Nei giorni della Mostra del cinema di Venezia, la madre di uno scrittore che non ha mai visto le proprie opere sul piccolo o grande schermo lo sprona a vendersi meglio
- Una telefonata tragicomica tra uno scrittore e sua madre, in cui si parla ossessivamente solo di una cosa: il suo mancato riadattamento per cinema e tv.
- Proprio nei giorni della Mostra del cinema di Venezia, lo scrittore difende le sue scelte radicali di purezza contro il mercato, mentre la madre è più concreta e lo sprona a compromettersi, a vendersi, a sporcarsi le mani.
- «Io difendo la letteratura, tu il mercato», accusa lo scrittore. «Non possono coincidere, per una buona volta?», chiede esasperata la madre.
- Mamma, è successa una cosa importante.
- Ti hanno riadattato?
- No, mamma».
- Ancora no?».
- Da quant’è che me lo ripeti, mamma?
- Te lo ripeto perché è la cosa più importante.
- Non dovrebbe. La letteratura serve se stessa.
- È una frase a effetto, lo riconosco, ma esattamente che vuol dire?
- Che non è ancillare.
- Non sarai un po’ troppo cresciuto per queste pose da scrittore maledetto?
- Mamma, io difendo le mie scelte.
- Tu però non hai scelto se farti o non farti riadattare. Non ti hanno riadattato e basta!
L’aureola di Baudelaire
- Io la penso come Baudelaire.
- Guarda che a Baudelaire era caduta l’aureola nel fango!
- Io difendo la letteratura, tu il mercato.
- Non possono coincidere per una buona volta?
- La letteratura non ha secondi fini.
- Fare profitti è un secondo fine?
- Mamma, ti prego, non abbassare il livello della discussione.
- Non l’abbasso, ma credo che qualunque artista, oltre a produrre la sua arte, abbia il dovere di sbarcare il lunario.
- Mamma, la letteratura non esiste per essere trasformata in un film o in una serie televisiva.
- Balle! Il nome della rosa? Shining?
- Può capitare che un libro diventi un film, ma non era nato per quello. I riadattamenti avvengono quasi a sorpresa, a tradimento.
- Ma cambiano il destino di un libro e di un autore, aumentano la visibilità, allargano la platea.
- Il consenso delle masse.
- Ti fa schifo?
- No, tutt’altro. Ogni scrittore ambisce a raggiungere quanti più lettori possibili. Non credo alla leggenda dello scrittore che non scrive per nessuno, che gode della sua marginalità.
- Appunto, bisogna parlare a tutti!
- In teoria
- E in pratica?
- La società letteraria nell’Ottocento era stretta, nel Novecento autoreferenziale e adesso è svanita.
- Vuoi dire che non vi leggete nemmeno più tra di voi?
- Poco e male, svogliatamente, con un occhio sulla pagina e uno sul telefonino. Tutti coltivano il proprio orticello virtuale, ma non importa più che cosa vendono. Il papa su Twitter è uguale al politico su TikTok che è uguale allo scrittore su Instagram che è uguale alla casalinga su OnlyFans.
- A maggior ragione l’unica discriminante resta il riadattamento.
- Questo lo so, mamma.
Un genio, anzi no, un cretino
- E allora? Ti hanno riadattato?
- Non ancora mamma, tutto quello che c’è da sapere riguardo al magico mondo dell’audiovisivo lo sai.
- E ripetimelo.
- Mi contattano e mi dicono che sono un genio, ho scritto una cosa perfetta per il cinema, forse anche per una serie, ci possono tirare fuori tre stagioni, non stanno nella pelle, non vedono l’ora di partire.
- E poi?
- Le cose si complicano. Per il progetto c’è la rete ma manca la casa di produzione, o il contrario, adesso non stiamo a spaccare il capello in quattro, l’importante è tenere alto l’entusiasmo perché la mia scrittura vale, se la sognano gli americani una scrittura del genere!
- E poi?
- Si raggiunge il picco dell’entusiasmo. Il progetto suscita il forte interesse di cinque registi, venti sceneggiatori e trenta attori, sono tutti incuriositi e leggeranno il concept molto presto.
- E poi?
- Si entra nella parabola discendente. Scade l’opzione e nessuno pare davvero motivato a portare avanti il progetto, nessuno vuole rischiare di uscire dai binari consolidati, sono tutti impauriti, tutti con il braccino corto.
- E poi?
- Caporetto. Non c’è più nessun interesse, si alza un muro di silenzio, e d’improvviso la mia scrittura diventa difficile e pretenziosa, cervellotica e algida, ma dove credevo di andare senza l’happy ending? In prima serata? Devo darmi una regolata, lo spettatore vuole sognare, lo spettatore non se ne fa niente del politicamente scorretto. Sono un cretino.
- Quindi non ti riadatteranno mai?
- Questa è la storia, mamma. E va in loop da anni e anni.
Tanti aggettivi
- Tua madre non è felice di questo.
- Lo so bene.
- Ti ricordi di quando da bambino venivi nel mio ufficio a battere a macchina? Mi chiedevi emozionato come facevano gli scrittori a scrivere quei romanzi così lunghi…
- E tu mi rispondevi che usano tanti aggettivi.
- Non è stato un consiglio giusto? Non ti ho sempre e solo dato consigli giusti?
- Sì mamma, ma sono cresciuto ormai.
- E con questo? Per crescere davvero dovresti essere riadattato.
- Non hai mai letto nessuno dei miei libri, non è così?
- Aspetto che diventino una serie.
- Come tutti.
- Come tutti, esatto. Nessuno legge più quei parallelepipedi di carta. L’hai detto anche tu poco fa: società stretta, società autoreferenziale e società inesistente.
- Ci sarebbero gli audio book.
- Oh andiamo, non scherzare. Voglio le tue storie sul grande schermo, o almeno in televisione, ma vanno benissimo anche i tablet o gli smartphone. Voglio vederti su un red carpet qualsiasi, a Venezia magari. Sai quanti tuoi colleghi proprio in questi giorni sono stati invitati alla Mostra del cinema?
- Immagino, mamma.
- E tu dove sei mentre loro brigano al Lido?
- Nel mio studio vista tinello.
- Ti rendi conto che stai sempre là dentro. Mai una volta che mi rispondessi da un’altra parte, quando ti telefono.
- Scrivo, mamma. Il mio mestiere è quello, non prendere cicchetti a Venezia. E ti garantisco che nonostante le apparenze può essere molto avventuroso.
- Ingrassare in poltrona molto più avventuroso che starsene a Venezia alla Mostra del cinema e magari beccarsi un Leone d’oro? Ok, se lo dici tu…
Ma ti hanno riadattato?
- Sono diventato ciò che volevo, mamma. Uno scrittore.
- Non dico che tu non ci sia riuscito. Sei diventato uno scrittore, è vero, peccato che la gente abbia smesso di leggere.
- Guarda che qualcosa di buono nella mia carriera l’ho fatta.
- Ad esempio?
- Pubblico per un grosso editore.
- Ti hanno riadattato?
- Prendo anticipi molto alti.
- Ti hanno riadattato?
- Scrivo sul giornale.
- Ti hanno riadattato?
- Partecipo a saloni e festival nazionali e internazionali.
- Ti hanno riadattato?
- Sono tradotto in diverse lingue straniere.
- Ti hanno riadattato?
- Ho vinto premi importanti.
- Ah sì? E neanche dopo i premi hanno voluto riadattarti?
- Non è così scontato, mamma. Non è detto che un buon libro sia automaticamente anche un progetto appetibile per cinema e tv.
- Se tu vincessi il Nobel ti riadatterebbero…
- Non è detto, non è detto.
- Come no?
- Hai mai visto un film o una serie tratta dalle opere di Giosuè Carducci?
- Andiamo non scherzare con tua madre, quello era un poeta. E poi scriveva prima dell’invenzione del cinema.
- Mamma ti rendi conto che la tua ossessione per il cinema e la tv ti fa perdere il lume della ragione?
- Perché?
- Rifletti un secondo insieme a me. Ho appena vinto il Nobel per la letteratura, immaginiamo una motivazione standard: «Grazie ai suoi romanzi abbiamo potuto continuare a vedere l’uomo nudo».
- L’uomo nudo???
- Mamma è soltanto un’ipotesi di motivazione. L’accademia intenderebbe dire che ho rappresentato un uomo scevro da ogni sovrastruttura, privo della sua rete sociale, al di fuori di ogni proiezione storica, alludendo al mio esistenzialismo radicale, post sartriano.
- Ah, ok. Perché se scrivi robaccia porno ci credo che non ti riadattano…
- Mamma, meglio tornare al Nobel che ho appena vinto. Tocco il cielo con un dito, verosimilmente ho raggiunto l’apice della mia carriera, la mia voce può essere davvero ascoltata in tutto il mondo… E tu, in questo momento sublime, altissimo, pensi a un riadattamento?
- Be’ sì, mamma ci pensa. È la verità.
- Mi dà fastidio solo la parola: riadattato, cioè “modificato in vista di un uso diverso”. Perché mai uno dovrei modificarmi, camuffare le mie vere sembianze? È come essere riformato, rivisto, ricalcolato.
- E con questo?
- Dove se ne va il radicalismo della letteratura? Cosa resta della letteratura dopo un riadattamento?
- La storia?
- Appunto mamma! La storia è soltanto uno dei livelli di un romanzo, e nemmeno il più importante. Che se ne fanno in un riadattamento della forma, della lingua, dello stile?
- Li riadattano?
- Mamma non ci siamo proprio.
- Vabbè, io attacco.
- Ciao mamma.
- Ci sentiamo la settimana prossima, e mi raccomando…
- Sì lo so, mamma. Se ho notizie di un mio eventuale riadattamento ti aggiorno subito.
- Ah, ma la cosa importante che mi dovevi dire?
- Era questa, mamma.
- Quale?
- Che la letteratura si risolve tutta pienamente in sé stessa, che non è meno compiuta se resta sulla pagina, che lo scrittore non è più bravo se bazzica set, registi e red carpet, che no, non mi hanno riadattato.
© Riproduzione riservata