Il graphic novel di Francesco Piccolo e Fumettibrutti, La separazione del maschio, è un libro che fa arrabbiare. Perché è un pugno nello stomaco, che racconta un’esperienza comune a tantissime donne e persone
I libri, proprio come le persone, a volte mi irritano. Mi stanno antipatici, mi fanno venire voglia di dargli un bello schiaffone dietro al collo. I famosi “scapellotti educativi”.
La cosa positiva dei libri (quando ti stanno antipatici) è che puoi chiuderli, lasciarli a metà e nasconderli dentro un cassetto. È buffo ma spesso i libri che mi stanno antipatici sono anche ottimi libri. (Sarà lo stesso anche per le persone?) Quindi poi li finisco. Arrabbiata, ma li finisco.
Per i libri brutti, quelli scritti male, non provo astio ma piuttosto indifferenza. Li lascio da una parte, dentro la libreria, a fare polvere o arredamento. Non sono pericolosi, non mi faccio invadere dai libri brutti, non mi faccio toccare. Esistono ma sono fuori di me, non hanno nessun impatto sulla mia vita. I libri scritti male sono inutili e non mi feriscono. Io, sinceramente, a La separazione del maschio di Francesco Piccolo e Fumettibrutti glielo darei uno scappellotto. Parlo proprio di quelli scappellotti che si davano in terza media, quelli sotto la nuca. A La separazione dei maschio direi: «Ti odio, con tutta me stessa, ma sei pure un gran fico».
Un dolore particolare
La separazione del maschio è un graphic novel uscito da pochissimo di Francesco Piccolo e Fumettibrutti edito Feltrinelli Comics e si basa proprio sul romanzo di Piccolo, un romanzo meraviglioso da cui Fumettibrutti ha saputo creare un graphic novel altrettanto potente. Mi ferisce, questo libro, forse più di altri lavori fatti da Fumettibrutti. Gli altri suoi libri avevano dentro quella dolcezza che mi ricordava tanto Bukowski, questa persona totalmente incasinata e piena di traumi. Ma geniale e dolce e libera. Questo libro è geniale ma te lo dice dandoti un pugno nello stomaco. Di più, te lo dice mettendoti una bomba carta nello stomaco. Forse però il dolore di cui parlo è un bagaglio di esperienze che riguarda alcune donne, alcune persone. Non tutti. È successo a tante e sì, è successo anche a me, di conoscere uomini con la passione di andare a letto un po’ con chiunque. Uomini che ti fanno pensare, ma dove lo trovi il tempo? La voglia? L’energia? Dove trovi il tempo di lavorare? Ma le tue giornate davvero durano 24h?
Ed è quello che ho pensato quando ho conosciuto Mimmo (nome di fantasia, ovviamente). Mimmo ci provò con me per poi dirmi che era già fidanzato, da anni. All’epoca gli dissi che non potevo frequentare una persona già fidanzata, non era una cosa che non mi faceva sentire a mio agio, quindi restammo amici. Colsi però quell’occasione per fare uno studio sociologico, antropologico (sì, signori!) sul perché, se decidi di stare con una persona, poi scegli di frequentarne altre due o tre invece di iniziare, che ne so, un corso di chitarra o imparare ad andare sul sup. Mimmo mi rispose così: «La noia, io mi annoio a stare con una sola persona, quindi ci sta la mia ragazza che è la prima, la #1 poi ce ne sono altre tre o quattro che frequento». Mi fermai lì con le domande, perché già sentire come risposta “la noia” e poi dare dei numeri alle ragazze mi sembrava tutto talmente stupido e superficiale da non farmi sperare in qualcosa di più
Pezzetti di sé
Quello che ho pensato poi, nel corso degli anni, è che le persone che, come il protagonista di La separazione del maschio fanno tutto: sono mariti, sono amanti di tanta gente, sono padri, sono lavoratori. Sono, in realtà, come dice proprio il titolo, separati. Sono dei pezzettini di loro stessi e non sono, non saranno mai, uno solo. Essere “uno” significa essere stabile. Essere presente, sentirsi presente in ogni momento. La verità è che protagonista e personaggi come quelli dentro La separazione del maschio sono i motivi che portano tante persone a non credere più nelle relazioni. A farsi domande tipo «ma cosa è davvero una relazione?». Riempirsi di paranoie tipo «forse sono io che devo avere la mente più aperta!». Sono sicura di non essere l’unica ad avere tanta rabbia su questo argomento. Poi però, proprio quando credi che il significato della tua esistenza sia effettivamente dare tutta la colpa al genere maschile, il libro ti dà l’ultimo colpo di grazia. Ed è quella la bomba carta nello stomaco. È Teresa. Tra le ultime pagine del libro si spacca tutto, si spacca tutto il mondo. Il lettore va in pezzi, si separa, appunto. Non sa più a cosa aggrapparsi. È evidente, un libro che ti tira fuori tutto questo e tutte queste emozioni è potente.
Il disegno di Fumettibrutti è poesia e la sceneggiatura è perfetta. Questo libro mi ha ferita. Vi odio, con tutta me stessa, ma siete pure dei gran fichi.
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