Chiunque intraprenda la decostruzione dei testi sacri di una qualunque religione compie un’opera benemerita: sempre, ma soprattutto quando quei testi costituiscono le pezze d’appoggio per il mantenimento di un enorme potere politico ed economico, come nei casi dello Stato di Israele per l’Antico Testamento, o della Città del Vaticano per il Nuovo.

Più in generale, la decostruzione di un testo sacro è un servizio reso “all’onore dello Spirito Umano”, come amavano dire gli Illuministi, perché rivendica le ragioni della ragione, nell’impari e millenaria lotta contro le non-ragioni delle superstizioni di ogni genere, di cui quelle di stampo religioso costituiscono la specie più diffusa.

Oggi queste decostruzioni sono numerose (“grazie a Dio”, come avrebbe detto Luis Buñuel), e fortunatamente non costituiscono più un rischio per la vita o la salute di chi le intraprenda, come ancora era in un passato non troppo lontano.

Ma un autore che abbia l’ardire di sfidare i fondamenti della religione giudaico-cristiana in Occidente, in generale, e in Italia, in particolare, deve sapere che qualche prezzo lo dovrà comunque pur pagare, perché attorno a lui e al suo libro da qualche parte si farà un silenzio di tomba, nel tentativo di tacitarli entrambi preventivamente, e da qualche altra parte si farà al contrario un chiasso assordante, nel simmetrico tentativo di sommergerli nella cacofonia per zittirli.

Auguro dunque a Massimiliano Paleari, autore di un libro fresco di stampa intitolato La Bibbia. Una storia inventata (Formamentis, 2020), di ispirarsi alla calma dell’Olimpo, quando arriverà per lui il momento di affrontare le critiche che gli pioveranno addosso dagli adoratori del Sinai o del Golgota.

Se mi permetto di farlo, è perché sono passato anch’io tra le forche caudine del silenzio e del chiasso, quando ho osato a mia volta intraprendere una simile decostruzione della Bibbia, benché da un punto di vista diverso e più consono alla mia formazione, all’insegna del motto “a ciascuno il suo”.

Sulle spalle dei giganti

A me è servito allora, e potrà servire all’autore ora, ricordare che nelle nostre analisi ci sediamo tutti “sulle spalle dei giganti”, come disse Newton a proposito dei propri studi di ottica.

E nel caso in questione uno di quei giganti è proprio Newton stesso, che oltre a essere stato il massimo scienziato del suo tempo, e forse di sempre, fu anche uno dei primi decostruttori della Bibbia, a partire dal momento in cui notò alcune “notevoli corruzioni delle Scritture”, come lui stesso le chiamò.

Newton si era accorto, ad esempio, che nell’allora recente traduzione inglese di Re Giacomo della Bibbia si parlava di Trinità, nella forma del “Padre, Figlio e Spirito Santo”, quando invece nell’originale stava banalmente scritto “Spirito, acqua e sangue”.

Una bella differenza, che mise lo scienziato sul chi va là: in seguito egli si immerse in uno studio approfondito della lingua ebraica e del testo biblico, a cui dedicò una gran parte del suo tempo e dei suoi scritti, purtroppo molto maggiore di quella dedicata alla scienza.

Newton era per sua natura un recluso, e non fece parola delle sue scoperte bibliche in pubblico: se non altro, perché risiedeva e lavorava al Trinity College, che non avrebbe certo gradito uno smantellamento del proprio stesso nome. Andò peggio a un suo contemporaneo, il filosofo Baruch Spinoza, che a ventiquattro anni fu violentemente espulso dalla sinagoga di Amsterdam per il suo spregiudicato anticonformismo filosofico e religioso.

Il suo Trattato politico-teologico del 1670 costituisce ancor oggi un modello di decostruzione storico-filosofica della Bibbia, nella cui scia si pone idealmente il libro di Paleari.

Spinoza mostrò a tutti noi la via da seguire, che era quella di considerare il Vecchio Testamento come un libro umano, non divino, e di applicare alla sua ermeneutica tutti gli strumenti linguistici, storici e filologi disponibili per rileggerlo e riscriverlo, nella speranza di sollevare almeno qualche lembo del grande velo di finzione dietro il quale esso nasconde la realtà delle cose.

Benché oggi possa sembrare sorprendente, l’osservazione iniziale di Spinoza era di una semplicità disarmante: come si poteva pretendere che a scrivere il Pentateuco fosse stato Mosè, se l’ultimo libro (il Deuteronomio) descrive la sua sepoltura?

Era un’obiezione banale, facilmente aggirabile con l’affermazione che le ultime parti furono aggiunte dopo la morte di Mosè, ma bastò a intaccare la sacralità del testo, e inserì il primo cuneo in un macigno che iniziò da allora a sbriciolarsi.

La decostruzione di Paleari

Oggi sappiamo, come ci conferma Paleari, che il Vecchio Testamento, lungi dall’essere divinamente ispirato, è scritto in modo “umano, molto umano”. E non è affatto un libro devozionale o etico, bensì è un testo politico e autopoietico.

E lo stesso vale per il Nuovo Testamento, che Paleari non esamina, ma che è altrettanto facile da decostruire: se non altro, perché la stessa CEI ci fornisce gentilmente, nella sua edizione ufficiale, i riferimenti profetici, versetto per versetto, delle favole sulla nascita e la morte di Gesù, a dimostrazione del fatto che esse sono appunto soltanto dei copia e incolla effettuati sul Vecchio Testamento, in genere con citazioni delle supposte profezie completamente avulse dal loro contesto originale.

Nell’Ottocento la teologia protestante ha completamente sbriciolato pure i Vangeli, lasciando in piedi poco o niente della vicenda che essi raccontano. Nei paesi cattolici come il nostro questo è poco noto, e può anche sorprendere, ma basta attraversare le Alpi in direzione Nord (evitando la Baviera) per accorgersi che i protestanti non credono quasi niente di fattuale su Gesù: meno che mai i suoi supposti miracoli, per quanto la cosa possa apparire sorprendente dalla Pianura Padana in giù.

Un aspetto nuovo e singolare del libro di Paleari, e quello che personalmente ritengo il più interessante e utile, è la sua decostruzione di una nuova superstizione, che da qualche decennio sta prendendo il posto di quella vecchia: cioè, l’altrettanto assurda credenza che la Bibbia ci racconti una storia non divina, ma aliena.

E’ difficile stabilire quale delle due alternative sia più sciocca, o meno superstiziosa, ma rimane il fatto che essa appare appetibile a coloro che si credono moderni, e che invece non fanno che adattare al proprio tempo e al proprio linguaggio la fantascienza degli antichi.

Diceva Borges che “la teologia è un ramo della letteratura fantastica”, e ovviamente lo stesso si può dire delle storie sugli alieni.

Ma chi nutrisse dei dubbi sulla connessione fra i due campi dovrebbe ricordare che la famigerata Scientologia è stata creata a tavolino nel Novecento proprio da uno scrittore di fantascienza, Ron Hubbard, che a un certo punto della sua carriera capì che avrebbe avuto molto più successo se, invece di raccontare storie fantastiche dichiarandole tali, avesse incominciato a raccontarle spacciandole per fatti religiosi.

Il riuscito esperimento di Hubbard fa il paio, nell’Ottocento, con la creazione del Movimento dei Santi dell’Ultimo Giorno, meglio noto come la Chiesa Mormone. Questa volta il fondatore Joseph Smith dichiarò di aver ricevuto da un angelo delle tavole d’oro, e ne depositò la traduzione di fronte a un notaio, con due testimoni che testimoniarono di aver già sentito anche loro da lui la stessa storia: come se questo cambiasse il fatto che Smith era comunque l’unica fonte delle proprie fantasie.

Se non fossero tragiche, queste vicende sarebbero comiche, ma servono a far capire come nascono in origine le religioni: compresa quella giudaico-cristiana, il cui Deuteronomio fu probabilmente scritto nel 622 da Giosia, che lo presentò astutamente come il ritrovamento del perduto rotolo della Torah.

Ma per sapere come sia nato il Vecchio Testamento è meglio che io termini qui, e lasci che il lettore vada semplicemente a leggere La Bibbia. Una storia inventata. E si prepari a stupirsi, nel caso albergasse ancora nella mente qualche illusione a proposito della veridicità delle favole dei patriarchi e dei loro eredi: quelli diretti, che stanno soprattutto in Israele e in Vaticano, e quelli indiretti, che hanno invaso l’intero mondo, costringendone con le buone e (soprattutto) con le cattive una buona parte a diventare cristiano.


Massimiliano Paleari è autore del libro La Bibbia. Una storia inventata edito da Formamentis

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