Questo è un nuovo numero di Cose da maschi, la newsletter di Domani dedicata a nuovi e antichi paradigmi di genere. Per iscriverti gratuitamente alla newsletter, in arrivo ogni due mercoledì alle 18.00, clicca qui
Vi scrivo, per il nostro appuntamento con le cose da maschi dedicato ogni due settimane alla bromance, dall’occhio del ciclone elettorale d’America, ovviamente di poco successivo a quello italiano che ho potuto seguire solo da lontano. Di quello nostrano ho ragionato con alcunə colleghə qui all’università, intessendo una tavola rotonda dall’inquietante titolo Is Fascism Back? (la risposta collettiva, vi svelo, è stata: no, è che non se n’era mai andato). Di quello americano sto rimanendo ai margini, spaventato soprattutto da chi si è candidato (o si appresta a ricandidarsi) proprio per soffocare esplorazioni e indagini analoghe a quelle che conduciamo qui: tentativi di immaginarci liberi dalle strettoie dell’identico e dell’identità, dei sedicenti imperativi naturali e tradizionali, di quel che dovrebbe farci uomini veri o vere donne, giusti o sbagliati, normali o devianti. Vi ringrazio, dunque, perché dedicarmi alla cura di questa newsletter e del trentanovesimo articolo di Cose da maschi mi ha tenuto lontano dagli schermi e dalla radio, permettendomi di evadere da un’attualità che temo mi visiterà senza cortesia domattina.
Evadere è il verbo chiave per quel che ho deciso di raccontarvi su Domani questa settimana. Non ho mai creduto che la fantasia narrativa serva a uscire dalla realtà: semmai a spiegarla da fuori, o a mostrarcene angoli e interstizi che, altrimenti, non riusciremmo a scovare. Da lettore e da letterato, ma soprattutto da ex-giocatore di ruolo, l’evasione mi è sempre sembrata una pratica conoscitiva: un modo per guardare come stanno le cose senza rimanerci imprigionati, una prospettiva rivelatrice. E dunque ho sempre avuto fastidio dell’idea, tutta italiana, che il genere d’evasione per eccellenza, quello che ha ispirato i più celebri giochi di ruolo, sia un patrimonio della destra tradizionalista – se non addirittura un rifugio epico per sognatori neofascisti, cui contrapporre la più liberale e progressista fantascienza.
Al di là del fatto che Tolkien era ovviamente antifascista – e che il suo ecologico e anti-totalitario Signore degli anelli infrange sottilmente una sfilza di norme e tradizioni che stanno a cuore ai conservatori – le forme di maschilità (e di amicizia maschile) che tendono a radunarsi intorno ai tavoli da gioco narrativo ispirati al suo universo fantasy mi paiono quanto di più sgradito alle culture che animano i correnti eredi dei movimenti sociali più o meno dichiaratamente ispirati ai fascismi novecenteschi.
Gente ben più autorevole e forte di penna ha già scritto assai per rivendicare la letteratura fantasy e sottrarla dalle grinfie dei campi hobbit e delle passioni tolkeniane della nostra presidente del Consiglio. Mi aggiungo a questo coro solo per cantare le qualità queer del dado da Dungeons & Dragons, con cui generazioni di ragazzini stregati dalla Terra di Mezzo hanno giocato col sé, reinventato il proprio ruolo sociale di maschi, e intessuto bromance come quella tra i protagonisti di Stranger things – nella cui ultima fortuna stagione, con iconica malinconia, si saggia il crinale che divide la più profonda delle amicizie adolescenziali da un primo, diversissimo e forse incompatibile, germoglio d’innamoramento.
Trovate questo ragionamento sui dadi qui nell’edizione online di Domani, e sabato comparirà nel giornale cartaceo con la stampa dell’elegante illustrazione di Didier Falzone. Inviandomela stamane, Didier mi ha scritto «so che ti aspettavi che sarei finito qui». Ma in verità, preso com’ero dai solidi platonici con cui l’industria del gioco fantasy ha imbottigliato il caso (e dalla storia, che spero gradirete, dell’evento culto “Dungeons & Drag Queens” che anima un certo locale di Seattle), mi ero scordato del meraviglioso vaso di venticinque secoli fa su cui Achille e Aiace, chini sul tavolo con le lance che convergono armoniose, giocano a dadi. Come sempre trovo incantevoli i dettagli finissimi del collage di Didier: le facce dei dadi che, vincendo la muta uniformità della carta, rilucono come fossero di polipropilene trasparente, i giocatori un po’ adolescenti con le loro faccette assorte, le ombre che i ritagli gettano sui loro vicini. L’evasione in compagnia, il gioco affratellante, dovrebbe essere proprio così: un concentrarsi invece che un fuggire, uno stare assorti e assorbiti.
Come ricorderete, la scorsa estate questa rubrica è evasa da sé con una pausa in cui il centro del discorso sono diventate le parole e non più le cose: una specie di distrazione filologica. Sono molto felice, al mezzo di questo autunno, di tornare su quei ragionamenti con un articolo chiaro e allegro, ragionato e personale inviatomi da una giovane filologa classica, Camilla Maracci. Camilla si occupa proprio di giochi di ruolo, ma non nel senso tolkeniano (o meglio, non solo).
Sta scrivendo una tesi di dottorato sui giochi che si possono intrattenere con e tra i generi sessuali, analizzando uno dei corpora più splendidi della tradizione latina: la poesia erotica ovidiana. Mi aveva scritto qualche tempo fa, apprezzando i miei garbugli etimologici di “Cose da maschi in estiva”, per dirmi che la divertiva intellettualmente la percepita ambiguità sessuale del nome Andrea – in Italia, fino a poco tempo fa, maschile addirittura in termini di legge, mentre in Germania, dove studia lei, tende a essere un nome da femmina. Con quella “a” finale, con la sua storia anfibia, Andrea è senz’altro un nome come quelli di cui parlavo all’inizio dell’avventura di questa rubrica, in uno dei primissimi pezzi dedicati appunto ai nomi.
Camilla ne estrae, con gli strumenti linguistici del suo training accademico, la sostanza etimologica, e da lì parte con una catena di ragionamenti sulla virtù, la virilità, e le loro storie morfologiche tra greco e latino. Ma anche su Lara Croft, Xena la principessa guerriera, Omero, e le sentenze onomastiche della Corte di cassazione. Trovate il suo brillante saggio, che mi ricorda i pensieri sulla forza di Star Wars di Giorgio Bondì, qui su Domani. E troverete nuovi pezzi di questo mosaico di genere (o di là dai generi) tra due settimane.
Intanto grazie per i vostri messaggi, nella casella mail e sui social network: quando qualcuno che segue queste lettere e i link che le abitano mi fa sapere all’improvviso che li ha trovati utili, o che vorrebbe saperne di più, o che ama vederne illustrazioni e approfondirne i riferimenti, mi dà una gioia di grande calore.
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