- Ieri sera, Sant’Ambrogio, la prima della Scala è diventata un lussuoso concertone, passerella di grandi nomi diretti da Riccardo Chailly e vestiti, in nome del glamour, dalla crema degli stilisti italiani.
- Per ora, molti propongono contenuti gratuiti, per restare vivi e visibili. Così l’Opera di Roma in collaborazione con Rai Cultura ha prodotto il 4 dicembre un Barbiere di Siviglia diretto da Daniele Gatti con immaginifica regia di Mario Martone.
- In ogni caso, tutti gli enti lirico sinfonici meditano sullo sbigliettamento virtuale. L’argomento dei costi è scottante, tanto più per le realtà piccole.
Tempi pandemici, tempi grami per lo spettacolo, chiuso per decreto. Ieri sera, Sant’Ambrogio, la prima della Scala è diventata un lussuoso concertone, passerella di grandi nomi diretti da Riccardo Chailly e vestiti, in nome del glamour, dalla crema degli stilisti italiani. Molto divertente per i melomani, che però si lamentano: lo spettacolo, trasmesso da Rai 1 e Rai Radio, è solo un surrogato dell’inaugurazione consueta del 7 dicembre. Si poteva osare di più (e oltretutto era registrato). Perché per la musica classica il Covid è anche un’occasione: di necessità virtù, molti si ripensano per allargare i confini del teatro e raggiungere un pubblico internazionale.
Per ora, molti propongono contenuti gratuiti, per restare vivi e visibili. Così l’Opera di Roma in collaborazione con Rai Cultura ha prodotto il 4 dicembre un Barbiere di Siviglia diretto da Daniele Gatti (potete rivederlo su RaiPlay) con immaginifica regia di Mario Martone che ha sfondato la “quarta parete”, invaso il vuoto del teatro Costanzi, e conquistato 680mila spettatori su Rai 3. Un vero film d’opera in tv però non uno spettacolo canonico dal vivo.
All’estero, il modello cardine sono i prestigiosi Berliner Philharmoniker, che da tempo hanno attivato la loro digital hall (concerti in diretta e in differita). «Stiamo parlando di una delle migliori orchestre del mondo e di un investimento gigantesco negli anni, queste cose non si improvvisano» dice Michele Dall’Ongaro, presidente dell’Accademia di Santa Cecilia. L’ente sinfonico romano ha realizzato il 27 novembre il suo primo concerto streaming in diretta. Prezzo politico: 9,90 euro, sulla piattaforma Idagio.
Ma la differenza è tutta lì, in prospettiva: cosa offrire se si chiede allo spettatore di pagare? «La qualità: la ripresa, l’audio, gli interpreti» dice Dall’Ongaro. Ma «bisogna anche garantire l’interattività, questo è il vero obbiettivo adesso». Sembra incredibile, ma la diretta streaming ricrea in parte la comunione del pubblico in teatro: non è lo stesso vedere una registrazione o sapere che altre ventimila persone sono collegate con te. O due milioni magari.
Sbigliettamento virtuale
In ogni caso, tutti gli enti lirico sinfonici (che bene o male hanno più mezzi delle altre realtà) meditano sullo sbigliettamento virtuale. Il San Carlo di Napoli ha sperimentato il 4 dicembre con una Cavalleria Rusticana (registrata). Come? In collaborazione con Facebook. Un successo, oltre 35mila biglietti al piccolo prezzo di 1,09 euro, «tutto pubblico che secondo me prima non veniva all’opera» dettaglia la direttrice generale Emmanuela Spedaliere.
«Prima del lockdown avevamo punte di pubblico straniero che arrivava anche a 35 per cento. Quanti riprenderanno a viaggiare in fretta? Non si potrà tornare indietro, anche dopo il virus. Ma bisogna ottimizzare tutta la parte tecnologica, i processi produttivi e la formazione di fronte a questo rapidissimo cambiamento. Costa. Per noi è stato cruciale il messaggio del ministro Dario Franceschini» trasmesso prima dello spettacolo.
Già: il ministro della Cultura non è ignaro di questa rivoluzione, e ha rilanciato recentemente l’idea di una piattaforma per tutti, cosiddetta Netflix della cultura. «In questo momento ognuno si sta muovendo per conto proprio; ci sarebbe bisogno di un po’ di ordine» commenta Dall’Ongaro, ma avverte, funzionerà «se la piattaforma riuscirà a mettere a disposizione strumenti all’altezza delle aspettative, e per tutti».
L’argomento dei costi è scottante, tanto più per le realtà piccole. «Si predilige lo star system, i giovani talenti rischiano di non avere spazio» dice Stefano Vizioli, regista lirico, che ha prodotto per il circuito di OperaLombardia un Werther di Massenet da pochissimo andato in streaming. «Abbiamo anche paura di impigrire il pubblico: molti magari non avranno più voglia di mettersi in ghingheri e uscire. È anche vero però che la gente muore dalla voglia di tornare in teatro». L’emozione dello spettacolo dal vivo è insostituibile, ma c’è chi è lontano, o anziano, o malato.
Nella Bergamo devastata dal Covid, il Festival Donizetti a novembre si è svolto virtualmente: cantanti e orchestra in platea, contenuti aggiuntivi per il web come la trasmissione Citofonare Gaetano, su una web tv «che è diventata il nostro palcoscenico» spiega il direttore artistico Francesco Micheli. «Il teatro è un ospedale dell’anima. Ma questo è un successo anche economico: tremila iscritti, 2.200 abbonamenti a 59 euro». Fondamentale l’apporto degli sponsor, incluso il main partner Allianz. Una cosa è certa: i numeri hanno fatto drizzare le orecchie ai padroni del web, ed è stato Facebook a contattare il San Carlo, non viceversa. Perché sì, con la cultura, anche con la musica classica, si mangia.
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