«Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diseguali». È questa celebre frase di Don Milani, tratta da Lettera a una professoressa, a dare il titolo a un convegno particolare che si è tenuto a Roma sabato 5 ottobre. La particolarità non sta tanto nei temi affrontati, la dispersione scolastica e la povertà educativa, ma nel luogo e nel processo che ha portato all’organizzazione di questa riuscita giornata.

Siamo a Tor Bella Monaca, a viale dell’Archeologia, una via nota alle cronache giornalistiche che spesso riducono il quartiere alle attività delle organizzazioni criminali. Tor Bella Monaca, per chi la conosce, è molto di più. A ospitare i quasi duecento partecipanti è una scuola bellissima, di “frontiera” la chiamerebbero alcuni, l’istituto comprensivo Melissa Bassi. Insegnanti, educatori, dirigenti, attiviste, studenti hanno discusso per ore con passione e voglia di trasformare le parole in iniziative concrete.

La giornata non è semplicemente un appuntamento di riflessione, ma è la terza tappa di un percorso di alleanza eterogenea e atipica che da circa un anno si è sviluppato nel quartiere. Protagoniste sono le 4 scuole di Tor Bella Monaca (IC Bassi; IC Acquaroni; IC Morvillo e il liceo Amaldi) e i rispettivi appassionati dirigenti insieme a tutte le principali associazioni del quartiere: dalla Scuola popolare a Sant’Egidio, da Libera al Cubo libro, dal Chentro sociale alla Flc e Spi Cgil, passando per Eutopia, i gruppi Scout Agesci, il progetto neet della Caritas, Antropos, l’ICCS e il progetto civico 6.

Un momento del convegno

Un aggregato in continuo allargamento che ha elaborato un documento che avanza “7 proposte urgenti” contro la dispersione scolastica e la povertà educativa. Urgenti perché Tor Bella Monaca, come tante periferie di questo paese ha tassi di dispersione scolastica, o meglio, di esclusione scolastica come l’ha meglio definita Fulvia Antonelli dell’Università di Bologna, nettamente superiori rispetto ad altri territori.

Se ne parla nella plenaria del mattino. Damiano Sabuzi di Save The Children e Mariasole Piccioli di Action-Aid hanno sottolineato i numeri di questa urgenza, evidenziando le disparità che attraversano l’intero paese, tra zone benestanti e periferie povere, tra nord e sud.

La povertà non è certo l’unico indicatore causale, ma c’è una correlazione quasi meccanica tra livelli di reddito e quelli di esclusione educativa. Nessun determinismo, ha affermato con forza nella sua relazione Cesare Moreno dell’associazione Maestri di strada, non c’è un destino dei poveri se assumiamo la prospettiva del singolo, ma certo se si nasce in alcuni territori e in famiglie sotto determinate soglie di reddito le probabilità dell’esclusione scolastica aumentano vertiginosamente. È la povertà che rende forti le organizzazioni criminali, capaci paradossalmente di dare una prospettiva non solo economica, come ha ricordato Michele Gagliardo di Libera.

Lottare contro la dispersione scolastica e la povertà educativa significa, dunque, intervenire innanzitutto contro la povertà, si legge nel documento firmato da tante associazioni che nel quartiere, insieme alle scuole, provano a colmare il deficit delle politiche pubbliche con attività educative e spazi culturali.

Il numero di laureati nel quartiere Parioli (quartiere con il reddito medio più alto della capitale) è 8 volte superiore a quello dell’area vasta di Tor Bella Monaca e Torre Angela (che fa segnare il reddito medio più basso). Un’area che fa parte di quelle periferie romane (e italiane) in cui oltre il 4% degli studenti e delle studentesse non riesce a finire la scuola secondaria di I grado, dove circa 2 giovani su 10 sono fuori dal ciclo formativo e dal mercato del lavoro.

Negli interventi molti sottolineano che, se non si rimuovono le cause strutturali dell’esclusione educativa, l’azione dal basso rischia di trasformarsi in una lotta contro i mulini a vento. Da questo presupposto è nato questo percorso, per chiedere alle istituzioni competenti interventi concreti. A Tor Bella Monaca e in tutte le periferie serve reddito e servono investimenti sociali e culturali.

Se ne parla nei tavoli di lavoro pomeridiani in cui vengono messe a punto le proposte presenti nel documento introduttivo e che spaziano da interventi nazionali a progetti locali. Si parte dalla riduzione del numero di studenti nelle classi. In scuole dove il disagio socioculturale è altissimo lavorare in classi con 30 bambin* è semplicemente una follia, affermano molti insegnanti: «Si inizi dalle periferie perché le scuole non sono tutte uguali». Servono scuole aperte il pomeriggio e l’estate, ma con progetti strutturali e a lungo termine, capaci d’implementare anche l’assistenza sociale e psicologica. Non basta aprire un cancello, servono attività ricreative, culturali stabili e gratuite che rendano la scuola un punto di riferimento h24.

Si sottolinea come la scuola italiana sia sottofinanziata e la necessità di ridurre i costi scolastici per le famiglie a partire da quelle più bisognose.

Non solo interventi economici, si discute anche di strumenti e strategie educative perché «la scuola serve per trasformare non per registrare le differenze sociali di partenza» afferma Cristiano Corsini docente di pedagogia sperimentale a Roma 3. La plenaria conclusiva inizia alle 16.30, la sala è ancora piena.

C’è voglia di concretezza e la proposta di aprire una campagna immediata per l’apertura di un Cpia (Centro provinciale per l’istruzione degli adulti) e di una biblioteca territoriale è accolta con entusiasmo. Il documento verrà integrato con i lavori dei tavoli. Ci si rivedrà presto per avviare la campagna sulle proposte locali, ma l’obiettivo è anche allargare il percorso ad altre periferie romane e nazionali, ad altri istituti scolastici.

Il convegno sarà un appuntamento annuale per provare a misurare i risultati di questo percorso e della sua possibile estensione. Una bella giornata a Tor Bella Monaca, sarà anche per questo che le telecamere non sono arrivate.

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