Lamine Yamal, diciassette anni la sera prima della finale, ha colmato la carenza di dribbling all’Europeo finendo per dribblare anche il pregiudizio sulla giovinezza che la vecchia Europa si porta dietro. Yamal è un vero, autentico, naturale, dribblomaniaco. Con la scaltrezza, l’audacia e il coraggio che il ruolo richiede. Tanto che è arrivato come promessa e ne è uscito come certezza. È arrivato come il ragazzino che in classe apre i libri di scuola – che sembrava saltato fuori da School Days di Chuck Berry – e se ne torna in Spagna come il futuro del calcio.

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Ha ancora tutto da sbagliare, ma sbagliando sbagliando ha trovato il suo primo grande gol, alla Francia di Kylian Mbappé poi, facendolo invecchiare di colpo, come solo certi turni elettorali hanno fatto invecchiare il presidente Emmanuel Macron. Lamine Yamal, diciassette anni compiuti il giorno prima della finale, si è divertito a comporre un puzzle partita dopo partita della sua Spagna. E man mano che giocava, alla ricerca del gol, anzi che dribblava e avanzava e tirava in porta: poggiava le tessere del puzzle, che poi era la foto che lo ritrae con il suo padrino di battesimo da fiction.

C’è un Lionel Messi, giovane, ancora con i capelli lunghi che fa il bagno al piccolo Yamal, una sorta di battesimo calcistico inconsapevole. Diciassette anni fa, il fotografo Joan Monfort scatta la foto per un calendario solidale realizzato con l’Unicef sui diritti dei bambini. «Era quella del mese di gennaio, parlava dell’infanzia». I bambini furono scelti a Rocafonda, «una zona molto povera» nella città di Mataró, nell’area metropolitana di Barcellona, che Yamal ha portato con sé, ogni volta che segna esulta con il gesto del 304 le ultime tre cifre del codice postale del quartiere.

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Diciassette anni fa Lionel Messi non era ancora il Messi di oggi e i genitori di Yamal avrebbero preferito la foto con Ronaldinho, e anche oggi il padre ha ribaltato la foto dicendo che è il bambino che ha benedetto il padrino e non il contrario, in una presunzione che ha poi portato tutti a paragoni che sono proiezioni senza senso. Quello che invece ha senso è come si muove Yamal in campo: già con la consapevolezza di un veterano, anche se ha davanti un numero enorme di partite da giocare e consumare, di gol da cercare e non trovare, e di titoli a cominciare dall’Europeo da vincere contro l’Inghilterra di Jude Bellingham.

Ecco Yamal ha il potere di far invecchiare tutto quello che gli corre di fianco. Perché è oggettivamente un Rimbaud del pallone. Non ha importanza se salta l’uomo o se serve l’assist perfetto, quello che conta è che sia lì a cercare il dribbling e per fare il cross. La sua fascia destra è la diagonal del futuro che lui percorre a una velocità doppia rispetto ai suoi avversari.

Luis de la Fuente, allenatore della Spagna, l’ha capito e gli concede la titolarità del ruolo, avvolgendolo nelle fasce della prudenza. Yamal è già quello da marcare e su questo de la Fuente – faccia da gesuita d’Inquisizione – fa affidamento, perché il ragazzino sa poi aprire corridoi sia in area sia sulla fascia per il compagno di squadra che si sovrappone, con una precisione che ridisegna le linee curve di Joan Miró sui campi di pallone.

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La grande tecnica di Yamal – che già accarezza il pallone con una confidenza carnale che comincia e finisce nella suola del suo piede sinistro – lo rende un grande gestore di palloni pur non essendo il principale, la maggior parte del gioco passa per l’altra fascia dove c’è il “vecchio” Nico Williams (22 anni) altro dribblomaniaco o per il centro dove vige l’amministrazione Fabián Ruiz. E proprio il fatto che Yamal e la sua narrazione abbiano scavalcato, anzi dribblato, anche Williams e Ruiz dice quanto si sia preso il centro del campo pur giocando di lato.

Molto ha fatto il gran gol alla Francia. E il resto è l’incredulità dei suoi diciassette anni appena compiuti, quindi l’aver giocato e segnato da sedicenne. E poi c’è la sua leggerezza. Esile e veloce, in lui si possono intra-vedere tanti calciatori della Spagna e del Barcellona migliori – ma alla velocità Salah quindi esagerata, e molto altro che è presto per dire. Tipo il suo idolo Neymar.

Intanto colleziona record, sperando che poi li dimentichi e non finisca come Cristiano Ronaldo, che inseguendo i record personali ha dimenticato le squadre dove giocava. Meglio se continua a lavorare sul suo grande controllo e sulla sua grande capacità di fintare inventando campo per i suoi compagni.

 

È sicuramente un prescelto, ma meglio dimenticarlo quando gioca. Lottando contro il mostro che tutti vogliono. Contro il fenomeno che tutti vedono. Perché Lamine Yamal, diciassette anni la sera prima della finale, ha bisogno solo di giocare e divertirsi, giocare e perdere. Abilità e cervello, senza perdere di vista quella lucina in fondo all’orizzonte di ogni sportivo: l’umiltà.

Yamal ha strada, sentimento e tradizione. Ha mondo, cuore e piede (sinistro). Incarna l’arte e il conflitto che vivono nel gioco del calcio. Deve solo lasciar rimbalzare e correre la palla.

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