I redditi a cui generalmente si fa riferimento per misurare la disuguaglianza sono i redditi disponibili, cioè i redditi al netto delle imposte personali e al lordo dei trasferimenti pubblici in moneta, calcolati a livello familiare e resi equivalenti con apposite scale, per tenere conto della diversa composizione della famiglia. L’importanza assegnata al reddito disponibile discende dall’assunto, dominante nella letteratura economica, che – ove misurato correttamente – esso sia la miglior proxy della capacità di spesa delle famiglie, ovvero della loro capacità potenziale di consumo, considerata come la dimensione cruciale per valutare il benessere economico. Ma siamo proprio sicuri che le misure tradizionali del reddito siano in grado di cogliere, anche dinamicamente, tutti i fattori che determinano il consumo potenziale di un nucleo familiare?

Come valutare il benessere

Per approssimare nel miglior modo possibile il benessere economico, il reddito dovrebbe includere anche quelle voci che migliorano le possibilità di consumo individuali senza generare una spesa diretta. In altri termini, andrebbero considerati molti altri fattori – come il possesso dell’abitazione di residenza, i trasferimenti in natura del welfare, la possibilità di fornire servizi di cura all’interno della famiglia – che contribuiscono al benessere riducendo la necessità di ricorrere al mercato. In aggiunta, vi sono redditi che normalmente non vengono rilevati e che possono rendere assai imperfetta la corrispondenza tra i redditi utilizzati per misurare la disuguaglianza e l’effettivo benessere. Consideriamo i casi principali. Il primo è quello dell’evasione fiscale che può, appunto, portare a sottostimare il benessere e può determinare una distribuzione di quest’ultimo diversa da quella che risulta dai redditi ufficialmente rilevati, principalmente a vantaggio di quelli non da lavoro. Nella stessa direzione possono andare probabili errori nella stima dei flussi di reddito derivanti dalla ricchezza. Il riferimento è ai capital gains realizzati e, ancora di più, a quelli maturati solo nominalmente - di cui beneficiano in modo nettamente prevalente i più ricchi - la cui rilevazione è problematica. D’altro canto, l’aumento della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza non si è riflesso in quella ufficiale dei redditi e questo potrebbe essere un indizio, e forse più che un indizio, della rilevanza di questo fenomeno. In aggiunta, vi è ampia evidenza che le ‘più innovative’ opportunità di elusione e evasione fiscali (in primis tramite i paradisi fiscali) tendono a essere appannaggio unicamente dei più abbienti, con ulteriore aggravamento della disuguaglianza effettiva.

Casa e servizi

Il secondo caso riguarda l’abitazione. A parità di reddito il benessere può essere molto diverso se si è o meno proprietari della casa di abitazione. Tenere conto di questo elemento di differenziazione non è facile, come mostra la complessità dei calcoli da compiere per giungere a misurare i cosiddetti fitti imputati o, in ambito fiscale, le rendite catastali, che dovrebbero permettere un confronto più significativo tra i redditi dichi è proprietario e quelli di chi è affittuario dell’abitazione.

Il terzo caso si riferisce al diverso accesso, a parità di reddito, ai servizi del welfare in natura, quali la sanità, l’istruzione, i servizi di cura o l’edilizia pubblica. Un più agevole accesso a questi servizi favorisce il benessere e, quindi, se quell’accesso non è ugualmente agevole per tutti la disuguaglianza di reddito e quella di benessere divergono. Le tendenze degli ultimi decenni sono state non soltanto di un meno agevole e più costoso accesso a molti di quei servizi ma anche di una crescente differenziazione nella qualità dei servizi offerti, con la conseguenza di peggiorare in misura relativamente maggiore il benessere di chi percepisce redditi più bassi. Dunque, le disuguaglianze di benessere possono crescere e quasi certamente sono cresciute a parità di disuguaglianze nei redditi rilevati. Un effetto del tutto simile si produce quando cresce il costo di alcuni beni e servizi essenziali acquisiti nel mercato o crescono le imposte indirette che gravano su tali beni (non rientrando le imposte indirette nelle definizioni standard di reddito disponibili). La spesa per tali beni rappresenta, infatti, una quota più elevata dei redditi dei meno abbienti, come è stato messo ripetutamente in luce con riferimento ai recenti aumenti dei prezzi dei beni energetici e alimentari. Ma, su un orizzonte temporale più lungo, vanno menzionati, in questa prospettiva, gli aumenti degli affitti, dei costi delle cure, dei trasporti e altro ancora. Anche in questo caso all’apparente invarianza della disuguaglianza nei redditi può corrispondere un peggioramento nella disuguaglianza di benessere legata all’aumento di costi di beni necessari. D’altro canto, la diminuzione dei prezzi di alcuni beni o servizi di largo consumo, si pensi ai cellulari o ai beni tecnologici, se migliora di per sé il potere d’acquisto di tutti difficilmente può contrastare quel peggioramento perché quasi sempre si tratta di beni e servizi consumati in maggior misura dai ricchi. Il tema del costo degli affitti e delle spese per la casa, bollette e manutenzione, diviene cruciale in questa prospettiva.

Ad esempio, Dustmann, Fitzenberger e Zimmermann (Economic Journal 2021) mostrano come in Germania il trend crescente della disuguaglianza dei redditi risulti accentuato in misura molto rilevante se dai redditi familiari si sottraggono le spese che le famiglie devono sostenere per l’abitazione di residenza. Nel complesso appare plausibile, seppur non provato, a causa delle numerose e rilevanti difficoltà metodologiche e di disponibilità di dati, che tutti questi fattori abbiano concorso negli anni scorsi ad aggravare le disuguaglianze di benessere anche a parità di disuguaglianza nei redditi. Si può quindi ipotizzare che sia la percezione dell’aggravarsi delle disuguaglianze di benessere che spinge alcuni a parlare di disuguaglianze continuamente crescenti, anche negli anni più recenti. Non disponiamo di prove certe che abbiano ragione, ma qualche fondato sospetto lo abbiamo.

La conclusione è che, anche per individuare le migliori politiche, occorre valutare in modo compiuto come stia variando il tenore di vita delle famiglie e per farlo non si può fare a meno di tenere conto, con la maggiore precisione possibile, di tutti gli aspetti che abbiamo elencato.

 

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