- Dalle carte del capocentro del Sismi a Beirut, la rivelazione su un accordo segreto di intelligence stipulato nel 1975 dopo la guerra del Kippur.
- Mentre veniva dato sostegno politico ai palestinesi (chiudendo un occhio sulle loro azioni) si fornivano informazioni militari a Tel Aviv.
- In che cosa consisteva la «raccolta di dati» a favore del Mossad? Semplice: si trattava di attività di spionaggio, compiuta attraverso propri uomini oppure infiltrando le organizzazioni palestinesi.
Si chiamava “Operazione Venti”. E consisteva in un accordo di collaborazione tra l’Italia, attraverso il proprio servizio segreto militare (l’allora Sismi), e lo stato di Israele. L’intesa venne stipulata nel 1975 ma solo oggi se ne scopre l’esistenza, grazie alla desecretazione delle cosiddette “carte di Giovannone”, cioè i documenti relativi all’allora capocentro del Sismi a Beirut – appunto il colonnello Stefano Giovannone – ora consultabili all’archivio centrale dello stato.
Si tratta in particolare del secondo corposo versamento, quindi ulteriori 163 documenti del periodo che va dal novembre 1975 all’ottobre di dieci anni dopo, che segue il primo dello scorso anno, di 32. E l’immagine che ne esce ridisegna per intero il quadro complessivo dell’attività portata avanti dal Sismi in medio oriente in quel delicato momento storico.
Il lodo Moro
Occorre fare un passo indietro. Cioè a quando il terrorismo palestinese, dopo la guerra del Kippur dell’autunno 1973 e la bruciante sconfitta di Egitto e Siria nel Sinai e sulle alture del Golan, aveva assunto i caratteri di una minaccia internazionale e incontrollata.
Ne aveva fatto le spese anche il nostro paese, con la strage di Fiumicino del 17 dicembre 1973 (32 morti e 15 feriti): di qui l’accordo di intelligence con i palestinesi definito impropriamente “lodo Moro” con cui l’Italia, in cambio di un sostegno politico alla causa dell’Olp (e con la chiusura di un occhio sulle attività più borderline della frastagliata galassia palestinese), aveva sostanzialmente ottenuto che il proprio territorio rimanesse immune da attentati.
Una strategia certo spregiudicata, ma comunque efficace, di cui Giovannone era in pratica il punto di riferimento e il garante sul campo, al punto addirittura di “spiare” le comunicazioni ufficiali a Roma dell’allora ambasciatore italiano a Beirut.
La strategia
Ora emerge che il cosiddetto “lodo Moro” era solo una parte di quella strategia politica. E che come contraltare prevedeva appunto la messa a disposizione del Mossad di precise informazioni militari: quasi un “lodo Israele”. Il tutto in un quadro di sapiente doppio gioco, verrebbe da dire, come in ogni operazione spionistica che si rispetti.
Lo dimostra l’azione a tutto campo che il Sismi aveva dispiegato, sempre in gran segreto (di queste vicende, è ovvio, non è prassi informare i parlamenti e men che meno i giornali) e sempre con l’obiettivo politico di salvaguardare l’Italia dal terrorismo di matrice mediorientale.
E così, sempre dalle carte di Giovannone ora desecretate, si apprende anche dell’esistenza di un ulteriore “lodo”, in questo caso con l’organizzazione armena (e armata) dell’Asala, sviluppato però – qui sta il punto – sempre appoggiandosi all’Olp: l’accordo venne messo a punto nel dicembre del 1980, ma dopo mesi di trattative avvenute quando presidente del Consiglio era ancora Francesco Cossiga, con lo scopo di togliere dagli obiettivi dell’Asala il territorio italiano, per esempio le sedi della diplomazia di Ankara o comunque le aziende turche.
Operazione Venti
L’Operazione Venti a favore di Israele è descritta alla perfezione dai documenti che, nel nuovo versamento all’Archivio Centrale dello Stato, riportano i numeri 193 e 194: andranno dunque citati parola per parola. Il primo riporta la data 1 ottobre 1985 (il secondo ne è un allegato, una nota di pochi giorni precedente) ed è redatto e firmato dall’ammiraglio Fulvio Martini, allora capo del Sismi. Ciò che però più conta è che si tratta di documenti per il presidente del Consiglio, che era Bettino Craxi.
Vi si legge quanto segue: «Nel 1975 dopo la guerra del Kippur fu concordato con il Servizio israeliano un accordo di collaborazione in campo intelligence finalizzato alla raccolta di dati prevalentemente militari nei paesi circondanti Israele. In detto accordo venivano individuati prevalentemente gli “indizi di attacco” che avrebbero potuto segnalare una operazione militare congiunta di sorpresa contro Israele creando una situazione analoga a quanto avvenuto prima della Yom Kippur. Detta operazione fu chiamata “Operazione Venti”».
Martini proseguiva spiegando che quali «indizi di attacco» erano stati considerati «gli spostamenti in avanti delle unità militari; il richiamo dei riservisti; l’accumulo di materiali militari a piè d’opera; il rischieramento di aerei, etc.».
Si era però appunto nel 1985, quindi in un momento in cui la situazione sul complicato scacchiere mediorientale era considerevolmente mutata rispetto a dieci anni prima, quando era stato stipulato l’accordo: basti pensare alla pace di Camp David tra Israele ed Egitto del 1978 e all’annessione del Golan e alla occupazione del Libano da parte di Tel Aviv.
Per non parlare del massacro di profughi palestinesi a Sabra e Chatila. Inoltre, nell’85 ancora era in corso l’iniziativa di pace avviata da re Hussein di Giordania. E così, spiegava il direttore del Sismi a Craxi, tale accordo era ancora in vigore solamente con riferimento alla Siria, mentre inizialmente riguardava anche Libano, Iraq ed Egitto.
Lo spionaggio
In che cosa consisteva la «raccolta di dati» a favore del Mossad a cui faceva riferimento Martini? Semplice: si trattava di attività di spionaggio, compiuta attraverso propri uomini (lo stesso Giovannone lo fece, nella valle della Bekaa tra Libano e Siria) oppure infiltrando le organizzazioni palestinesi.
E qui le carte desecretate raccontano tra l’altro i molti tentativi del Sismi, sempre attraverso il proprio capocentro a Beirut, di “arruolare” addirittura Abu Nidal, diversi anni prima che quest’ultimo si staccasse dall’Olp ritenendola troppo moderata. Tanto che sarà proprio un suo gruppo terrorista, il 27 dicembre 1985, a rendersi protagonista della seconda strage di Fiumicino che provocò 13 morti e 76 feriti (e altre vittime in un contemporaneo attacco all’aeroporto di Vienna).
Tornando alle carte di Giovannone, si è detto che la lettera di Martini era per Craxi: serviva a informare il presidente del Consiglio circa il segreto di Stato che, sul punto (in particolare le “operazioni speciali” del Sismi di cui era eventualmente a conoscenza), era stato opposto dal generale Silvio Di Napoli al giudice istruttore di Venezia Carlo Mastelloni, nel corso di un interrogatorio.
Ma serviva anche per ribadire a Palazzo Chigi la necessità di mantenere coperta la cosa. Il carteggio complessivo comprende anche la lettera che, nell’agosto 1984, lo stesso Craxi aveva già inviato al giudice istruttore romano Renato Squillante, titolare dell’inchiesta sulla scomparsa a Beirut nel settembre 1980 dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo.
Anche qui, in un interrogatorio condotto dal pm Giancarlo Armati, era stato opposto il segreto di Stato, in questo caso da parte dello stesso Giovannone (la domanda era quali fossero i suoi reali rapporti con i palestinesi o con l’Olp), e Craxi ne confermava la necessità, invitando il magistrato a «circoscrivere la domanda a fatti specifici, direttamente attinenti all’oggetto dell’indagine».
La destra smentita
Nei documenti ora consultabili all’Acs, peraltro, figurano anche tutti i processi verbali degli interrogatori di Giovannone nell’ambito di quell’inchiesta, così come quelli di Di Napoli davanti a Mastelloni. E sono scritti in cui mai compaiono riferimenti alla strage di Bologna o a quella di Ustica, come già chiariva il primo versamento del carteggio, e dunque in totale smentita della tesi portata avanti da più parti (soprattutto da destra) in questi anni circa una responsabilità palestinese.
Addirittura, le nuove carte illustrano ancora meglio l’azione del Sismi per risolvere la crisi aperta dalla vicenda dei lanciamissili sequestrati a Ortona nel novembre del 1979, che portò all’arresto dei tre membri dell’Autonomia romana che li stavano trasportando per farli imbarcare alla volta del medio oriente, con il sospetto di ancor più pericolosi legami tra i palestinesi e, in ipotesi, l’eversione di sinistra italiana.
Una crisi risolta prima che avvenisse l’attentato alla stazione di Bologna, attraverso un’altra operazione speciale, denominata “Operazione Aquila”, che portò appunto alla scarcerazione del palestinese Abu Saleh (arrestato pochi giorni dopo i tre autonomi) come richiesto in maniera pressante al governo italiano via Giovannone.
In questi giorni, i documenti versati all’Archivio centrale dello stato sono stati interamente prodotti dalla Procura generale al processo d’appello per la strage di Bologna che vede imputato l’ex Nar Gilberto Cavallini, condannato all’ergastolo in primo grado. I suoi avvocati, preso atto dell’impossibilità di riproporre la pista palestinese per via dibattimentale, nei giorni scorsi hanno rimesso il mandato.
Ma hanno chiesto in extremis alla presidenza del Consiglio di desecretare «ogni documento riguardante l’attentato del 2 agosto 1980 ed i suoi eventuali prodromi informativi, quale ne sia la classificazione, di cui siano in possesso Aisi e Aise (già Sisde e Sismi) acquisiti a far tempo dall’inizio del mese di luglio 1980 alla fine del mese di settembre dello stesso anno».
Anche loro insomma hanno preso atto che nelle carte di Giovannone, contrariamente a quanto sostenuto per anni, nulla collega la strage di Bologna alla vicenda dei lanciamissili di Ortona.
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