- La docu rivelazione di Rai2 Il collegio non ha solo riavvicinato ai libri plotoni di studenti, ma ha dato vita a un vero e proprio filone tv paraeducativo, al quale appartiene anche il recente La caserma.
- Il filone si caratterizza per la seguente struttura: un gruppo di adolescenti ribelli viene inserito in una realtà distopica. Il luogo della reclusione non mai è simile al loro mondo ma, al contrario, appare completamente diverso.
- In queste realtà gli adolescenti vengono guidati da adulti che si propongono come autorevoli maestri di vita. Ma in questo esperimento social-pedagogico ci sono alcune cose che non tornano.
Toh, la televisione non è più una cattiva maestra. O perlomeno, ha smesso di esserlo per molti genitori che hanno scoperto nel piccolo schermo un insperato partner educativo. Come è possibile?, vi chiederete voi. La risposta è tutta racchiusa in questo titolo: Il collegio. Nel giro di cinque edizioni, la docu rivelazione di Rai2 non ha solo riavvicinato ai libri plotoni di studenti (e già non è poco...), ma ha dato vita a un vero e proprio filone tv, diciamo così, paraeducativo. A questo genere appartiene infatti anche il recente La caserma: la docu, sempre in onda su Rai2, vede un gruppo di ragazzi e ragazze, sbruffoncelli e indisciplinati, trascorrere quattro settimane reclusi in una caserma. Obiettivo: fare squadra e imparare disciplina e rispetto, a suon di addestramenti militari e sveglie all’alba. Dopodiché sarà la volta di Ti spedisco in convento: altra docu, con altrettanti adolescenti ribelli, solo che stavolta i nostri trascorreranno il proprio tempo in convento, osservando le rigide regole del luogo di culto. Lo vedremo prossimamente sulla piattaforma Discovery Plus.
«In realtà questo filone esiste già da molti anni all’estero», commenta Massimo Righini, attuale chief creative officer di Casta Diva ma in passato creative producer delle prime due edizioni de Il Collegio, «Solo qui in Italia è un fenomeno recente. Per ragioni di budget da noi le puntate sono pensate esclusivamente per il prime time, quindi sono molto lunghe, mentre all’estero il formato si aggira sui 50’, così da essere fruibile sia in day time che in prima serata in back to back (due puntate in onda di seguito, ndr)».
Il filone si caratterizza per la seguente struttura: un gruppo di adolescenti ribelli viene inserito in una realtà distopica. L’isolamento a cui sono sottoposti i ragazzi è infatti molto diverso da quello dei reality show: il luogo della reclusione non mai è simile al loro mondo ma, al contrario, appare completamente diverso. Da qui la scelta di puntare su scuole che applicano regole didattiche del passato, come accade ne Il collegio, oppure sulle caserme (quando ormai l’obbligo di leva è sparito) o conventi la cui routine non ha nulla a che spartire con la frenesia metropolitana.
In queste realtà distopiche, gli adolescenti vengono guidati da un gruppo di adulti che, al di là del ruolo fattuale di insegnante/militare/suora, si propongono come autorevoli maestri di vita. Nessuno però è tenero: gli insegnanti sono severi, i militari esigenti, ma la natura distopica dell’operazione permette la buona riuscita dell’esperimento sociale. Nonostante le iniziali resistenze, i ragazzi sanno infatti che il nuovo regime di vita è eccezionale, oltre che temporaneo, e giustificano gli eventuali toni eccessivi perché “lì funziona così”. Il politicamente corretto non esiste, insomma, in questi show (e meno male…). Ultima, grande regola: i ragazzi devono abbandonare cellulare, pc, tablet e qualsivoglia legame con il mondo virtuale.
«Non li definirei programmi educativi», precisa Righini, «più che insegnare qualcosa, Il collegio vuole spingere i ragazzi e il pubblico a pensare, a riflettere sulla loro vita». I diretti interessati peraltro apprezzano: la prima edizione del Collegio era finita con i ragazzi in lacrime, che si aggrappavano ai sorveglianti perché non volevano tornare a casa. «Avevano capito che era necessario avere accanto qualcuno con cui crescere», ricorda Righetti, «purtroppo la nostra società non permette ai genitori di essere sempre molto presenti».
Tv buona maestra?
Lunga vita, dunque, alla tv buona maestra? Ni. In questo esperimento social-pedagogico ci sono alcune cose che non tornano.
La prima è il palese paradosso: si privano i ragazzi di cellulari e pc, per mostrare loro quanto è bello vivere senza selfie e filtri di Instagram, ma una volta usciti da questi programmi i concorrenti si sono trasformati in piccole star in erba. E, sì: hanno molti più follower di quando sono entrati nel programma. Verrebbe dunque da chiedersi se e come questa disintossicazione social, con conseguente rivalutazione della vita, sia efficace o anche solo durevole nel tempo.
Altra questione: Il collegio e La Caserma, così come presumibilmente farà Ti spedisco in convento, chiedono ai ragazzi di cambiare. Devono capire che bisogna studiare di più, essere più rispettosi del prossimo, ascoltare mamma e papà, chattare meno e un sacco di altre cose giuste e sacrosante. Però in tutto questo edificante discorso manca all’appello un interlocutore: la famiglia. Se infatti un adolescente pensa solo ai vestiti o è maleducato, forse in parte è anche responsabilità dell’educazione ricevuta, ossia dei genitori che invece, grazie alla tv, si vedono tornare a casa i figli nuovi di zecca senza mai essere messi in discussione nel loro ruolo di educatori.
«È difficile parlare di cambiamento significativo senza tener conto del contesto familiare in cui il ragazzo vive», conferma la psicoterapeuta Alessandra Longobucco. «La famiglia di un adolescente deve trovare l'equilibrio tra due esigenze opposte: da un lato favorire il cambiamento e l'indipendenza del ragazzo, dall'altro poter essere un luogo sicuro in cui possa ritrovarsi. In quest'ottica se il confronto con altri adulti significativi e con i pari può sicuramente essere un momento di crescita, è comunque difficile non tenere conto di ciò che accadrà quando il ragazzo farà il suo ritorno in famiglia».
E qui arriviamo all’ultimo punto. Se il filone Collegio&affini è arrivato così tardi in Italia forse è anche perché, da noi, l’educazione e la formazione dei ragazzi sono sempre state appannaggio esclusivo di famiglia, scuola e – finché c’era – chiesa. L’avanzata della tv educativa, che con i suoi riflettori luccicanti spinge i ragazzi a fare mea culpa e uscire dal lato oscuro dell’adolescenza, denuncia il tramonto di questo trittico. «È un discorso molto complesso ed è difficile fare un ragionamento in poche righe senza essere banali», continua Longobucco, «è però innegabile che, nel corso degli ultimi decenni, i rapporti tra genitori e figli siano profondamente cambiati. I genitori sono più empatici e attenti ai bisogni del figlio, il rapporto è diventato meno asimmetrico, il centro è la relazione, ma ciò comporta che in alcuni casi, temendo di danneggiare il legame, si corre il rischio venir meno al ruolo genitoriale di porre limiti e regole».
Gli adulti de Il Collegio e La Caserma non si fanno invece scrupoli: nessuno vuole compiacere nessuno ma solo far rispettare le regole… Piaccia o no, questi show si sono insomma fatti carico di un’esigenza educativa che, altrove, viene espletata poco o male. Al pubblico a casa la trovata piace: per rendersene conto basta dare un occhio agli ascolti de Il collegio e La caserma, che due settimane fa ha esordito con un buon 9,9 per cento di share e 2,2 milioni di spettatori. Resta da capire se e quanto la tv buona maestra farà davvero bene anche alla nostra società...
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