La band ha cantato “Non è per sempre” degli Afterhours con gli attori Pannofino e Fanelli: «Credeteci i nostri fiori non sono ancora rovinati». Nel corso della serata anche la manifestazione organizzata da “La musica che gira”: da Fedez e a Willie Peyote, gli artisti hanno indossato una spilla per simboleggiare la loro solidarietà
A mezzanotte e 49 Lo Stato sociale è salito sul palcoscenico di Sanremo per la serata delle cover: la loro canzone è stata per i lavoratori dello spettacolo. Hanno cantato “Non è per sempre” degli Afterhours, con loro gli attori Emanuela Fanelli e Francesco Pannofino. Dopo la canzone ha cominciato a parlare il cantante, Lodo: «Alcatraz, Milano, chiuso a febbraio del 2020, non sappiamo quando riaprirà», e poi gli altri, sia gli attori che i membri della band. Hanno elencato a turno: il teatro dell’Angelo «chiuso per sempre», il cinema Iris di Messina «non sappiamo quando riaprirà. «Sanremo 2021, 26 cantanti», ha detto a un certo punto Fanelli, Pannofino ha continuato: «Diecimila persone che non lavorano più da un anno ma non sarà per sempre». Infine Bebo de Lo Stato sociale: «Credeteci i nostri fiori non sono ancora rovinati», ed è ripartita la musica della canzone. «Questo è il nostro saluto ai lavoratori dello spettacolo», dice Amadeus. L'orchestra ha fatto un lungo applauso.
Le spille
Quella dello Stato sociale non è stata l’unica performance. Sui baveri delle giacche degli artisti in gara, per tutta la sera si è intravista nelle inquadrature una spilla, come se fosse il tasto di un registratore play-pausa. Da Fedez a Willie Peyote, fino a Roy Paci, “accompagnatore nei duetti”.
«I diritti sono uno spettacolo, non mettiamoli in pausa» riporta il comunicato diramato prima di Sanremo. L’idea di mettere tutti delle spille è partita dalla rete “La musica che gira”, un coordinamento composto da artisti, produttori, lavoratori e imprenditori. La pandemia, spiega la nota, è stata «un acceleratore di consapevolezza: senza un intervento definitivo e il più possibile unitario, le conseguenze di questa crisi saranno drammatiche e avranno ricadute insostenibili sulla vita dei lavoratori, sulla salute dell’intero settore e sul Pil del nostro paese».
La consapevolezza
In questi lunghi mesi caratterizzati dallo stop forzato delle attività culturali «abbiamo preso atto che teatri, cinema, live club e spazi culturali, nonostante si siano dimostrati luoghi sicuri, sono costantemente considerati attività produttive sacrificabili». Nel corso dell’ultimo anno la programmazione dei ristori è stato casuale accusano. A più di un anno dall’inizio del fermo non ci sono ancora ammortizzatori congrui per i lavoratori e le realtà del settore. Il ministero della Cultura retto da Dario Franceschini, conclude il comunicato, deve lavorare alla ripresa e al sostegno del settore: «Non c’è più tempo!».
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