Questo è un nuovo numero di Cose da maschi, la newsletter di Domani dedicata a nuovi e antichi paradigmi di genere. Per iscriverti gratuitamente alla newsletter, in arrivo ogni due mercoledì alle 18.00, clicca qui
Questa prima lettera di Cose da maschi del 2023, dopo una pausa invernale un po’ dilungatasi, arriva più tardi del previsto perché la settimana scorsa, come avrete forse letto in giro, il ministro della Cultura l’ha sparata grossa, reclamando nientemeno che Dante Alighieri come fondatore del pensiero conservatore italiano. Invece di scrivere questa newsletter avevo scritto dunque un articolo (lo trovate qui se ve l’eravate perso) in cui esprimevo il mio sconforto per le insufficienti risposte di colleghi e intellettuali a quella sedicente provocazione.
Anche se è uscito solo sabato lo avevo scritto subito, immaginandolo con il titolo DANTE NON È ITALIANO, giacché ci tenevo a stigmatizzare non tanto le parole del ministro – piuttosto banali in realtà, addirittura ottocentesche, e postreme eredi di tentativi nazionalistici e addirittura fascisti di negromantica zombificazione delle spoglie dantesche – quanto la diffusa e acritica tendenza a far dire al poeta della Commedia che è Dante, che è un uomo, che è un padre, che è italiano, che è cristiano. Anche (a dire il vero soprattutto) chi si sente di sinistra ricorre sovente alla retorica della paternità e dell’italianità dantesca, che oltre ad essere dubbia fattivamente è proprio sbagliata alla radice.
Mentre aspettavo che uscisse su Domani questo invito a leggere Dante come poeta straniero sono comparsi, rincuorandomi, alcuni contributi davvero intelligenti. Vi segnalo quello di Stefano Jossa su DoppioZero e quello di Akash Kumar e Simone Marchesi su Left. E vi segnalo anche due cose meno immediate ma assai illuminanti: l’incredibile libro di Guy Raffa sul destino delle ossa (quelle vere) di Dante sotto il fascismo, Dante’s Bones, e un pionieristico, brillante articolo di Stefano Albertini, ora disponibile sul sito della Casa Italiana Zerilli Marimò, che dirige con magnificenza a New York.
Dopo quest’escursione dantesca, torniamo ad accamparci tra le cose da maschi. O meglio, nelle cose da maschi, giacché questa settimana vi propongo un oggetto che in realtà è un luogo: la tenda, sede del campeggio e dell’accampamento, dei viaggi avventurosi e guerreschi. Erano mesi che pensavo di scriverne, perché mi pare che la tenda sia un cruciale sito di bonding tra maschi: un contesto ideale per la bromance.
Chi mi conosce sa che non sono tipo da scampagnate: che mi piace l’urbanità. La scorsa estate tuttavia ho campeggiato in Oregon con gli amici, e la fila di tende nello scenario mozzafiato di quel paesaggio millenario mi ha fatto pensare, incongruamente, ai campi leggendari degli assedi epici e a quelli atroci delle guerre novecentesche, così tanto descritti da romanzieri e poeti. Mi trovavo a immaginare che anche lì, tra commilitoni tutti maschi, si dovesse essere manifestata la stessa intimità e prossimità emotiva, lo stesso calore da compagnonaggio cavalleresco e ragazzino che stavo provando io, invece che in battaglia, in vacanza. E dunque stamane sono andato in biblioteca a fare qualche lettura sulle tende, per trovare ispirazione e fare l’atteso pezzo per Domani.
La piccola ricognizione tuttavia mi ha sorpreso, giacché tra gli scaffali ho trovato uno strano libretto in cui ho scoperto poesie americane che mi hanno condotto altrove, nei reami della solitudine eroica, della malinconia nordica, del genere delle tende stesse. E dunque oggi si parte da Robert Frost e dalle antologie per campeggianti prima di arrivare a Saba e Ungaretti, Alessandro e Cesare, realismo magico e cowboy che si vogliono bene.
Trovate l’articolo qui nell’edizione online di Domani, e sabato tornerà in edicola sul numero cartaceo. Questa volta il collage di Didier Falzone è arrivato ben prima delle mie parole, incuriosendomi assai quando l’ho ricevuto. Conoscendo le sue iconografie mi aspettavo un’ispirazione modernista, oppure l’eco di una xilografia della Gerusalemme liberata con quelle tende verticali da fantasia galoppante. Invece, ecco una versione western dell’incredibile affresco di Piero della Francesca noto come “la madonna del parto”, in cui due angioletti dischiudono una tenda da teatro che richiama il gesto della vergine incinta, iconograficamente rara e inquietante. Quel dipinto, che ispirò Pasolini e Tarkowsky, ha molto a che fare con la poesia di Robert Frost da cui parto nel pezzo: una di quelle nel meraviglioso libro Fuoco e Ghiaccio uscito per Adelphi l’anno scorso nella meravigliosa traduzione di Silvia Bre.
Sono deliziato nell’aggiungere a questo numero un clamoroso ospite internazionale per cui nutro grandissima ammirazione intellettuale. Emanuele Lugli, professore di storia dell’arte a Stanford, è uno di quei rari rinascimentisti che sfasciano con euforico rigore le stanche ganasce in cui secoli d’inerzia culturale tendono ad anchilosare i fenomeni in realtà più fantasmagorici della civiltà occidentale. È un esperto di unità di misura, proporzioni, aspirazioni alla precisione. Ha ispirato collezioni di moda, è uscito sul Guardian, ha ragionato sulla storia teorica del concetto di standard. Ha scritto, da poco, un geniale libro sui capelli. E, per Cose da maschi, esce oggi un suo esilarante saggio personale su uno dei cartoni più perturbanti dell’animazione giapponese che ha svezzato la nostra generazione di maschi: Lamù.
È un pezzo di bravura, che ci ricorda come le tv private italiane abbiano inconsapevolmente fatto porosi i confini di genere che segmentano il mercato dell’intrattenimento giovanile giapponese, comprando e adattando contenuti originariamente destinati a pubblici diversi in un esercizio trans-culturale da capogiro su cui si è riflettuto poco. Sono certo che la prosa di Emanuele vi colpirà, soprattutto se siete millennial come me (e lui medesimo), e che le sue riflessioni sullo spessore psicologico dei cartoni giapponesi, sull’intertestualità di genere con Casa Vianello, sulle peculiarità delle forbite traduzioni dei Cavalieri dello zodiaco e su simili trascurate questioni di storia culturale vi convinceranno. Trovate il pezzo qui su Domani e spero mi direte cose ne pensate.
Da questa settimana riprendiamo a sentirci un mercoledì sì e uno no, sempre inseguendo il tema della bromance. Se avete consigli, proposte e risposte (o disegni, o meme, come è capitato negli scorsi mesi) non esitate a inviarli. Buon campeggio con Lamù!
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