L’operazione va giudicata dalle autorità competenti a farlo, e cioè Bce e Consob. L’esecutivo non ha nessun titolo per intervenire e cade nei soliti giochi da cortile domestico
UniCredit vuol comprare il Banco Bpm e per farlo si offre di acquistare tutte le azioni del Banco in circolazione. Questa è un’operazione di mercato e come tale va, almeno in prima battuta, giudicata da chi ha titolo a farlo. Fra questi soggetti non figurano gli esponenti di governo, che a tempo debito potrà dire la sua e, eventualmente, usare i poteri di cui davvero dispone per influenzarne l’esito o addirittura bloccarla. Fra questi è ancora oggetto di dibattito se sia compreso anche il Golden Power evocato dal ministro dell’Economia.
Tocca comunque al consiglio di amministrazione di Banco Bpm valutare la convenienza dell’offerta per i propri azionisti e per il futuro dell’attività dell’istituto. Se cioè sarà meglio per questa entità crescere in autonomia o integrarsi in UniCredit. La prima valutazione da parte degli amministratori, che hanno esaminato l’offerta nella riunione del cda di ieri, è stata negativa. Poi toccherà agli azionisti accettare l’offerta, rifiutarla o pretendere condizioni migliori.
Certo, è vero che il governo di Berlino sta comportandosi in modo analogo a quello italiano nel caso dell’acquisto da parte di UniCredit di una importante quota nelle tedesca Commerzbank. Non pare questo un esempio da imitare ed è paradossale che UniCredit sia al contempo ostacolata perché non tedesca in un caso, e perché non abbastanza italiana nell’altro. L’operazione ha bisogno di un’autorizzazione e chi deve rilasciarla sono due autorità indipendenti, la Bce e la nostra Consob, oltre al necessario passaggio dall’Antitrust.
Qui vediamo la natura purtroppo sbilenca del mercato unico o meglio quanto sia ancora lontana la meta dell’unione dei mercati dei capitali. Sulla stabilità delle grandi banche europee decide infatti un’autorità ancora autenticamente europea (una delle poche a mantenere davvero tale carattere) mentre le decisioni sulla trasparenza e la correttezza dell’offerta spettano a un’autorità che resta nazionale.
Tale perdurante anomalia spiega bene perché la nostra Europa arranca mentre l’America galoppa (ma Trump cambierà le cose e, a lungo termine in peggio per gli Usa).
Reazione scomposta
La maggioranza ha reagito in maniera scomposta, in particolare la sua componente più aliena all’autonomia di decisione di qualsiasi entità che ponga limiti all’espansione della potestà del governo. Specie in campi dove questo è frenato dall’esistenza di altre entità indipendenti.
La reazione governativa è spiegabile forse solo in relazione agli ostacoli che l’offerta di UniCredit pone all’operazione di cessione della quota pubblica in Mps. Anche qui il governo mostra di non avere il senso anzitutto dei limiti alle proprie azioni, e poi dell’opportunità delle azioni stesse, alla luce delle norme che regolano le operazioni di mercato.
La reazione tedesca alle avance di UniCredit è comprensibile a tre mesi dalle elezioni politiche in quel paese. Il nostro governo è o dovrebbe essere invece saldamente in sella. Purtroppo, però, non riesce a destarsi dal sogno dell’Europa delle patrie che lo contraddistingue. Non riesce a essere all’altezza dei compiti che gli spettano e cade nei soliti toni da cortile domestico.
O forse c’è qualcosa che sfugge a chi non è addentro alle segrete stanze di un governo che consuma energie preziose a dilaniarsi sulla fondamentale questione del taglio di 20 euro annuì al canone Rai. Forse le elezioni sono più vicine di quanto crediamo?
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