«La mia malinconia è solo colpa tua, e di qualche film anni Ottanta», cantava Tommaso Paradiso nel suo primo singolo passato in radio, Fine dell’estate. Era il 2015. Mi torna in mente stamattina, mentre posa qui al cinema The Space Moderno di Roma, dietro al backdrop del suo film Sulle nuvole coi protagonisti Marco Cocci e Barbara Ronchi.

Avrei dovuto immaginarlo, la prima volta che l’ho incontrato, che sarebbe riuscito anche a fare il regista. Il cinema è da sempre una sua passione, forse perfino precedente alla musica. Ricordo che per raccontarmi come si era innamorato di un’amica che, mesi e mesi dopo, divenne la sua fidanzata, mi citò titoli di film italiani a me sconosciuti. Insieme passavano le domeniche sul divano e si divertivano a commentarli.

«Carolina mi piace anche per questo», confidò con entusiasmo in quell’intervista prima del suo debutto a Milano. Aggiungendo che poi però, tra loro, non succedeva niente. Che lui continuava a lasciargli biglietti omaggio alla cassa ma lei non si presentava ai suoi concerti. Era novembre 2016.

Una canzone non basta

Anche la malinconia è sempre stata parte del suo mondo. Allora come oggi, mentre racconta il suo film, in uscita al cinema il 26, 27 e 28 aprile prodotto da Warner Bros. Entertainment Italia e Cinemaundici. La storia è quella di Nic Vega – interpretato da Marco Cocci, ricordate il film di Paolo Virzì Ovosodo? – ex cantante famoso che vive in provincia senza nessuna voglia di riscatto. Fino a quando decide di tornare a Roma e, ospite della sua ex fidanzata Francesca, realizza un singolo di successo che lo fa riflettere sul senso delle scelte fatte. «È una storia d’amore mai davvero finita, uno spillo sottopelle che torna a farsi sentire», racconta Tommaso. E poi, «Ci sono state tante Francesca nella mia vita», butta lì.

Non ti bastava una canzone?
Il cinema è la mia grande passione da sempre e volevo provarci. “L’arte ha il potere di non far morire mai le cose”, diceva Ugo Foscolo. Non ho la pretesa di fare arte, ma ho sentito il bisogno di raccontare questa storia. Una canzone non sarebbe bastata e così è nato il film. La mia musica è ispirata dal cinema, e questo film lo dedico ai compositori di colonne sonore».

Cosa c’è, davvero, di autobiografico?
Io e il protagonista Nic abbiamo in comune l’eccesso, vivere tutto al massimo, casini e gioie, la paura del palco, il piacere del vino. Ma non voglio fare la sua fine, lui ha una vita travagliata. Io non più.

Cambiare tutto per non cambiare niente

È vero, Paradiso ha comprato una casa grande, ha adottato un secondo cane, e fa sport la mattina, prima di qualsiasi attività. «Ma la sostanza non è cambiata, sono sempre lo stesso», mi aveva raccontato qualche giorno fa, quando c’eravamo incontrati a Milano. E la sera, al party per la presentazione del suo album da solista, Space Cowboy, lo aveva dimostrato a tutti.

A saltare con lui – fino alla chiusura del locale – c’erano tanti colleghi, da Gazzelle a Rkomi, ma anche Alessandro Cattelan e l’amica influencer Alessandra Airò. E poi l’inseparabile fidanzata Carolina, oggi fondatrice della pagina Instagram “Talkinpills”, che aiuta i ventenni a orientarsi nel mondo del lavoro. Una manager moderna, che sta facendo di tutto per trovare la sua strada senza la visibilità del fidanzato di successo.

La malinconia, dicevamo. Come quella che lo assale quando gli chiedo, sempre durante il nostro incontro a Milano, come si senta a presentare il disco per la prima volta da solo, come Tommaso Paradiso, e non i Thegiornalisti. E soprattutto essere in tour da solo, con date serrate fino a settembre. Dopo tre anni dalla rottura col gruppo.

Non ti mancano Marcantonio e Marco (Musella e Primavera, gli altri due componenti del gruppo, ndr)?
Vuoi la verità? Lo scioglimento della band non l’ho voluto io e non l’hanno voluto neppure loro. È stato un fulmine a ciel sereno.

E chi l’ha voluta questa separazione?
Altri.

Ma com’è aver fatto un pezzo di strada importante insieme, in una fase della vita come quella tra i 25 e i 35 anni, e poi non vedersi più?
Ti sbagli. Marcantonio Musella, soprannominato Marco Rissa, è come mio fratello. Io e lui ci sentiamo sempre, facciamo ancora le cene insieme. E mi piacerebbe, quando il tempo lo consentirà, tornare a suonare dal vivo come una volta. Spero di farlo anche con Marco Primavera, il batterista, con cui invece non ci sentiamo più.

Prima è nato Completamente Sold Out, poi Love. Due dischi di successo, uno dietro l’altro. Tu e i Thegiornalisti, Marcantonio Musella e Marco Primavera, come vi eravate incontrati?
Galeotto fu il Liam Club, un locale del quartiere San Lorenzo, a Roma. Loro avevano una band e io ne avevo un’altra, Cosmoradio. Da lì abbiamo iniziato a frequentarci e suonare insieme. A un certo punto ci siamo stanziati a casa di mia madre, abbiamo disintegrato il salotto, io portavo le canzoni e le arrangiavamo insieme. È stato un periodo magico.

Quando hai capito che stava diventando un lavoro?
Quando ci chiamavano in modo spontaneo per fare le serate. Prima eravamo noi che cercavamo gli altri. Sempre in modo gentile, senza osare troppo. Era il momento in cui era scoppiato l’indie italiano, c’erano etichette come la 42 records, il produttore e cantautore dei Cani, Niccolò Contessa, I tre allegri ragazzi morti, Dente, Brumori. Noi ci siamo infilati in quel tunnel. E poi ricordo i viaggi col TheFurgone.

(Foto Massimiliano Lorenzin)

Quando avete iniziato, chi è stato il primo a darvi un incoraggiamento?
Federico Fiumani dei Diaframma. Anche Dario Usuelli (programmatore musicale di radio DeeJay, ndr) ma lui è arrivato dopo. Poi sono arrivati gli altri, tutti completamente impazziti per la nostra musica. Lo ricordo come fosse ora.

Anche io, il tuo primo concerto a Milano. C’era un’infinita fila fuori per entrare, quella dei grandi eventi. Il giorno prima avevo incontrato il dj Federico Russo e fu lui a suggerirmi di passarti a sentire, con la frase: «Ma come, non conosci i Thegiornalisti?». Una volta dentro avevo incontrato chiunque, speaker radiofonici, pierre della moda, designer e calciatori. E a fine concerto ho una vaga memoria di brindisi nel privè con Pierluigi Pardo e Francesco Mandelli. Che cosa ti ha fatto tenere i piedi per terra?
La passione per la musica e il bisogno di suonare, anche da solo a casa o per quattro amici intorno a un tavolo. Allora abbiamo vissuto qualcosa di straordinario. Vivevamo l’hype, un’aspettativa di cui, in modo spontaneo, tutti parlavano. In quel momento noi eravamo quella cosa, ci dovevi ascoltare altrimenti eri uno sfigato. Ma c’erano le canzoni, un bene materiale e spirituale che non ti potrà togliere nessuno.

Che cos’è cambiato, oggi, con questo nuovo disco, Space Cowboy?
Il produttore Federico Nardelli. Con lui ho fatto il disco, a parte Tutte le notti, il brano realizzato con Dario Faini (in arte Dardust). Ma la sostanza è rimasta la stessa, scrivo sempre io i testi, lavoro sulle melodie. M’ispiro all’America ma poi nel cuore c’è Vasco Rossi. Sono solo un po’ cambiato.

In che senso?
Sono più maturo, ho più controllo di me. Anche una semplice intervista o un’ospitata in tv prima mi dava agitazione, adesso sono più in confidenza con me stesso.

Perché hai scelto il titolo Space Cowboy?
È un’ode alle mie passioni, il mondo dei cowboy. E dell’altra parte c’è la mia altra grande passione che è il cielo. Guardo sempre il cielo. Mi affascina (la malinconia, rieccola, ndr).

Anche la domenica è un tema che ricorre. Prima, quando hai ascoltato il brano È solo domenica, ti sei commosso. Posso sapere come mai?
È dedicata a un amico che non c’è più. Un caro amico. Scomparso per un incidente stradale.

A proposito di malinconia, il protagonista del video della canzone Tutte le notti – visto 2,5 milioni di volte su YouTube – è Christian De Sica in un ruolo drammatico. Perché lo hai scelto?
L’ho voluto io. Tutti noi lo conosciamo per i film di Natale, ma ha una cultura cinematografica sconfinata. Sono tanti i miei punti di riferimento cinematografici. Prima di iniziare a girare il film Sulle nuvole oltre a lui ho sentito anche Jerry Calà, Enrico Vanzina, Paolo Sorrentino. Ognuno, a suo modo, mi ha dato un’ispirazione.

Hai scritto il testo Amico vero con Franco126. I tuoi amici veri nella musica chi sono?
Calcutta, Franco (Bertolini, in arte Franco 126, ndr), Elisa, Jovanotti, Salmo.

Tra tutti loro c’è qualcuno che ti ha dato un consiglio davvero prezioso per te?
Jovanotti. Quando l’ho incontrato gli ho chiesto: «Ma come fai a esibirti completamente lucido, a goderti tutte le sensazioni positive e negative sul palco, senza filtri?». E lui mi ha risposto: «Mostrati per quello che sei. Non farti tre whisky prima del concerto. Se ti viene da piangere, mostrati senza vergogna per quello che sei. Se sei agitato, fatti vedere agitato. Chi viene ai tuoi concerti vuole proprio te. Impara a fidarti degli altri, lasciati andare». Ma è un passaggio che ancora non riesco ad attuare.

Se mai dovessi scegliere tra cinema e musica?
Fatico a dividermi. A volte non vedo il confine. Ma senza dubbio preferirò sempre un tour sold out negli stadi che un Oscar.

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