- Oggi si svolge a Roma la manifestazione per la pace in Ucraina promossa da Sant’Egidio. Dal 2003 non c’è stata convocazione per la pace, nemmeno per la guerra di Siria . Una società che si divide non pensa che la guerra degli altri la riguardi.
- il movimento si è spento nel tempo: troppa concentrazione su di sé, sulle proprie rivendicazioni e recriminazioni, solo sulle proprie battaglie. Non c’era più tempo per la guerra degli altri.
- Ora di nuovo quel fantasma torna ad affacciarsi in Europa: è urgente tornare alla consapevolezza che la guerra del vicino è anche la mia.
“Sì alla pace, no alla guerra” questo lo slogan della manifestazione per la pace in Ucraina che si svolge oggi pomeriggio a Roma, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e a cui stanno aderendo i partiti (tra cui Pd e Forza Italia), le organizzazioni sindacali e moltissime sigle della società civile.
Erano tanti, troppi anni che non si manifestava per la pace in Italia e in Europa, che non si scendeva in piazza solo con un anelito di pace vissuta come un’appartenenza comune. La minaccia di guerra in Ucraina sta risvegliando il movimento pacifista che era diventato carsico o era scomparso.
L’ultima volta che era sceso in piazza in maniera imponente era stata nel 2003 con la convocazione contro la guerra in Iraq: per strada si erano mescolati tantissimi italiani di qualunque colorazione politica e sociale, assieme a semplici cittadini. Le leadership non ascoltarono, la guerra ci fu e la delusione fu grande.
Da quel momento un velo di rassegnazione e di stanchezza si è steso sulle coscienze: gli italiani e gli europei sono diventati remissivi cominciando a pensare che la guerra sia inevitabile, la triste compagna della storia dell’umanità. Dov’è finito il movimento per la pace? E’ stato un abbandono progressivo e autoreferenziale degli ideali del never again nati dopo la seconda guerra mondiale. La pace ha perso reputazione ed è stata confusa con il buonismo.
L’allarmismo sociale, l’hate speech e il rancore sociale hanno aperto la via all’ideologia della contrapposizione che si è fatta strada a tutti i livelli, da quello sociale alla politica. Le polemiche sulle migrazioni, la crisi del ceto medio, la crescita delle diseguaglianze e del malcontento sociale, la xenofobia e il razzismo: tutto ciò ha inquinato l’aria spingendo gli italiani ad arroccarsi e dividersi, polarizzando la società.
Battersi per la pace inizia a casa propria, nelle relazioni sociali, nei quartieri e nelle periferie, tra classi di età diverse, tra italiani e nuovi italiani: l’aver perso il gusto per la convivenza, ha ferito e rischia di sfinire ogni volontà di pace.
Così il movimento si è spento nel tempo: troppa concentrazione su di sé, sulle proprie rivendicazioni e recriminazioni, solo sulle proprie battaglie. Non c’era più tempo per la guerra degli altri. Ora di nuovo quel fantasma torna ad affacciarsi in Europa: è urgente tornare alla consapevolezza che la guerra del vicino è anche la mia.
Non si può accettare che nel nostro continente, già devastato nel corso del Novecento da due guerre mondiali, si possa ancora ricorrere allo strumento militare per risolvere le contese. “La guerra è sempre una pazzia” ha detto papa Francesco.
La mobilitazione di oggi si rivolge a tutte le forze vive del nostro paese, un raduno senza bandiere ma con la sola identità della pace, per chiedere che si continui a parlare e a negoziare e non si ricorra alle armi. Mai più.
© Riproduzione riservata