’ vero che il debito pubblico verso l’estero della Russia è soltanto di 262 miliardi di dollari, ma che i ministri di Putin minaccino l’Europa di fare causa nei tribunali di Londra contro misure di guerra economica, mentre massacrano gli ucraini indica quanto intrecciati sono i cambi di battaglia militari e finanziari. E la tregua pare lontana su entrambi.
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