- Una verifica di governo è necessaria: in tempo di guerra nessun paese può permettersi di avere al potere chi trama con il nemico.
- Proprio nei giorni in cui faceva pesare lo scetticismo della Lega sul primo decreto del governo Draghi che inviava armi all’Ucraina per resistere a Putin, Salvini incontrava di nascosto l’ambasciatore russo Sergery Razov all’ambasciata russa di Roma, come scoperto da Emiliano Fittipaldi.
- Nessun governo può avere al suo interno un partito guidato da un capo partito che dialoga di nascosto con gli uomini di Putin. E nessun partito che vuole stare al governo può tollerare come segretario un soggetto che mette a rischio la sicurezza nazionale.
Una verifica di governo è necessaria: in tempo di guerra nessun paese può permettersi di avere al potere chi trama con il nemico. Ed è questo che ha fatto Matteo Salvini, leader della Lega. La sua diplomazia parallela non è soltanto il prodotto di un’ansia da sondaggi negativi, ma una questione di sicurezza nazionale che deve interessare il presidente del Consiglio Mario Draghi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella sua veste di capo delle forze armate.
Sapevamo del piano di pace parallelo elaborato da Salvini con un personaggio opaco ignoro anche ai vertici della Lega, l’ex parlamentare di Forza Italia Antonio Capuano. Ma lo scoop di Emiliano Fittipaldi inserisce quella che sembrava una improvvida iniziativa individuale in un contesto radicalmente diverso.
Proprio nei giorni in cui faceva pesare lo scetticismo della Lega sul primo decreto del governo Draghi che inviava armi all’Ucraina per resistere a Putin, Salvini incontrava di nascosto l’ambasciatore russo Sergery Razov all’ambasciata russa di Roma.
Il solo fatto che Salvini abbia scelto di non dare pubblicità all’incontro, tenuto nascosto anche a palazzo Chigi, indica che il leader della Lega sapeva di star facendo una cosa grave, dalla quale poteva ottenere un tornaconto personale ma che non andava resa pubblica.
Il fatto che nelle settimane seguite a quell’incontro Salvini, tramite Capuano, abbia continuato a tessere una diplomazia parallela e competitiva a quella ufficiale a questo punto risulta di gravità massima: di quale paese faceva gli interessi, Salvini, nei suoi abboccamenti in Vaticano? Dell’Italia o della Russia, governata dal partito putiniano gemellato con la Lega?
Senza reagire alle rivelazioni sull’attivismo di Salvini e le connessioni segrete con i russi, l’Italia di Draghi non sarebbe più credibile in nessun consesso internazionale. Quale partner condividerebbe informazioni sensibili con un esecutivo infiltrato da Putin?
Per la prima volta dalla fine della Guerra fredda, il sistema dei partiti italiano si sta riassestando sulla faglia della politica estera, come era ai tempi dell’Urss, quando perfino il segretario del Pci veniva chiamato a scegliere il blocco occidentale, per essere un partner istituzionale affidabile.
Salvini ha scelto Mosca, nessun governo può avere al suo interno un partito guidato da un capo partito che dialoga di nascosto con gli uomini di Putin. E nessun partito che vuole stare al governo, come è il caso per la parte di Lega leale a Draghi, può tollerare come segretario un soggetto che mette a rischio la sicurezza nazionale.
Quando gli ucraini hanno sospettato che un loro negoziatore passasse informazioni ai russi, lo hanno giustiziato sul posto. Per fortuna di Salvini, siamo in Italia ma non per questo il suo comportamento è meno grave.
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