Mancavano pochi giorni a Natale, quando Beth Mead e Vivianne Miedema si presentarono con le stampelle sul red carpet per la cerimonia del premio BBC Sports Personality of the Year. Avevano il crociato rotto, due delle migliori calciatrici al mondo già rassegnate con sette mesi d’anticipo a star fuori dai Mondiali [20 luglio-20 agosto].
Sfilarono così per lanciare un grido, per denunciare questa specie di flagello che colpisce le calciatrici, senza che il calcio mondiale se ne occupi davvero. Nell’estate scorsa era toccato alla spagnola Alexia Putellas dover rinunciare agli Europei, lei Pallone d’oro, la Spagna favorita per la vittoria, e invece addio ambizioni, tutto saltato. Marie-Antoinette Katoto, francese, si sarebbe rotta durante il torneo, nell’ultimo anno sono state colpite Chloe Kelly, Dzsenifer Marozsan, Kyah Simon, Ellie Brazil, Ellie Carpenter, Jessica Ziu, Chantelle Boye-Hlorkah, Simone Magill, Ada Hegerberg, Christen Press, Catarina Macario.
Suzanne Wrack sul Guardian scrisse che era arrivato il momento di dire basta. Soprattutto: era il momento di indignarsi: “Quanto velocemente i club e gli organi di governo arriverebbero al cuore del problema, se gli infortunati fossero Kylian Mbappé, Lionel Messi e Kevin De Bruyne, con lo stesso guaio, a pochi mesi l'uno dall'altro? Riuscite a immaginare cosa accadrebbe se uno di loro avesse lo stesso infortunio tre volte in carriera, com’è successo a Megan Rapinoe?”.
Del movimento femminile, Megan Rapinoe è il totem globale. Si è battuta insieme con le compagne della nazionale Usa per la parità di salario e per avere lo stesso trattamento di condizioni degli uomini. È diventata una nemica giurata della Casa Bianca ai tempi di Donald Trump. Un crociato rotto a Rapinoe è simbolicamente un crociato rotto a tutto il calcio. Figuriamoci tre. Eppure, non è successo niente. Niente allora, niente oggi.
I Mondiali in Australia e Nuova Zelanda cominciano senza due delle stelle della squadra inglese campione d’Europa (la capitana Leah Williamson e la cannoniera Beth Mead], senza una medaglia d’oro olimpica [la canadese Janine Beckie], senza ancora Marie-Antoinette Katoto, Delphine Cascarino e l’olandese Vivianne Miedema. Quasi 60 calciatrici dei cinque principali campionati europei si sono rotte i legamenti quest’anno. È successo a cinque delle prime 16 nella classifica del Pallone d’oro. Il New York Times ricorda in queste ore con Rory Smith che cosa sta succedendo, riassumendo il dibattito degli ultimi mesi sulle possibili cause.
Gary Lewinson, fisioterapista dell'Arsenal, è stato fra i primi a sottolineare un possibile legame con il ciclo mestruale, in base all’osservazione dei livelli di affaticamento, coordinazione, perdita di potenza, postura delle anche. Molly Hudsom sul Times ha denunciato che “la ricerca è ancora scarsa su infortuni che spesso si verificano senza contatto. I fianchi delle donne sono più larghi, quindi l'angolo con cui le ginocchia si piantano nel terreno è diverso. Le donne hanno meno massa muscolare nel ginocchio, è più probabile che si stiri eccessivamente, nelle prime fasi del ciclo i legamenti sono più lassi, quindi più vulnerabili”. Secondo Martin Hagglund, professore di fisioterapia presso l'Università di Linkoping in Svezia, il rischio tra le donne è superiore dalle da due alle tre volte rispetto agli uomini. Altri dossier dicono tra le sei e le sette volte. Il Chelsea ha assunto uno specialista per adattare i carichi di allenamento alle specifiche fasi del ciclo mestruale. Eppure, come ha fatto notare il British Journal of Sports Medicine in un pezzo di ormai un paio d’anni fa, concentrarsi solo sulle spiegazioni fisiologiche rafforza uno stereotipo misogino. Altrettanto importanti sono i fattori esterni, come essere passati da 30 partite a 60 in una stagione, alla maniera del calcio maschile, ma senza avere lo stesso supporto e lo stesso sistema organizzativo. Le rose delle squadre non sono altrettanto lunghe, c’è meno turn-over, meno riposo, le condizioni dei viaggi sono peggiori, così come sono differenti il numero e la qualità di medici, fisioterapisti, nutrizionisti - fa notare il New York Times.
“Le squadre femminili - scrive Smith - non giocano sugli stessi prati perfettamente curati delle migliori squadre maschili”. In Scandinavia, per esempio, la condizione più comune è trovare campi di erba sintetica. Per non dire della scarpette. La ricercatrice Katrine Okholm Kryger sospetta che il rischio di lesioni sia amplificato dall’uso di scarpette inadatte, scarpette che possono schiacciare il piede in punti indesiderati. La European Club Association e la St. Mary's University di Londra hanno firmato una ricerca secondo cui l'82% delle giocatrici d'élite prova dolore o disagio per i modelli indossati. A differenza dell’atletica, dove i principali marchi si sono resi conto che esiste l’esigenza di avere due prodotti differenti, le versioni da calcio vendute alle donne sono quelle pensate per gli uomini. Benvenuti allora ai Mondiali delle donne, dove nessuno pensa ai problemi delle donne.
in tv su Rai Sport 20 luglio ore 9: Nuova Zelanda-Norvegia | 24 luglio ore 8: Italia-Argentina | 29 luglio ore 9.30: Italia-Svezia | 2 agosto ore 9: Sudafrica-Italia
segui il torneo su a questo link
© Riproduzione riservata