Le idee cambiano il mondo, Andrea Wulf ne è convinta. Dopo il successo internazionale della sua biografia del naturalista Alex von Humboldt, L’invenzione della natura, nel suo ultimo libro Magnifici ribelli (entrambi per Luiss University Press) la scrittrice racconta le origini di una rivoluzione nell’immaginario collettivo, il romanticismo tedesco, alla luce di un’esplosione di creatività che ebbe come epicentro una piccola città della Turingia chiamata Jena, all’alba del Diciannovesimo secolo.

Un luogo e un tempo, mitici, che non cessano di suscitare curiosità, se pensiamo che solo pochi anni fa Einaudi pubblicava un libro sullo stesso argomento, Jena 1800. La repubblica degli spiriti liberi di Peter Neumann.

Tra storia e gossip

Le idee cambiano la storia, ma basta il genio di una singola persona per imprimerle un senso? Questo è quello che sembrava credere Fichte, con la sua visione totalizzante dell’Io. E pochi anni dopo un suo discepolo, Hegel, vedeva in Napoleone l’anima del mondo racchiusa in un corpo umano, a cavallo per le strade di Jena.

Eppure proprio la vicenda di Fichte e Hegel, che nella città turingiana si era intrecciata, dovrebbe dimostrare che il senso della storia non lo imprimono i singoli individui isolati, semmai dei piccoli gruppi-network di persone creative, la cui creatività viene moltiplicata nell’interazione con gli altri. Una specie di “Silicon Valley”, la definiva Neumann; ma abbiamo dovuto attendere il libro di Wulf per penetrare in profondità nella loro vita quotidiana. Gossip incluso.

A trasferirsi per primo nella cittadina fu Schiller, nel 1789, e questo bastò ad attirare nell’orbita jenese il ben più celebre Goethe. Questi, con innegabile fiuto, raccomandò all’università un promettente filosofo, Fichte, che stregò una generazione con il suo tonitruante sistema filosofico. Gli studenti cominciarono ad affluire da tutta la Germania, e assieme a loro diversi giovani intellettuali, trai quali i fratelli Schlegel. A loro volta i due, attraverso le riviste Athenaeum ed Europa, diedero fama continentale a Novalis e Schleiermacher… Una nuova generazione che denunciava, dietro alle promesse del liberalismo, il rischio di un disincanto del mondo.

Wulf descrive una specie di Sessantotto, all’insegna del vitalismo e della liberazione sessuale, nel disperato tentativo di tenere assieme speculazione e immaginazione, poesia e scienza. Ma presto iniziarono i conflitti: tra la “vecchia” generazione di Schiller e quella “nuova” degli Schlegel, poi tra la dottrina dell’Io di Fichte e la filosofia della natura di un nuovo pretendente al trono del pensiero, di nome Schelling.

Rivalità intellettuali tra i reduci dello Sturm und Drang, i profeti dell’idealismo e gli annunciatori del romanticismo, odi personali, storie di amori e di tradimenti, lutti e addii… La parabola di Jena si chiude proprio con il passaggio di Napoleone, che nel 1806 mette a ferro e fuoco la città mentre l’università inizia a perdere la propria attrattiva. «Bisognava innalzare una torre di Babele dello spirito», scrisse Lukàcs, «ma le sue fondamenta erano inconsistenti; era inevitabile che crollasse».

Il network intellettuale si era sfaldato prima ancora di scindersi attorno all’eredità della Rivoluzione francese. Ma non avrebbe cessato di dare i suoi frutti: il coinquilino un po’ tardo di Schelling, ovvero Hegel, si apprestava a pubblicare la sua Fenomenologia dello Spirito. Il terzo coinquilino, Hölderlin, sarebbe ammattito definitivamente, e così divenne un mito. Madame de Staël avrebbe popolarizzato il romanticismo, facendone una moda europea. E Goethe li seppellì quasi tutti; d’altronde aveva fatto un patto col diavolo.

Il network jenese

La “Silicon Valley” jenese non avrà prodotto nessun nuovo device elettronico, ma il suo contributo alla modernità non è trascurabile: come segnala Wulf, si tratta dell’invenzione dell’Io.

Il suo racconto, in Magnifici ribelli, è denso e dettagliato, anche se – diciamo la verità – non sempre molto filosofico. All’autrice interessa mostrare il tessuto umano e il risultato assomiglia a una puntata di Friends. Scegliendo di fermarsi sulla superficie, però, l’autrice ci mostra quanto la superficie sia determinante nella storia delle idee - talvolta persino più delle idee.

Personaggi secondari tra le pagine dei manuali, come Caroline Bohmer-Schlegel-Schelling (dai nomi dei tre mariti successivi), appaiono invece centralissimi nel processo che porta le idee a combinarsi, maturare e svilupparsi. Con la sua energia e il suo spirito indomito, la donna appare come un simbolo della vitalità intellettuale che alimentava i salotti culturali dell’epoca, luoghi in cui si incrociavano pensieri, si dibattevano teorie e si formavano alleanze.

In questo modo, Magnifici ribelli sottolinea l’importanza delle relazioni umane e del contesto sociale nel plasmare il corso della storia culturale, dimostrando che, spesso, le rivoluzioni delle idee nascono e prendono forma in ambienti meno formali e strutturati di quanto si possa immaginare.

Jena è un caso di studio ideale, e non a caso era già stata studiata con occhio entomologico dall’americano Randall Collins nella sua monumentale Sociology of philosophy, ancora inedita in in italiano, la cui tesi era precisamente che l’innovazione filosofica è sempre figlia di simili convergenze e “rituali di interazione”. La storia delle idee, per il sociologo, non è tanto un’accumulazione di teorie quanto un susseguirsi di diverse “linee di opposizione”.

Il disagio della modernità

Resta da capire, dietro agli aneddoti sul brutto carattere di Schiller o sull’onanismo di Novalis, quale fosse effettivamente la reale posta in gioco di quella rivoluzione filosofica. Proviamo a dirlo in breve: si trattava di sanare la ferita originaria lasciata dall’ingresso nella modernità. Oggi si parlerebbe di alienazione.

Gli intellettuali jenesi sono tutti, in un modo o nell’altro, dei promotori della liberalizzazione della società tedesca, all’epoca molto arretrata, sulla base degli ideali illuministi provenienti dalla Francia. Le loro pagine immortalano la decadenza del feudalesimo e le speranze di una riforma pacifica. Contemporaneamente, questi liberali atipici percepiscono in modo vivido le contraddizioni del nuovo ordine del mondo. Quando discettano di estetica, Goethe e Schiller parlano in realtà dei sanculotti e della divisione del lavoro. Nei suoi frammenti poetici, Novalis si rivolta contro la razionalizzazione del mondo. Hegel parla di eticità osservando il fumo nero delle prime fabbriche.

Prima di loro, Kant aveva già creduto necessario ridimensionare le pretese della ragione astratta sottoponendola alla sua celebre critica. Così facendo, però, aveva liquidato come insolubili le grandi questioni metafisiche che continuavano a tormentare l’animo umano. Intimando all’umanità di uscire dal suo stato di minorità e prendere in mano il suo destino, l’uomo più puntuale di Königsberg l’aveva invece consegnata a nuovi tormenti, dilemmi morali, esistenze caotiche.

Ai filosofi che sarebbero venuti dopo di lui restava ancora da capire come far quadrare la libertà dell’individuo con i legami comunitari, l’intelletto con l’emotività, il progresso con la tradizione, il particolare con l’universale… Una serie di antinomie che accompagneranno la cultura occidentale per tutto l’Ottocento e buona parte del Novecento, trovando nell’arte in generale e nel romanzo in particolare il luogo di una sintesi pur fragile. Poi nel socialismo un’alternativa più radicale, sebbene votata al fallimento.

Fondatori dell’ideologia borghese e fustigatori della sua “barbarie”, i magnifici ribelli di Jena non si sono limitati a inventare l’io, ma esibendo le sue contraddizioni – nelle loro opere come nelle loro vite – ne hanno inoltre esibito la natura essenzialmente nevrotica.

In due secoli, malgrado gli innumerevoli tentativi di sintesi, pare che nessuno sia riuscito a trovare una possibile cura: per questo la loro storia ci riguarda da vicino. Gli jenesi erano consapevoli di vivere in diretta la nascita di una nuova epoca nella storia del mondo; c’è da chiedersi se noialtri non ne stiamo vivendo la conclusione.


Magnifici ribelli (Luiss University Press 2024, pp. 505, euro 24) è un saggio di Andrea Wulf

© Riproduzione riservata