Salvare l’umanità da una catastrofe esistenziale. Lottare ogni giorno per realizzare un futuro migliore. E farlo con i migliori strumenti forniti dalla ragione, la scienza e la tecnica prodotte dall’ingegno e della civiltà umana.

Con simili intenti, chi mai potrebbe trovare il piano di Elon Musk controverso? È questa la menzogna che va messa a nudo, una volta che si prendano – come necessario – le convinzioni di Musk sul serio: l’idea cioè che i progetti di Musk per il futuro del genere umano siano, al fondo, neutri come calcoli probabilistici, frutto del puro scrutinio razionale del mondo. Che siano, in altre parole, apolitici.

Se faccio quel che faccio, dice e ripete Musk dall’inizio della sua visionaria vicenda imprenditoriale, è mera conseguenza logica della mia immacolata filantropia, semplice esecuzione dell’imperativo morale di fare il massimo bene per il massimo numero di esseri umani presenti e futuri.

La filosofia muskista

Il come diventa di conseguenza un dettaglio contingente, da articolare e aggiornare ogni volta secondo le risultanze dell’applicazione del metodo scientifico – meglio, dei principi dell’ingegneria – a ogni cosa. E poco importa che nei fatti ciò significhi demandare la realizzazione del futuro di tutti a un pugno di guru in Silicon Valley, ai miliardari illuminati, e in ogni caso agli innovatori che abbiano trovato la soluzione tecnologica migliore per ogni questione sociale.

Quel che conta, dice la limitata filosofia politica del muskismo, è sottrarre il futuro alla bulimia legislativa dei governi: il resto seguirà magicamente grazie alla mano invisibile del mercato, come secondo l’Adam Smith che Musk da capitalista convinto considera tra le letture indispensabili.

Se si sommano tuttavia i tratti delineati tra le pagine di questa critica ideologica – il longtermismo in filosofia morale (una riedizione dell’utilitarismo secondo cui uno dei principali imperativi morali della nostra era, quando non l’imperativo morale della nostra era, è massimizzare il benessere dell’umanità nel suo complesso, inclusi i miliardi e miliardi di esseri umani che verranno nel futuro, anche remoto, ndr), le visioni libertarie in termini di diritti fondamentali e neoliberiste per quelli economici, il positivismo gnoseologico, e la conseguente riduzione soluzionista della politica a ingegneria applicata – si comprende che al contrario il progetto salvifico di Musk è tutt’altro che obiettivo e necessario quanto una dimostrazione o una verità matematica.

Minacce per la democrazia

È quando si problematizza la sua presunta neutralità politica, in altre parole, che il piano di Musk per salvare l’umanità risolvendo il futuro si dimostra non solo controverso, ma anzi foriero di ulteriori minacce per un futuro realmente democratico e di uguaglianza per il genere umano.

Ed è indagandone gli assunti politici e portandoli alle loro conseguenze ultime che le soluzioni di Musk si rivelano esse stesse parte del problema. Perché la presunzione di risolvere la politica nella tecnologia non è solo un’utopia antipolitica che si muta, presto, in distopia; è anche un modo per nascondere le proprie idee politiche, celandole dietro un velo non di ignoranza, come nel celeberrimo esperimento mentale nella Teoria della giustizia di John Rawls, ma di conoscenza.

Di un sapere, più di preciso, che si vorrebbe esatto e insieme buono oggi come per le infinite ere che verranno, oltre il “precipizio” — così lo chiama il filosofo longtermista Toby Ord — del rischio esistenziale.

E tuttavia, nella realtà la conoscenza politica è diversa da quella scientifica; scrivere una norma non è risolvere un’equazione; e, soprattutto, scienza e tecnica sono esse stesse imbevute di assunti politici ineliminabili, che finiscono inevitabilmente per condizionarne lo sviluppo, gli obiettivi e i risultati. Ignorarlo, o fingere di ignorarlo, non fa che confermare che al cuore del muskismo ci sia una concezione fondamentalmente astratta, antipolitica del corpo sociale, più prossima alla “iperdemocrazia” vagheggiata da Gianroberto Casaleggio per il Movimento 5 Stelle delle origini che al pieno compimento di una democrazia matura in senso contemporaneo.

Non è un caso insomma che nel nome della realizzazione del “potenziale” umano di lungo termine Musk si muova nel solco di progetti dal sapore apertamente antidemocratico, dal pronatalismo alla sua idea tecnocratica ed elitaria dell’istruzione di base, passando per la crescente adesione ai dogmi ideologici dell’alt-right americana e del trumpismo: l’odio per una presunta «ideologia woke», il disprezzo per il giornalismo «tradizionale», e perfino l’endorsement a teorie complottiste sulla pandemia e su avversari politici.

Tratti di religione

Tutte le problematiche appena illustrate vanno analizzate nel dettaglio, come tasselli di uno stesso pur frammentario puzzle ideologico. Ma con una fondamentale premessa.

Il grado di contraddizione e ipocrisia mostrato da Musk nell’esecuzione del suo nobile piano per l’umanità è tale da giustificare anche una visione più cinica del senso complessivo della sua opera di trasformazione del mondo. Ci costringe, a tratti, non solo a guardare alla politica nascosta tra i suoi proclami razionalisti, ma a considerare come ideologiche le motivazioni stesse del suo agire.

Sempre più spesso, infatti, le scelte di Musk sembrano dare priorità alle sue convinzioni sulla società e la politica, piuttosto che a scienza, fisica e ingegneria. Il soluzionista, il risolutore di mondi (tramite scienza e tecnica, perché non è forse ogni problema riducibile a questione tecnologica?, dice il soluzionismo che Musk incarna), sembra insomma essere al contempo un attivista per battaglie precisamente connotate nello spettro ideologico.

Battaglie, per giunta, che spesso hanno un retrogusto insospettabile, per chi come Musk si dipinge come un innovatore radicalmente rivoluzionario: di reazione, conservazione, passatismo.

Se del resto, come dice Ord, soccombere a una catastrofe esistenziale per colpa del nostro miope accanirci sul presente equivarrebbe a «tradire i nostri antenati», e in particolare a «fallire nella realizzazione dei sogni in cui speravano», allora viene da chiedersi se il compito delle generazioni seguenti non sia che obbedire a quelle che le hanno precedute.

Se così fosse, il muskismo non sarebbe poi molto diverso da un’altra, ennesima forma di religione della tradizione. Che poi, dopotutto, è quello che i personaggi stessi dei romanzi asimoviani della Trilogia della Fondazione — testo che Musk considera “fondamentale” per la creazione di SpaceX e la sua utopia marziana — intravedono, al fondo dell’utopia di un’Enciclopedia Galattica che salvi l’umanità conservandone il sapere.

Come dice uno dei protagonisti del primo romanzo della saga, Salvor Hardin: «È un problema che si estende a tutta la galassia. È l’adorazione del passato. È il deterioramento, è la stasi!» Una aspetto che coglie anche la storica Jill Lepore con il procedere degli episodi del suo podcast, Evening Rocket, tutto incentrato su un’analisi culturale — ficcante, perfetta — della radici del muskismo: Musk è rimasto al futuro come lo immaginava la fantascienza di quando era giovane.

Lungi dall’essere una visione innovativa e progressista del futuro, quella di Musk rappresenta al contrario un vuoto immaginativo, la resa a una visione passata delle ere che verranno, incapace di includere, coinvolgere e in ultima analisi rappresentare la straordinaria complessità e varietà dell’umano nel presente e, a maggior ragione, nel futuro.

È ora di rompere dunque l’alone di inevitabilità che circonda le soluzioni di Musk, proteggendole da uno scrutinio realmente critico; spezzare, riadattando l’espressione usata dal grande Mark Fisher per il capitalismo, il «realismo muskiano», e cominciare dunque a immaginarvi alternative strutturate.

A questo servono i tre contrappunti delineati nel proseguo del volume: mostrare le conseguenze ultime del muskismo, demistificarlo come progetto salvifico, e illustrare la necessità di procedervi oltre.


Questo testo è estratto da “L'uomo che vuole risolvere il futuro. Critica ideologica di Elon Musk”, che sarà in libreria per Bollati Boringhieri da martedì 14 febbraio. © 2023 Bollati Boringhieri editore

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