Così diversi e così uguali, i due calciatori italiani di grande talento ma protagonisti soprattutto per via delle polemiche fuori dal campo. Questo inizio di anno li vede protagonisti per motivi opposti. Riusciranno mai a far parlare di sé soltanto per le prove calcistiche?
- Super Mario torna in campo con la maglia del Monza e subito va a segno. Dice che adesso vuol far parlare di sé soltanto per quello che fa in campo. E all’età di quasi 31 anni sarebbe anche l’ora.
- Nicolò, Er Pupino, finisce dentro una tempesta di gossip tra ex fidanzate, ex-mai fidanzate troppo in età, gravidanze, aborti messi in pubblico e una famiglia un po’ troppo amorevole. Adesso dice di essere intenzionato a lasciare i social.
- In modo diverso entrambi rappresentano la deriva narcisistica del calcio e del suo stile metrosexual. Senza avere il talento calcistico e comunicativo del collega che questo stile l’ha inventato e incarnato (David Beckham), né il timbro da calciatori maledetti di chi ha fatto della dissipazione del talento una storia da mito.
Vite parallele. Mario rientra in campo e Nicolò sparisce dai social. Due modi diversi per iniziare l'anno 2021, separati da molte cose ma uniti da un connotato tipico di questo calcio narcisizzato da Ventunesimo Secolo: lo scivolamento radicale del profilo pubblico individuale verso il personaggio, col calciatore che rimane in posizione secondaria indipendentemente dalle cose realizzate sul campo. E la sua pubblica narrazione che prende una vita propria, sfuggita al controllo dei protagonisti.
Sono politiche della vita pure queste, in fondo. Mario Balotelli e Nicolò Zaniolo l’avranno capito. L'aura li sovrasta, li soverchia. E starci dentro è la partita più difficile. Che si sa com'è, il talento è nulla senza controllo e disciplina. A buttarlo via si impiega molto meno che a costruirlo e magari lo si fa prima di avere dimostrato di meritarlo. Arrivando infine al giorno in cui si dice: “Lei non sa chi avrei potuto essere io”.
Super Mario Boh
È una frase che potrebbe già pronunciare Mario Balotelli, il Super Mario che non è mai diventato tale. E che nelle settimane scorse, parafrasando De Gregori, si è visto presentare i suoi trent'anni e un contratto per girare nel circo cadetto del calcio italiano indossando la maglia del Monza. Il suo inizio è stato col botto: in gol dopo soli 4 minuti della prima gara, contro la capolista Salernitana. Un guizzo sufficiente a far parlare immediatamente di rinascita. Un’altra? Meglio lasciarlo giocare, ché di inizi a razzo è piena la sua vicenda calcistica. È sui proseguimenti che lascia a desiderare.
Il precedente passaggio di carriera, a Brescia, doveva già essere quello della rinascita (la penultima) e invece si è chiuso con la pausa da Covid: 9 marzo, in campo per 76 minuti di Sassuolo-Brescia 3-0, poi stop. Con la pallonata scagliata sugli spalti del Bentegodi, in reazione agli insulti razzisti subiti durante la gara contro l'Hellas Verona, a rimanere l'unica cosa davvero notevole della stagione. Anche in quel caso, determinate è stato un intervento fuori misura via social. Una diretta Instagram di mezz'ora, assieme “all'amico influencer Er Faina” (dicasi), durante la quale ha affermato che prima di prendere la decisione di fermare il campionato era stato necessario aspettare il ritorno in testa della Juventus. E giù polemiche, col Brescia Calcio costretto a emettere un comunicato ufficiale per prendere le distanze.
Ma in fondo quella del Balotelli barricadero è versione persino nobile, rispetto alle precedenti e alle successive che lo hanno visto protagonista: dalle disavventure automobilistiche assortite (l'ultima è recente, primi di dicembre: rottura di un finestrino e minacce via social all'ignoto autore del gesto) alle freccette scagliate contro i ragazzini delle giovanili del Manchester City dalla finestra del centro d'allenamento, dai 2mila euro offerti all'amico napoletano perché si lanciasse in acqua con lo scooter alle liti con le partner. Riguardo a quest'ultimo dossier, c'è una lunga aneddotica di scontri con l'ex compagna Raffaella Fico, che è anche la madre di sua figlia Pia. Ma spicca anche lo scivolone più recente, durante una puntata del Grande Fratello Vip, causato dalla battuta sessista rivolta all'ex partner Dayane Mello.
Er Pupino
Fenomeno troppo presto? Se lo chiedono nell'ambiente giallorosso a proposito di Nicolò Zaniolo, battezzato nelle prime uscite come erede designato di Francesco Totti nei cuori dei tifosi della Roma e perciò etichettato come “Er Pupino”. Nomignolo che si sta rivelando appropriato come nessun altro mai, per un ragazzo che tiene famiglia. Pure troppa. Le polemiche degli ultimi giorni relative, a ex fidanzate, ex-mai fidanzate, gravidanze interrotte e ritentate, rotture sentimentali pubblicamente vissute e interventi di zie che forse non sono zie, hanno decisamente spostato l’immagine pubblica di Zaniolo sul versante del gossip. E dovendo scegliere il momento climax, non si può non optare per l'intervento radiofonico della sempre sobria mamma Francesca, che parla di fidanzate adeguate o troppo avanti con l'età, di case cambiate per scaramanzia e di tentativi di sabotare la carriera del figliolo che qualcuno starebbe portando avanti. Ciò che fa sorgere un interrogativo: ma questo ragazzo sarà al corrente di essere maggiorenne da oltre tre anni?
In attesa di sapere, registriamo il suo addio ai social perché la sua vita “è sul campo” e quanto alla dimensione del gossip “capisco non mi possa appartenere”. Invero, mentre scriviamo il suo account ufficiale Instagram è ancora attivo. Ma forse perché il ragazzo si trovava già “sul campo” e non ha avuto tempo di provvedere.
Maledetti? Proprio no
Ma cosa resterà di questa generazione di calciatori narcisi, irretiti fino all'ossessione dall'imperativo di comunicare e apparire, metrosexual fino al midollo, di cui Balotelli e Zaniolo sono emblemi? Presto per dirlo. Di sicuro, per professionalità calcistica e talento nel governare l'immagine, non valgono un'unghia del calciatore che questo stile lo ha incarnato e lanciato: David Beckham. E se si guarda alle disavventure, risulta impossibile paragonarli ai veri dissipatori di talento alla George Best (gigante calcistico, rispetto ai due), o alla schiera dei “maledetti”. Cioè quei calciatori alla Carlo Petrini o alla Ezio Vendrame che davvero litigavano col mondo, a rischio di rimanere emarginati durante e dopo la carriera. Altra pasta, altra personalità. La vera maledizione di oggi è la banalità.
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