- L’Isis continua a rafforzarsi su vari fronti in Medio Oriente. In Siria riesce ad effettuare operazioni quasi quotidiane nell’area orientale di Deir ez-Zor, in particolare contro i curdi delle Forze Democratiche Siriane (SDF) sostenute dagli Usa.
- In Siria gli attacchi di cellule dell’Isis prendono di mira i curdi e i loro alleati americani. In Iraq fanno lo stesso le milizie filo-iraniane. Siamo di fronte ad una strategia comune?
-
Molti esperti temono il risvegliarsi in zona sunnita irachena delle restanti cellule dormienti dello Stato Islamico.
L’Isis continua a rafforzarsi su vari fronti in Medio Oriente. In Siria riesce ad effettuare operazioni quasi quotidiane nell’area orientale di Deir ez-Zor, in particolare contro i curdi delle Forze Democratiche Siriane (SDF) sostenute dagli Usa.
In quella regione è riuscito a ricostruire un sistema di controllo del territorio che giunge fino ad imporre tasse ai commercianti, agli ambulatori medici, ai trasportatori e altre attività. Costantemente i posti di blocco e i punti di controllo curdi vengono attaccati con la tattica del mordi e fuggi, costringendo le SDF a reagire con operazioni su larga scala come non avveniva più da mesi.
Il 14 dicembre scorso 2021 l’Isis ha rivendicato su Telegram un attacco al quartier generale curdo ad al-Jarthi (est di Deir ez-Zor). Si è trattato di una reazione all’operazione SDF del giorno precedente contro presunte cellule terroristiche.
La ragione dell’intensificarsi degli attacchi è frutto della lotta per il predominio tra il regime siriano e le SDF, che apre spazi al gruppo terroristico pronto ad approfittare della divisione dei suoi nemici.
Intensificando la propria attività l’Isis motiva i propri membri e intimidisce i nemici. Uno degli obiettivi è quello di fiaccare la presenza americana in Siria che l’Isis promette di eliminare.
E’ il medesimo scopo che si pongono le milizie sciite filo-iraniane nel vicino Iraq con l’aumento degli attacchi contro le basi americane.
Attualmente gli Stati Uniti hanno circa 2.500 consiglieri militari in Iraq ed altri 900 soldati in Siria. Nei giorni scorsi sono continuati a piovere razzi anche se tutti i lanci sono stati intercettati. Il fatto che contemporaneamente in Siria e in Iraq gli Usa siano sotto attacco aumenta gli interrogativi sull’utilità della loro presenza.
I fatti di Kabul e il ritiro dall’Afghanistan stanno facendo imitatori. Oltre che in Iraq anche nella valle dell’Eufrate siriana i razzi sono stati utilizzati contro la base americana Green Village.
In dichiarazioni e documenti gli attacchi iracheni sono stati rivendicati da gruppi sconosciuti che hanno promesso di continuare fino a quando le forze statunitensi non si saranno ritirate.
E’ lo stesso tenore delle dichiarazioni usate dall’Isis in Siria. Per ora le autorità militari degli Stati Uniti additano solo l’Iran come mandante ma si sospetta che si tratti di un escamotage per non ammettere la riviviscenza dell’Isis.
Molti esperti temono il risvegliarsi in zona sunnita irachena delle restanti cellule dormienti dello Stato Islamico.
Sembra che gli attacchi con i droni abbiano come risultato di creare più terroristi di quanti ne eliminino: è la constatazione che viene condivisa dalla maggioranza dei conoscitori di cose militari fin dall’epoca della “guerra segreta dei droni” voluta da Barack Obama e proseguita dai suoi successori.
Sono ragioni che potrebbero consentire all'Isis di riacquistare forza nella zona del “Siraq”, termine usato dal dipartimento americano della Difesa per identificare l’area siro-irachena in questione.
© Riproduzione riservata