Affinità-divergenze fra i grandi artisti contemporanei sugli Nft, portatori non di un’estetica innovativa ma di un nuovo sistema di scambio economico dell’arte che cambierà per sempre il modo di valutare e fruire le opere. Oppure lascerà tutto com’è, e toneremo a parlare d’altro
- Ci sono dei fenomeni rispetto ai quali i critici dovrebbero prendersi un momento di pausa e, invece di affrettarsi a dire la loro, ascoltare cosa hanno da dire gli artisti.
- L’irrompere degli Nft nella scena dell’arte non implica che i pittori smetteranno di dipingere, gli scultori di scolpire, che non si faranno più performance o che chi fa videoarte dovrà necessariamente adeguarsi a un diverso modo di registrare e certificare la propria opera. La reale novità è il sistema di scambio economico che gli Nft mettono in atto.
- Aspettiamo di vedere se gli Nft porteranno gli artisti a inventarsi qualcosa di nuovo sul piano estetico e concettuale. Nell’attesa che questo accada, abbiamo preferito dare spazio alle parole degli artisti. Chiuderemo questa rassegna di testimonianze d’artista la prossima settimana.
Ci sono dei fenomeni rispetto ai quali i critici dovrebbero prendersi un momento di pausa e, invece di affrettarsi a dire la loro, ascoltare cosa hanno da dire gli artisti.
Non esiste infatti un’estetica innovativa degli Nft. Sempre più mostre ci permetteranno di vedere queste opere nella loro corretta definizione, su schermi più o meno grandi, accompagnate da una didascalia che informa che si tratta di un esemplare unico, o tirato in più copie numerate, regolarmente registrato ed esposto per gentile concessione dell’artista, di un collezionista o di una galleria.
L’irrompere degli Nft nella scena dell’arte non implica che i pittori smetteranno di dipingere, gli scultori di scolpire, che non si faranno più performance o che chi fa videoarte dovrà necessariamente adeguarsi a un diverso modo di registrare e certificare la propria opera. La reale novità è il sistema di scambio economico che gli Nft mettono in atto.
Qualora questo sistema dovesse prendere piede, quello sì che avrà ripercussioni sulla società del futuro. Aspettiamo di vedere se gli Nft porteranno gli artisti a inventarsi qualcosa di nuovo sul piano estetico e concettuale. Nell’attesa che questo accada, abbiamo preferito dare spazio alle parole degli artisti. Chiuderemo questa rassegna di testimonianze d’artista la prossima settimana.
Demetrio Paparoni
AES+F group (Mosca)
Abbiamo iniziato a utilizzare le tecnologie digitali nella nostra pratica a metà degli anni novanta e recentemente abbiamo rilasciato le nostre prime opere Nft. A marzo di quest’anno, abbiamo partecipato al progetto “10x10” organizzato da Verisart e dalla piattaforma crittografica SuperRare.
Presto pubblicheremo sulla stessa piattaforma un progetto congiunto con il marchio Gentle Monster. Tutto questo è ancora un tentativo di far parte di questo “nuovo meraviglioso mondo”. Non si è trattato di una novità assoluta per noi, e sentiamo che il nostro lavoro è in sintonia con questa modalità.
La comparsa di opere d’arte Nft, o criptoarte, accompagnata dall’attuale dibattito sulla loro estetica e sul loro contenuto, cambia in modo significativo il rapporto degli artisti con tutti i tipi di intermediari nell’accesso al pubblico e al mercato, rendendo trasparente in modo senza precedenti ogni azione del mercato dell’arte.
Questa sfida rappresenta un enorme nuovo livello di cultura democratica che sta cambiando il sistema di rating. Ci sembra che questo fenomeno possa essere definito una sorta di nuova forma di avanguardia. È interessante notare che l’arte contemporanea ha iniziato immediatamente a essere definita tradizionale a confronto con l’arte crittografica.
Vediamo che qui tutto è nuovo: nuovi artisti sono apparsi accanto a quelli che operano nell’ambito dell’arte contemporanea, un nuovo pubblico e nuovi collezionisti.
Il tipo di attività in sé è nuovo e anche il denaro lo è. Questo fenomeno ha un futuro, ed ora è estremamente interessante osservare come l’arte contemporanea “tradizionale” confluisca in questo mondo e, viceversa, questo mondo abbia già iniziato a confluire nella cosiddetta arte “tradizionale”.
Pensiamo che il mondo dell’arte non sia a un bivio, ma al convergere di due strade che non si sono mai incrociate prima.
Vanessa Beecroft (Los Angeles)
Tutto quello che è presente caratterizza il presente, ma questo non vuol dire che la criptoarte alteri il significato delle opere. Un’opera è il suo significato, la sua poetica. I mezzi cambiano ma il significato rimane.
La criptoarte può essere il linguaggio che più di altri caratterizza il lavoro del tempo presente, ma le opere d’arte sono rare. Al quadro a olio di una mela, alla scultura di creta di una mela, alla fotografia di una mela si aggiunge l’Nft di una mela. Insieme apparterranno alla storia dell’arte comunicando la stessa cosa.
Ciò che importa non è il formato in sé stesso, ma se la criptoarte modifica il significato: conta come si percepisce questa mela e che nuove informazioni riceviamo grazie a questo nuovo mezzo.
È un’operazione scientifica e poetica.
La novità è il supporto, il mondo virtuale che si raggiunge dal proprio spazio privato e il processo nuovo di fruizione e creazione. Finora le immagini che abbiamo visto sono troppe e ancora brutte, perché è l’inizio di un momento di articolazione di un linguaggio.
Poche opere cripto sono interessanti, poche sono le immagini che colpiscono e rimangono nella nostra memoria, e dunque nella storia. Non vedo motivo di allarmarsi. Niente di nuovo sul fronte occidentale.
Credo che non le immagini, ma il contesto, questo nuovo mondo (che Miltos Manetas aveva già prefigurato tanto da lavorare all’interno nel mondo degli Nft, non privo di difficoltà e incomprensioni, già negli anni Novanta) darà la possibilità di creare uno spazio nuovo, forse non un’avanguardia vera in senso modernista, ma un nuovo mondo.
Questo sta avvenendo in generale nel mondo. È un’evoluzione.
Riguardo al boom economico attorno alla criptoarte io non sono esperta di mercato, ma mi sembra molto interessante questa connessione con le azioni e la rapida ascesa e discesa del valore, perché questo lo rende effimero e quasi una negazione del valore economico.
Non credo molto alle strategie: il divenire della storia è strategico in senso psichico. È una necessità che il mercato cripto si affianchi alle immagini, alla bellezza, all’arte, a qualcosa di più emotivamente tangibile dei numeri.
L’arte in comunione con l’economia salta tutti i micropassaggi della dealership e ascende sul mercato come un missile.
Frederik De Wilde (Anversa)
Attualmente c’è molta confusione su cosa significhi proprietà nello spazio degli Nft. Qualcuno pensa che nel momento in cui possiedi un Nft possiedi l’opera, ma non è esattamente così. Possiedi le chiavi che sono state utilizzate per la creazione, e che sono trasferibili. Inoltre, lo smart contract può contenere tutti i tipi di dati relativi al copyright nel file codificato, ma non lo rende né una rivendicazione di proprietà in sé, né vero.
Credo che la tecnologia blockchain pubblica e privata possa essere una soluzione interessante per alcuni problemi, ma potenzialmente può anche crearne; si pensi alla frode di copia e alla violazione del copyright in Nft, o alla tokenizzazione di opere di pubblico dominio e alla loro messa in vendita sul mercato Nft, come nel caso Gam.
Poi c’è l’impronta ecologica dell’utilizzo di questa tecnologia. Va detto però che il passaggio da PoW sulla blockchain di Ethereum a PoS è un passo nella giusta direzione per ridurre drasticamente l’impronta di carbonio. Attualmente sulle piattaforme Nft vedo più un’arte illustrativa che un’arte che voglia far riflettere.
La criptoarte più interessante potrebbe affiorare nel momento in cui gli artisti iniziano a “giocare” con la tecnologia blockchain/Nft nella sua essenza, e non solo quando la usano come mezzo per vendere. Allora potrebbe diventare un nuovo terreno di gioco artistico e catalizzatore di esperimenti con modelli socio-artistico-economici che potrebbero davvero essere rivoluzionari.
Attualmente cryptolandia è ancora un gran casino in cui i molti danno da mangiare ai pochi con la vana speranza di guadagnare qualcosa dalla loro arte.
Jan Fabre (Anversa)
Sono un servo della bellezza. Mi metto sempre in ginocchio di fronte alla bellezza. L’idea o il concetto stesso richiederà sempre il giusto mezzo.
Finora per la mia arte non ho mai sentito una profonda necessità di creare un’opera d’arte crittografica. Ma la sto prendendo in considerazione e sto riflettendo su questo medium per una perfomance solista a cui sto lavorando (non per il teatro, ma come performance artist).
Mi piace collegare diversi luoghi e fusi orari. E trovare consilience – convergenza – tra le diverse atmosfere sociali, tra persone che normalmente non si incontrerebbero o che normalmente non si interesserebbero di arte performativa.
Penso che la grande criptoarte sarà permeata da una sorta di valore anti-mercato e diventerà underground. In questo contesto sto pensando alla mia performance.
L’idea della vera avanguardia: creare nel tempo romantico e nella zona proibita.
Antony Gormley (Londra)
Gli Nft sono un’invenzione del mercato e non hanno nulla a che fare con l’avanguardia!
L’aspetto positivo del digitale in genere è che le singole risorse di conoscenza sono state democratizzate e distribuite ampiamente. Che il tardo capitalismo si sia infiltrato nel World Wide Web è l’incubo di Tim Berners-Lee. Quindi l’idea che attraverso la blockchain e la crittografia si possa creare una rarità all’interno di un mercato progettato per la massima penetrazione e condivisibilità sembra folle.
La criptoarte e il virtuale portano in sé la promessa che la nostra testa potrà diventare palcoscenico, auditorium e performance in un’esperienza immediata, ma non ci siamo ancora arrivati.
Il problema in tutto ciò è che dovremmo o dimenticare di avere un corpo o gravarlo di un qualche tipo di dispositivo, ma è attraverso il corpo che acquisiamo le esperienze primarie del mondo ed è attraverso il corpo che tutte le esperienze acquisite possono essere condivise: non possiamo negarlo.
Gli Nft sono alimentati dalla criptovaluta e la realtà virtuale dall’industria dei giochi: provengono da mercati diversi che desiderano ampliare il proprio raggio.
Pragmaticamente, la promessa di tutta l’arte digitale è limitata. Fino a quando non avremo un chip incorporato nella nostra corteccia, sono gli schermi, le maschere e i fili ombelicali che rendono visibile il virtuale e che allo stesso tempo esprimono la nostra separazione da esso.
Peter Halley (New York)
Cosa direbbe oggi il povero Walter Benjamin? Quando l’era della “riproducibilità tecnica” ha ceduto il posto all’era dell’interconnessione digitale, l’aura dell’opera d’arte è tornata a prendersi la sua rivincita.
Purtroppo per quegli individui che sono creativi di professione l’illimitata fungibilità – interscambiabilità – della produzione digitale non si è rivelata un boom ma un fallimento. La capacità di circolazione illimitata della cultura digitale poteva essere monetizzata solo attraverso introiti pubblicitari o abbonamenti a pagamento. Tuttavia questi singoli professionisti non hanno attirato il vasto pubblico che lo avrebbe reso possibile.
Passiamo all’Nft. Che cos’è un Nft? È unico e, attraverso quella non fungibilità, incarna il ritorno a ciò che Benjamin ha descritto come la venerazione rituale dell’aura e dell’autenticità dell’opera d’arte unica.
C’è dell’altro. Il primo Nft è stato la pittura da cavalletto europea, inventata circa cinquecento anni fa. Poi, intorno al 1980, i fotografi hanno iniziato a realizzare edizioni limitate delle loro stampe, in modo che anche loro potessero ottenere un’approssimativa non fungibilità.
Negli anni Novanta, le cose sono diventate ancora più strane quando i videomaker hanno iniziato a commercializzare i loro video registrati digitalmente come edizioni limitate o addirittura come opere uniche.
Oggi la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochissimi si è tradotta in un mondo culturale finanziato dai miliardari. Tuttavia, poiché ci sono così tanti miliardari la cui ricchezza si basa sul possesso di moltissimi miliardi in beni molto fungibili, c'è da meravigliarsi se bramano l’unico, il non fungibile, per affermare il loro status? Con l’Nft il culto dell’opera unica ha raggiunto una nuova apoteosi. Ora l’aura non è più incorporata in un oggetto materiale unico, ma in una sequenza di codice unica.
Gottfried Helnwein (Dublino)
Gli Nft o criptoarte sono un mezzo, uno strumento.
L’arte scaturisce sempre dall’universo spirituale dell’artista. L’artista è l’entità unica e indipendente. Proietta la sua visione nell’universo fisico dove può essere percepita e condivisa con altri. Non c’è molta differenza se lo schermo della sua proiezione è il muro di una grotta, una tela, un blocco di marmo o lo schermo di un computer.
L’origine dell’immaginazione dell’artista ha una natura spirituale, cioè immateriale e astratta, e gli artisti di tutti i tempi hanno sperimentato e utilizzato tutti i mezzi, le tecniche e le tecnologie possibili per dare forma e concretezza alla propria visione interiore nel mondo materiale, così che possa essere apprezzata da altri.
Il primo strumento per creare un’illusione visiva, l’antico antenato dell’odierna tecnologia digitale fu probabilmente la camera oscura. Ci sono teorie secondo cui il verificarsi degli effetti della camera oscura, attraverso piccoli fori nelle tende o nei ripari di pelle animale, ispirarono le pitture rupestri paleolitiche.
Le distorsioni nelle forme degli animali in molte opere d’arte rupestri del paleolitico potrebbero essere state ispirate da immagini proiettate su una superficie irregolare o non nella giusta angolatura. Si pensa anche che alcune antiche visioni di dèi e spiriti, specialmente durante il culto nei templi siano state evocate mediante proiezioni con la camera oscura.
David Hockney ha osservato che dal Rinascimento i progressi del realismo e la precisione storica dell’arte occidentale sono stati principalmente il risultato di strumenti ottici come la camera oscura, la camera lucida e gli specchi curvi usati da Jan van Eyck, Lorenzo Lotto, Vermeer, Caravaggio e successivamente da Ingres e molti altri, noti per la loro eccezionale attenzione ai dettagli.
All’inizio del XIX secolo, il francese Louis Daguerre, con l’introduzione della chimica, creò la prima immagine permanente impressa dalla luce. Da allora la fotografia e il cinema sono diventati una parte integrante dell’arte visiva. La tecnologia digitale è solo un passo ulteriore.
Ho sempre provato e utilizzato qualsiasi mezzo e strumento di cui mi trovassi in possesso, che mi sembrava necessario per ottenere l’effetto desiderato nel mio lavoro, come la fotografia, i disegni, la tecnologia digitale, le installazioni, le performance e la pittura a olio tradizionale.
Adesso sto esplorando le possibilità e i vantaggi degli Nft e potrebbe benissimo essere che la criptoarte sia il passo successivo nella mia ricerca.
Robert Longo (New York)
Guardo gli Nft con molto sospetto. In realtà non ne so molto. Quando si tratta di tecnologia sono un luddista.
Da quel che ho capito si tratta di un tentativo del mondo digitale di creare un oggetto unico nel suo genere, cosa di cui gli artisti figurativi tradizionali hanno beneficiato per secoli.
Il mondo digitale ha distrutto l’industria musicale, ma ha reso l’arte molto più preziosa.
L’unico modo di far soldi che hanno oggi i musicisti sono le esibizioni.
Anche l’arte è la registrazione di una performance unica. Il mondo digitale è un disperato tentativo di incassare i soldi che circolano nel mercato dell’arte.
Miltos Manetas (Bogotà)
«Ci abbiamo messo anni per convincere la gente a comprare video, ora dovrei dire loro che devono comprare siti web?», si era lamentato Larry Gagosian quando nella sua galleria di New York ho presentato Neen, un progetto di siti web che sono delle opere d’arte uniche.
Già allora insistevo nel dire che quei siti web erano l’arte del nostro tempo. Era il maggio del 2000. Ora, ventuno anni dopo, tutto è finalmente chiaro: è arrivato il momento di rinegoziare i nostri privilegi.
Il termine Neen è stato coniato quello stesso anno, su mia commissione, dalla compagnia californiana Lexicon Branding, la stessa che ha inventato marchi come PowerBook, BlackBerry, Pentium e Dasani, ed è stato pagato centomila dollari.
L’idea di base era dare un nome al primo movimento d’arte di questo secolo attinente alla scena dell’arte e del pensiero postdigitale e postinternet che oggi ci ha portato agli Nft.
All’arte non poteva capitare nulla di meglio degli Nft. Aprono le porte a un nuovo Rinascimento. Naturalmente, non si tratta di arte digitale, ma di qualcosa di ben più vivo: lo Spirito dell’Animazione (Neen).
Il primo meme del mondo è quello che al tempo in cui si dipingeva nelle caverne ha saputo collegare l’universo minerale con quello animale. Lo Spirito dell’Animazione è sopravvissuto alla guerra spietata di altri meme più robotici e, attorno al 2000, grazie a Internet prima, agli Nft oggi, torna tra noi alla grande.
Tom Sachs (New York)
«Sono un uomo che sogna di essere una farfalla o una farfalla che sogna di essere un uomo?» L’arte è un luogo in cui creiamo le nostre realtà. Ma tutta la realtà si basa su fiducia e linee guida. Nell’arte concettuale c’è l’idea e c’è l’esecuzione. Senza queste regole diviene priva di senso.
Il denaro è lo stesso sia che si tratti di conchiglie di ciprea, lingotti d’oro o carta; è basato tutto sulla fiducia. È tutto un’illusione, ma è un’illusione per la quale tutti viviamo e moriamo. Funziona perché tutti ci fidiamo, anche se non ci fidiamo l’uno dell’altro. La criptovaluta non è diversa.
Lo spazio digitale è una nuova frontiera e le cose che non capiamo suscitano il nostro scetticismo. Quanto più impariamo a conoscerlo, tanto più diventa familiare, semplice e sicuro. Non lasciamo che la paura ci faccia perdere quanto c’è di buono. I criptopunk sono validi quanto i Cubi aperti incompleti di Sol Lewitt. Se Sol operasse oggi lavorerebbe su questo.
Ciò che mi entusiasma degli Nft è che le regole, i confini, sono molto trasparenti e concreti in tutta la blockchain. Nessuno possiede le informazioni, sono a disposizione di tutti. Questo lo rende democratico e decentralizzato. Permette a tutti di controllarlo. È utopico.
Non c’è bisogno del mondo dell’arte per consacrarsi, lo si può fare da soli, chiunque siamo, e questo è liberatorio. «Una bella esecuzione non può salvare idee banali». Non dobbiamo aver paura di usare la tecnologia. La tecnologia è il modo attraverso cui ci connettiamo con una comunità più ampia ed espandiamo i valori del nostro lavoro e del nostro atelier.
Grazia Toderi (Torino)
Speravo non dovessimo occuparci di Nft all’interno di un discorso sull’arte, pur realizzando io stessa anche opere digitali dagli inizi degli anni Novanta. Era in quegli anni che avveniva il passaggio dall’analogico al digitale e, come altri artisti, mi ero trovata ad affrontare la questione del collezionismo delle mie opere. Risolta semplicemente con certificato, firma e impronte digitali, ma quelle vere, della mano.
Harald Szeemann nel 1999 fece trasferire su Dvd, senza nessun clamore, le opere video degli artisti invitati alla sua Biennale di Venezia. Ho ancora il mio dischetto, piccolo magazzino, circa 4 gigabyte, masterizzato per quella Biennale. L’opera, in accordo con il museo che ora la custodisce, fu trasferita su supporti diversi, scelti dall’artista di intesa con il collezionista.
Oggi, non più conservate in un hard disc, le opere non saranno più in nostro possesso, ma “ospitate” in criptiche nuvole, spazi virtuali, altri mondi creati dal linguaggio oscuro della tecnocrazia economica che si trasforma vorticosamente per crescere voracemente.
Chi ha le chiavi di questi forzieri invisibili?
Dopo il clamore suscitato dalle loro quotazioni d’asta conta sempre meno sapere cosa siano realmente gli Nft. La promessa è chiara: comprali e avranno in futuro un valore enorme, come l’Arte.
Ogni nuova tecnica porta meraviglia e immaginazione positiva verso il futuro. Ma l’abuso della parola “futuro” e della parola “giovane” ricorda l’ottimismo propagandistico del nostro Futurismo.
Ricorda Beniamino Gigli cantare Giovinezza in epoca fascista, acclamato da moltitudini eccitate da una nuova promessa. Circa cent’anni fa c’era anche un’epidemia, poi dimenticata. Senza memoria non avremo futuro.
© Riproduzione riservata