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- Bisogna prepararsi, il gran giorno si avvicina: l’ingresso in Borsa della letteratura è solo questione di tempo.
- Chi comincerà? Ovviamente De Benedetti. Il quale annuncia da Parigi di aver costituito la Europroust, una finanziaria che si è già assicurata il 7,8 per cento della Simenon svizzera, il 6,25 per cento della Saul Bellow Estate, il 4 per cento della Ken Follett Corp. e il 12,75 per cento della García Màrquez Trading Company. E l’Italia?
Uscito in prima pagina sulla Stampa del 14 febbraio 1988, questo nostro trafiletto provocò immediate telefonate di giornalisti stranieri alla segreteria di De Benedetti a Parigi, per sapere «che cosa ci fosse di vero».
Bisogna prepararsi, il gran giorno si avvicina. Nelle case editrici, alla Fiera del libro di Francoforte, nelle agenzie letterarie, negli uffici legali specializzati in diritto d’autore, nel lessico delle pagine culturali, già da tempo se ne sono colti i chiarissimi sintomi e molti lo danno ormai per certo, per evoluzionisticamente naturale: l’ingresso in Borsa della letteratura è solo questione di tempo.
Non si può credere infatti che i grandi finanzieri internazionali trascurino ancora a lungo questo ghiotto e prestigioso mercato, mentre è fin troppo facile immaginare in qual modo la loro fantasia, astuzia, irruenza, spregiudicatezza sapranno approfittare dell’immenso ventaglio combinatorio offerto dai cataloghi editoriali.
Chi comincerà? Ovviamente De Benedetti. Il quale annuncia da Parigi di aver costituito la Europroust, una finanziaria che si è già assicurata il 7,8 per cento della Simenon svizzera, il 6,25 per cento della Saul Bellow Estate, il 4 per cento della Ken Follett Corp. e il 12,75 per cento della García Màrquez Trading Company. E l’Italia?
All’intervistatore di Finzioni (una innocente forzatura, la testata era giocoforza un’altra, ndr), l’Ingegnere risponde che il suo gruppo non intende operare nel nostro paese per non stravolgere delicati equilibri critici faticosamente stabilitisi dopo le gravissime crisi degli anni Sessanta, Settanta e primi Ottanta. «Sì, è vero» ammette con un sorriso «la Cir, attraverso la sua partecipazione nelle Generali, si troverà quanto prima a detenere una quota di minoranza nella Ceronetti s.s. (società semplice), circa l’1 per cento. Ma non mi sembra assolutamente il caso di parlare di incursioni o scalate. È un’acquisizione più che altro simbolica, se vogliamo sentimentale, e in un certo senso doverosa, trattandosi di un’azienda che ha avuto, come me, un esordio torinese».
Ma la smentita dell’Ingegnere non convince tutti e allarma qualcuno. Corrono voci incontrollate, di evidente origine speculativa, su valori in presunto rialzo, in supposto calo: si continua a ripetere che la Bassanim e la Olémoravia sono sottocapitalizzate, si parla di un crescente interesse del gruppo Zanussi-Electrolux per la Alberoni Vacuum, si esaltano le plusvalenze latenti della Arbasinian Cosmopolitan, del Credito Manganelliano, si mormora di un consistente rastrellamento di Busi ordinarie e privilegiate.
La Consob decide di vederci chiaro e convoca separatamente Asor Rosa e Citati, interrogandoli per otto ore ma ricavandone soltanto una ambigua dichiarazione circa il piano di riassetto della Gadda Engineering e reticenti precisazioni sui contatti tra la Padania Bertolucci e il gruppo Ferruzzi. L’indomani scoppia la bomba. Berlusconi ha dato vita alla Manzoninvest, che ha già proceduto all’acquisto del 9 per cento della Ecoplastic, del 13 per cento della Harold Robbins Ult. (Unlimited), del 4 per cento della Bevilacqua Lt. (Limited) e del 100 per cento della Raboni Vlt. (Very limited).
La caccia all’autore è aperta e spuntano come funghi nuove finanziarie molto agguerrite che animano la corbeille. La Dantefund riesce a strappare il 15,87 per cento della Sanguinety Oil Company alla Foscolgest, che d’altra parte, dopo febbrili transazioni notturne con la Svevorend, ottiene la quota di controllo della Ginzburg General, già per i 121,36 per cento di proprietà della Montalcash, che a sua volta mira a garantirsi il pacchetto di maggioranza della Biagi B.B. (Big Business).
Per bocca del suo amministratore delegato, il gruppo Fiat si dichiara estraneo a tali nconvulse operazioni. «Le nostre dimensioni» spiega Cesare Romiti al Tg2 «c’impongono di guardare al di là delle Alpi, ai poeti d’avanguardia tirolesi, ai giovani sperimentalisti giapponesi e, sul lungo periodo, anche birmani. Dobbiamo prepararci al futuro nell’ottica di una letteratura di scala, che sarà inevitabilmente dominata da una sorta di multilinguismo interlineare completamente automatizzato, sul modello del nostro stabilimento di Termoli».
Verrà infine il momento della chiarificazione ultima, con una strabiliante compilation concepita e diretta ancora una volta (ma l’assessore alla Cultura di Giuncarico l’aveva previsto) dal pirotecnico Ingegnere. Grazie a un vertiginoso gioco di partecipazioni incrociate egli sarà in grado di annunciare l’uscita simultanea in tutto il mondo del primo libro rigorosamente borsistico; prefazione al 65 per cento di Bobbio e al 35 per cento di De Crescenzo, incipit di Calvino, e poi quindici righe e mezzo di Jackie Collins, tre di Sciascia, trentasei di Wilbur Smith, cinque di Zanzotto, nove di Louis L’Amour, diciotto di Borges, ventitré di Kundera, un’intera pagina di Barbara Cartland, due a capo della Fallaci, una virgola di Fortini; e così via, verso una planetaria holding della letteratura sotto il segno dell’orso e del toro.
da IL CRETINO di Fruttero e Lucentini: “Autori in Borsa”
© 2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A
© 2015 Mondadori Libri S.p.A.
Per gentile concessione degli Eredi e dell’Editore
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