Quale piano esatto abbia in testa Trump lo sa solo Trump. I suoi convincimenti e quello che filtra dal suo entourage autorizza a supporre che troverà una calda accoglienza da parte di Vladimir Putin, assai meno (eufemismo) da Volodymyr Zelensky
Una vulgata piuttosto diffusa vuole che Donald Trump farà finire la guerra in Ucraina e lo ha del resto spesso promesso in campagna elettorale, quasi fosse un gioco da ragazzi. Si era addirittura dato un tempo stretto, 24 ore, da rodomonte quale è da sempre. Che ci proverà è indubbio, che ce la faccia è anche possibile. Il problema è il “come”.
Il precedente è inquietante. Si è molto, e giustamente, crocifisso Joe Biden per l'ignominiosa fuga da Kabul. Dimenticando tuttavia che fu proprio Trump a siglare il patto di Doha con il quale consegnava di fatto l'Afghanistan ai talebani in cambio del ritiro delle truppe dopo vent'anni di occupazione e i conseguenti costi in vite umane e in dollari.
Gli afgani, in particolare le donne, possono testimoniare quali siano state le conseguenze di quell'accordo. Il problema del tycoon era semplicemente quello di smettere di dissanguare l'erario rinunciando al ruolo degli Stati Uniti come «leoni che governano la giungla-mondo» (definizione dei neocon americani). In questo continuatore della politica repubblicana tradizionalmente isolazionista e disattesa solo con la parentesi di George W. Bush, costretto dall'evento epocale dell'11 settembre.
Riguardo all'Ucraina il sostrato ideologico del presidente eletto è ancora lo stesso, più volte ribadito anche di recente. È diametralmente opposto alla postura di Biden e che sarebbe stata, nel caso, di Kamala Harris: la volontà, cioè, di difendere la democrazia e un Paese aggredito davanti al prepotente aggressore.
Kiev è geograficamente lontana dagli Stati Uniti, è semmai un problema di quei lazzaroni di europei che si cullano nella supposta pace perpetua kantiana nei loro territori, protetti dall'ombrello miliare della Nato (leggi, dal punto di vista di Washington, degli Stati Uniti) e senza sborsare l'obolo necessario al funzionamento dell'Alleanza Atlantica.
Emmanuel Macron è stato il più lesto a capire la lezione e a cercare di svegliare il Vecchio Continente che rischia di essere divorato dai “carnivori” se continua ad essere “erbivoro”. Parigi ha una posizione interventista, suffragata persino dalla ventilata possibilità di inviare in Ucraina non solo consiglieri militari ma anche truppe.
Quale piano esatto abbia in testa Trump lo sa solo Trump. I suoi convincimenti e quello che filtra dal suo entourage autorizza a supporre che troverà una calda accoglienza da parte di Vladimir Putin, assai meno (eufemismo) da Volodymyr Zelensky.
Il Wall Street Journal ha raccolto e sistematizzato gli spifferi circa le linee principali della proposta che sarà messa sul tavolo. Sicuramente verosimili. Intanto un congelamento della situazione sul terreno con la creazione di una zona demilitarizzata di 1300 chilometri lungo l'attuale linea del fronte. Cioè un sostanziale riconoscimento delle conquiste russe nel Donbass, oltre ovviamente alla Crimea già annessa da dieci anni.
Ancora da stabilire quali truppe controllerebbero la linea di demarcazione per garantire il rispetto dell'accordo, sicuramente non americane per espressa volontà di Washington (e inespressa volontà della stessa Russia). Poi l'impegno dell'Ucraina a non entrare nella Nato per almeno vent'anni, una priorità per lo zar del Cremlino, ribadita in un discorso pubblico ieri a Soci durante il quale ha anche elogiato il «coraggio» del futuro inquilino della Casa Bianca.
Per compensazione verrebbe garantita a Kiev la fornitura di armi americane in modo da potersi difendere nel caso di una ripresa del conflitto. Un vero punto interrogativo sarebbe l'entità degli aiuti a un Paese che, nel 2023, ha aumentato il budget bellico del 51 per cento, toccando il 64,8 miliardi di dollari, 25 dei quali graziosamente donati dall'amministrazione Biden. E Trump non sembra intenzionato a usare in misura così larga le tasse dei suoi conterranei per una guerra dall'altra parte del pianeta.
È evidente che l'Ucraina non potrebbe digerire una decurtazione di fatto del venti per cento circa del proprio territorio dopo essersi battuta per mille giorni con l'obiettivo di conservare l'integrità dei confini. Solo se abbandonata al suo destino potrebbe cedere davanti a quella che avrebbe tutte le sembianze di una legge del più forte.
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