- Il 19 luglio del 1937 si inaugurò a Monaco di Baviera, nell’Istituto di Archeologia dell’Hofgarten e per la cura di Adolf Ziegler, una mostra fortemente voluta da Adolf Hitler sull’arte degenerata.
- L’esposizione metteva al bando l’arte moderna e d’avanguardia considerata come degenerata (Entartete Kunst). Un’arte che andava contro lo spirito del bello e della classicità greca consona alla nazione tedesca.
- Ultranazionalista nei contenuti e nella forma, la nuova arte tedesca doveva rigettare l’arte dei primitivi, dei bambini, dei folli, dei bolscevichi, degli ebrei a cui la cultura moderna e d’avanguardia erano associate.
Nel 2018, in una lezione rivolta ad un gruppo di studenti motivati e provvisti di un buon livello di cultura generale, accennai al ruolo svolto da Filippo Tommaso Marinetti come accademico d'Italia nel contesto della cultura italiana degli anni Trenta del Novecento. Ruolo che, pur nelle molte contraddizioni, contribuì ad impedire l’attuazione nella penisola, di quella che si definisce come “operazione di arte degenerata”, ovvero la concretizzazione di un’azione persecutoria, analoga a quella condotta in Germania, contro l’arte moderna e di avanguardia.
Molti studenti, che pur sapevano delle leggi razziali, non avevano mai sentito parlare della mostra Entartete Kunst. La lacuna mi fece riflettere sulla necessità di dedicare a questo argomento almeno una lezione in ogni mio corso di base.
Il 19 luglio del 1937 si inaugurò a Monaco di Baviera, nell’Istituto di Archeologia dell’Hofgarten e per la cura di Adolf Ziegler, una mostra fortemente voluta da Adolf Hitler sull’arte degenerata. Esposizione che metteva al bando l’arte moderna e d’avanguardia considerata come degenerata (Entartete Kunst). Un’arte che andava contro lo spirito del bello e della classicità greca consona alla nazione tedesca.
A precedere l’iniziativa monacense, un piano imponente caratterizzato dalla confisca predatoria di ingenti opere di artisti come Boccioni, Nolde, Picasso, Kirchner, Grosz, Vang Gogh, Munch, Gauguin, Modigliani, Dix, Kollwitz i cui lavori furono messi all’indice. Autori protagonisti di movimenti di avanguardia quali l’espressionismo, l’astrazione, il costruttivismo, il dadaismo, la nuova oggettività, ritenuti, oggi, pagine fondamentali della storia dell’arte del XIX e XX secolo.
Entartete Kunst, pur non avendo direttamente a che fare con la Shoah, ne ha preparato il terreno contribuendo a diffonderne i presupposti.
Nel 1933, Josef Paul Goebbels, ministro della Propaganda nazista, aveva istituito il Gabinetto della cultura del Reich che stabiliva quali artisti potessero lavorare e cosa si potesse mostrare al pubblico. Seguirono anni accompagnati da roghi di libri e di opere sgradite al regime.
Bersaglio principale di Goebbels e di Alfred Rosenberg fu l’arte visiva: sempre nel’33 fu chiuso, a Berlino, il Bauhaus e l’anno successivo Rosenberg diede avvio all’epurazione dai musei tedeschi delle “opere degenerate”. Nel 1935, Hitler ordinò lo sradicamento del modernismo.
Nel 1936 fu istituito un tribunale volto a purgare le gallerie e i musei del paese. Migliaia di opere furono confiscate, distrutte, “perdute”, vendute pronta cassa o finite nei caveau dei gerarchi Goebbels e Goering. Ma la distruzione e l’epurazione non bastarono, era necessario mobilitare l’opinione pubblica: nell’estate del 1937 si allestirono due mostre contemporaneamente.
Il 18 luglio, alla presenza di Hitler, fu inaugurata, sempre a Monaco, La grande mostra dell’arte tedesca, dove si presentavano opere che rimandavano ad un‘idea di arte eterna, astorica, espressione sia dell’intima essenza di un popolo sia della “dignità ariana”.
Ultranazionalista nei contenuti e nella forma, la nuova arte tedesca doveva rigettare l’arte dei primitivi, dei bambini, dei folli, dei bolscevichi, degli ebrei a cui la cultura moderna e d’avanguardia erano associate.
Il successo paradossale
Entartete Kunst doveva rappresentare, in forma di contrappunto, la degenerazione dell’arte modernista. Il suo curatore, Adolf Ziegler riteneva l’arte un utile strumento per teorizzare l’esistenza della pura razza tedesca. Attraverso le esposizioni voleva dimostrare la connessione tra l’avanguardia e patologie quali la demenza e persino la disabilità.
Gli storici dell’arte che si sono occupati della mostra hanno osservato che l’allestimento di Entartete Kunst rivela indizi sul fronte dell’analisi del dispositivo museologico in funzione di un uso pubblico della storia e della scienza.
La casualità, la sciatteria espositiva cui si ricorse nel presentare le opere mirava a destabilizzare il pubblico suggerendo l’idea che la modernità fosse sinonimo di caos, di disordine, di confusione anche mentale.
Ciononostante, Entartete Kunst fu un successo di pubblico. In quattro anni, in un tour che coinvolse diverse città, fu visitata da circa tre milioni di spettatori di cui, si stima, due milioni nella sola Monaco, attraendone cinque volte di più della mostra gemella sull’arte tedesca e annoverandosi, così, tra le esposizioni più viste nel mondo.
Resta il fatto che, sebbene circa tre milioni di persone abbiano visto i capolavori di Chagall, Nolde, Kandinskij, Kokoschka, Grosz, Dix ed altri, il clima che l’ha prodotta e le pagine seguenti di storia che sono seguite fanno, del successo di pubblico, un triste primato.
Attraverso la messa al bando e il saccheggio dell’arte d’avanguardia, la mostra si è fatta espressione plastica di un progetto culturale più ampio, basato sull’odio e sull’eliminazione razziale.
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