Il Pd e il M5s sembrano viaggiare sul binario della competizione più che su quello della collaborazione. Ma per parlare a chi si è astenuto e alle fasce più deboli della popolazione serve una competizione basata su proposte efficaci e chiare che permettano di individuare una leadership convincente
Dove condurrà la competizione in atto fra Elly Schlein e Giuseppe Conte? Può essere positiva per lo schieramento anti-governo Meloni oppure è un ostacolo alla convergenza su programmi, proposte, prospettive?
Altrove, per intenderci, dalle democrazie scandinave al Portogallo, alla Spagna e, fino all’avvento di Emmanuel Macron, alla Francia (ma il sistema istituzionale e elettorale fa molta differenza), nell’ambito della sinistra e del centro-sinistra, spesso esiste un partito chiaramente più grande in termini di voti e di consenso. A quel partito spetta indicare la leadership dello schieramento che, se vittorioso, verrà premiata con la conquista della carica di capo del governo.
Competizione e astensione
Al momento, secondo i sondaggi e in base ai voti del settembre 2022, la distanza in termini percentuali fra il Partito democratico e il Movimento cinque stelle non consente al primo di rivendicare in maniera inoppugnabile la guida dello schieramento più ampio.
Inoltre, impegnato nell’estendere il più possibile il suo appello politico elettorale, Conte si dimostra maggiormente orientato a competere con il Pd piuttosto che a convergere. Quello che è successo con il sostegno comune al salario minimo appare un’eccezione sicuramente raccomandabile e istruttiva, da valorizzare (anche se, temo, che verrà il momento delle bandierine di rivendicazione). Quello che, invece, è finora mancato ad entrambi (di +Europa e Azione non parlo poiché mi paiono molto carenti quanto a capacità di mobilitazione) è un disegno di recupero di quel 40 percento di elettorato che per varie ragioni non è andato alle urne.
La competizione Schlein/Conte non appare l’argomento di maggiore attrattività per quegli astenuti. Anzi, da altri luoghi e da altre elezioni, sappiamo che gli scontri nella sinistra smobilitano specialmente la parte di elettori che vogliono sì un’alternativa di governo al centro-destra, ma, al tempo stesso, vogliono che quel governo sia sufficientemente coeso, con il minimo di tensioni interne e credibilmente capace di attuare le sue promesse. Altrimenti, starsene, pur tristemente, a casa per loro rimane un’opzione preferibile.
L’obiettivo
Naturalmente, la competizione Partito democratico/Movimento Cinque Stelle è nelle cose, nei fatti, nello stato del paese. Personalmente, non sono un cantore della necessità assoluta e prioritaria di ridurre le diseguaglianze soprattutto quelle economiche. So, però, che è ai ceti svantaggiati che la sinistra, non soltanto in Italia, sembra avere perso la capacità di parlare e, talvolta, persino, la volontà di andarli a cercare. La questione dovrebbe essere posta in termini di opportunità: aprire spazi di accesso alla buona istruzione, alla buona sanità, alle buone pensioni che possono seguire ad un mercato del lavoro accessibile anche in seguito a procedure di qualificazione e di reinserimento dei lavoratori/trici.
Questa, sulle idee, sui progetti, sulle soluzioni, è la buona competizione nella sinistra. Il momento giusto è ora poiché il governo annaspa nel Pnrr, colpisce malamente le banche, non ha ricette di ristrutturazione del welfare. Il non originale mantra dei centrodestri è che i problemi sono stati creati dai governi precedenti.
La risposta dei due partiti che in quei governi erano le componenti più importanti, oltre a mettere in questione affermazioni infondate, deve consistere in singole proposte chiare, condivise, solidariamente sostenute, quello che si può chiamare “la pratica dell’obiettivo”. Valutando i contributi agli obiettivi conseguiti, Pd, M5s e coloro disposti a collaborare saranno in grado di meglio scegliere la leadership più promettente per vincere le prossime elezioni.
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