«Seguimmo per istinto le scie delle Comete, come avanguardie di un altro sistema solare» cantava. È morto Franco Battiato, “il Maestro”, e ogni sua canzone, ogni suo libro, parla della sua vita, e adesso che non c’è più, anche della sua morte: «In fondo sono contento di aver fatto la mia conoscenza» si intitola un saggio raccolta del 2007. Nella sua lunga carriera, partita nel 1965 e arrivata a un tempo esoterica e di massa ai giorni nostri, la sua passione per l’arte, la terrena politica, e il ragionamento metafisico, si sono incarnati in concerti spettacolari. Dal teatro di Baghdad in Iraq, a Segesta e nei teatri antichi della sua Sicilia, dove è nato e si è spento all’età di 76 anni nell’ “eremo” di Milo, dove viveva lontano da tutti a eccezione della famiglia.

Baghdad

Cantava di «mondi lontanissimi» di «civiltà sepolte, di continenti alla deriva» e nel 1992 andò in Iraq: «Non c’è niente che impedisca ad una persona di aiutare chi la pensa in un modo diverso» diceva, e il 4 dicembre si esibì al Teatro Nazionale di Baghdad. Davanti a lui, riportano le cronache dell’epoca, «un pubblico non pagante, composto in gran parte da musicisti, studenti universitari» e familiari dell’orchestra sinfonica nazionale dell’Iraq. In platea anche politici, il vice primo ministro Tarek Aziz, il leader curdo, già vicepresidente della repubblica, Taha Muhi Al Din Maruf, il ministro della Cultura Hamed Yousif Hammadi con il suo vice. Battiato cantò in arabo la canzone “L’ombra della luce” seduto a gambe incrociate, e chiuse il concerto la canzone popolare Fog el Nakhal (Sulle palme).

Un viaggio visivo e uditivo di immersione nella cultura dell’altro. «Quando mi hanno chiamato dall’ambasciata irachena e mi hanno chiesto di fare un concerto» raccontava a Repubblica, «ho detto subito di sì, senza pensarci tanto. E non è da me, che penso molto prima di fare una cosa, e che ho rifiutato altri concerti apparentemente più importanti di questo. Inutile dire che mi sono trovato contro mille persone. Sei pazzo, mi dicevano, vai cantare per il regime di Saddam Hussein. Non è così, ho sempre risposto; tutti coloro che erano con me sanno che se avessi visto in platea una divisa o un mitra non avrei cantato, se fosse arrivato Saddam Hussein mi sarei trovato in grave imbarazzo. Ma per fortuna non è venuto». Lui lo faceva per un motivo: «È inutile ribadire che lo scopo principe della mia visita in Iraq era umanitario, perché non trovo giusto che un popolo debba soffrire per colpe non sue». Il ricavato della messa in onda avrebbe aiutato l’Unicef.

Segesta

«Ti invito al viaggio, in quel paese che ti somiglia tanto» dice un’altra canzone. Nel 2004 si esibì al teatro di Segesta. Il teatro greco-romano da 4000 mila posti, risalente alla seconda metà del II secolo avanti Cristo, ha fatto da scenario a un’esibizione particolarmente intensa: ad accompagnarlo ci sarà il filosofo e poeta Manlio Sgalambro come voce recitante, lo storico collaboratore Angelo Privitera alle tastiere e il Nuovo quartetto italiano agli archi. Quello con Sgalambro fu un sodalizio partito negli anni Novanta. Rai International ne fece un concerto da trasmettere in tutto il mondo con “Live in...”, andato in onda il 24 luglio 2004 e reso disponibile nuovamente solo nel 2020.

Il poeta e filosofo è morto nel 2014: «Non ho nulla da dire, è una cosa privata, è un dolore personale molto forte» commentò il Maestro. Insieme nel 1996 hanno scritto la Cura, tra le più belle canzoni della musica italiana. 

«Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie
Dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo
Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore
Dalle ossessioni delle tue manie
Supererò le correnti gravitazionali
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

E guarirai da tutte le malattie
Perché sei un essere speciale
Ed io, avrò cura di te».

La storia e la Sicilia

Battiato, assessore alla cultura della Regione Sicilia per una brevissima parentesi tra il 2013  e il 2014, scelse spesso luoghi evocativi della sua terra. Nel 1994 si esibì al teatro greco-romano di Tindari a Patti, in provincia di Messina. Di fronte a lui gli spettatori seduti sulle “pietre”, alle spalle la vista del mare. La stessa Tindari che il premio Nobel Salvatore Quasimodo descrisse in una sua poesia «fra larghi colli pensile sull’acque delle isole dolci del dio», le Eolie.

Il teatro antico di Taormina, poi, fu uno di quelli che durante la sua carriera artistica frequentò di più. Girano i video del pubblico entusiasta ancora a distanza di quasi trent’anni quando parte la musica di “Cuccurucucù”. Lui in giacca rossa davanti a una grande seduta sormontata da un tappeto orientale.

Il suo ultimo concerto però fu, forse per caso, a Catania, ancora una volta in un teatro greco-romano: Il 17 settembre 2017. Dopo cancellò tutte le date, e nonostante il susseguirsi dei rumors su un suo ritorno, e dei pettegolezzi sul suo stato di salute, non calcherà mai più le scene. In occasione dell’uscita del suo ultimo brano “Torneremo ancora”, rimasto inedito fino al 2019, venne pubblicato un videoclip che lo accompagna, dove lui non compare, ma ambientato alle pendici dell’Etna e all’Argimusco, l’altopiano dove sorgono le rocce dei misteri. Luoghi profondamente legati alla sua figura: «Un suono discende da molto lontano. Assenza di tempo e di spazio. Nulla si crea, tutto si trasforma» esordisce il brano. E poi

«La vita non finisce
È come il sogno
La nascita è come il risveglio

Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora».

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