- Spiace dirlo, ma l’Italia non è un paese che brilli per intelligenza e acutezza. Soprattutto a fine anno. Si inizia il 16 dicembre a Napoli, nel cui Duomo si custodiscono due ampolle che, secondo la leggenda, contengono del sangue di San Gennaro.
- Quanto a esistenza, persino Babbo Natale sta meglio di San Gennaro. Benché mascherato da carnevale, non è altri infatti che Nicola di Bari: non il cantante, ma il santo dell’Asia Minore.
- E ancora, i Re Magi e la Stella Cometa sono due dettagli della leggenda di Gesù Bambino, anche se naturalmente Gesù non è nato il 25 dicembre, per almeno due ragioni.
Spiace dirlo, ma l’Italia non è un paese che brilli per intelligenza e acutezza: al contrario, è offuscata dalla furbizia e dall’ottusità. Lo è sempre, visto che si tratta di nostre doti caratteristiche, che una volta si sarebbero fatte risalire geneticamente alla “razza italica”, e oggi si preferiscono attribuire sociologicamente al “popolo italiano”. Ma lo è soprattutto a fine anno, quando un’improvvisa congiunzione astrale mette repentinamente a nudo in un paio di settimane le nostre pudende culturali, riuscendo a farci apparire agli osservatori esterni ancora più stupidi di quanto non siamo normalmente.
Si inizia il 16 dicembre a Napoli, nel cui Duomo si custodiscono due ampolle che, secondo la leggenda, contengono del sangue di San Gennaro, prelevato direttamente dal suo cadavere ancor caldo, subito dopo il martirio da lui subìto il 19 settembre 305. Tre volte l’anno, due delle quali appunto il 19 settembre e il 16 dicembre, e la terza la prima domenica di maggio, le ampolle vengono esibite ai fedeli nel tipico parossismo partenopeo, e spesso il sangue si liquefa “miracolosamente” (per la cronaca, questa volta no).
O almeno, così dicono i napoletani ingenui. Quelli meno ingenui sanno che si tratta di una bufala campana DOC, visto che da anni il CICAP vende boccette di soluzioni tissotropiche che riproducono perfettamente il miracolo. Ma basta andare in pizzeria e chiedere una bottiglietta di ketchup o di salsa rubra, per scoprire sostanze che in condizioni normali sono solide e non fuoriescono se si cerca di versarle, ma se vengono sbattute un po’ si liquefanno, senza che i pizzaioli e gli avventori gridino ogni volta al miracolo.
I devoti del Santo, uno dei quali è l’effettivamente miracolato ministro Luigi Di Maio, sono però immuni a qualunque argomento razionalista, e niente e nessuno può smuoverli dalla loro incrollabile superstizione. Eppure, fu lo stesso papa Paolo VI a decidere nel 1964 di cancellare San Gennaro dal calendario per la sua “scarsa storicità”.
All’epoca sui muri della città apparve la scritta: “San Gennà, futtetenne”. Ma apparentemente il santo non se n’è completamente fottuto, e l’ha giurata ai papi: per ben tre volte essi hanno presenziato di persona (Giovanni Paolo II nel 1990, Benedetto XVI nel 2007 e Francesco nel 2017), ma per due volte il miracolo non è avvenuto, e la terza il sangue si è sciolto solo per metà. Cosa che, peraltro, succede anche con la salsa, se non la si scuote bene.
Babbo Natale e San Nicola
Quanto a esistenza, persino Babbo Natale sta meglio di San Gennaro. Benché mascherato da carnevale, non è altri infatti che Nicola di Bari: non il cantante, ma il santo dell’Asia Minore, famoso nell’antichità per il dubbio merito di aver preso a schiaffi al concilio di Nicea il teologo Ario, reo di aver sostenuto l’ovvietà che i figli vengono dopo i padri. Se Ario gli avesse risposto con un pugno ben dato, il mondo cristiano si sarebbe risparmiato due millenni di dispute sulla balzana dottrina della Trinità, che tutti i fedeli ripetono recitando il Credo, ma del cui significato nessuno ha la minima idea.
L’associazione del turco San Nicola all’italica Bari deriva dal fatto che una parte delle sue spoglie si trova appunto nella città pugliese: l’altra sta a Venezia, e il motivo per cui San Nicola viene detto “di Bari”, e non “di Venezia”, è uno dei misteri della fede. L’associazione con Babbo Natale, ancora più assurda, sta nel fatto che il suo nome nordico è Sankt Nikolaus, da cui deriva Santa Claus. L’apparenza cicciottella e barbuta, oltre al caratteristico vestito rosso, sono invece un’invenzione dello scrittore Clement Moore nel poema Visita a San Nicola del 1821.
Come dice il nome, da noi Babbo Natale i doni li porta a Natale, ma la festa di San Nicola è il 6 dicembre, supposto giorno della sua morte nel 343: i nordici, che sono più precisi di noi in tutto, anche nelle stupidaggini, i regali glieli fanno dunque consegnare la notte del 5 o il giorno del 6. Quanto alla Befana, alter ego femminile di Babbo Natale, non è altro che la storpiatura di epifania, che a sua volta significa “apparizione”, e ricorda l’arrivo dei Re Magi guidati dalla Stella Cometa. Il legame con la strega benevola a cavallo della scopa è ovviamente un sincretismo pagano, e conferma che le stupidità sacre e profane convivono felicemente nella testa degli stolti.
Gesù non è nato il 25 dicembre
I Re Magi e la Stella Cometa sono due dettagli della leggenda di Gesù Bambino, anche se naturalmente Gesù non è nato il 25 dicembre. Primo, perché non è mai esistito, almeno non nella versione romanzesca raccontata dai Vangeli, che sono tutti letteralmente apocrifi: in Italia la notizia non è ancora pervenuta alle orecchie dei credenti, sordi a ogni ragione, ma perverrebbe se essi avessero l’accortezza di leggere almeno la classica Storia della ricerca sulla vita di Gesù (1906) di Albert Schweitzer. Scoprirebbero allora l’abisso che da almeno un paio di secoli separa le prudenze protestanti dalle spericolatezze cattoliche, a proposito della storicità del Cristo evangelico.
E secondo, perché il 25 dicembre è semplicemente il giorno in cui gli antichi pagani celebravano la festa del Sole Invitto, El Gabal, importato dall’imperatore Eliogabalo nel 218 dalla Siria. Fu l’imperatore Aureliano a instaurarne il culto nel 270, e a consacrarne il tempio il 25 dicembre 274, durante la festa del Natale del Sole. La ricorrenza è legata al solstizio d’inverno, quando il Sole tocca in cielo il punto più basso del suo percorso annuale, e sembra fermarsi per tre giorni: da cui appunto il nome di solstitium, “fermata del Sole”. Poi l’astro ricomincia la sua salita, in un succedersi di eventi che si può metaforicamente descrivere come “il Sole muore, ma il terzo giorno risorge e ascende al cielo”: chi ha orecchie per intendere, intenda.
Fu solo nel 350 che papa Giulio I scelse il 25 dicembre come Natale di Gesù, stabilendo un legame tra quest’ultimo e il Sole: un legame testimoniato ancor oggi dal nome inglese di Sunday per il giorno del Signore, derivato dal Dies Solis stabilito dall’imperatore Costantino come giorno del riposo romano. Ma un secolo dopo, nel suo Sermone di Natale del 460, papa Leone Magno si lamentava che il culto di Cristo non aveva soppiantato quello del Sole, e che i fedeli entravano nella basilica costantiniana di San Pietro volgendosi prima verso il Sole, per adorarlo.
Poiché l’imbarazzo persisteva ancora un millennio dopo, per uscirne fu commissionato a Giotto il mosaico La navicella degli Apostoli, che agli inizi del Trecento venne posizionato nel portico di ingresso della Basilica, sulla parete opposta all’entrata, in modo da dar l’impressione che i fedeli si rivolgessero all’indietro non per venerare il Sole, ma per ammirare Giotto. Basta comunque osservare oggi un ostensorio, per accorgersi immediatamente di cosa rappresenti: una piccola ostia incastonata in mezzo a un grande Sole raggiante, con una simbologia risalente ad Akhenaton e al suo culto di Aton, di cui si riappropriò Bernardino da Siena nel Quattrocento.
Ma se si vuole commemorare la vicenda del solstizio d’inverno, che è l’unica cosa esistente e sensata in mezzo a tutte queste assurdità, perché non lo si fa direttamente e senza tante storie? Perché fingere religiosamente, a Natale, di festeggiare una nascita mitologica mai avvenuta? E perché fingere profanamente, a Capodanno, di festeggiare un nuovo anno solare che inizia in realtà una decina di giorni prima?
Oroscopi e sedicenti maghi
A parte le motivazioni religiose, che sono notoriamente imperscrutabili, quelle scientifiche si riducono tutte a problemi del calendario. I solstizi invernali, e dunque il Capodanno, andrebbero festeggiati quando effettivamente accadono: cioè, di solito il 21 dicembre, ed eccezionalmente il 20 o il 22, in occasione del giorno più corto dell’anno. Che non è affatto il 13 dicembre, festa di Santa Lucia, come si sente spesso dire: l’equivoco nasce dal fatto che lo era effettivamente una volta, secondo il calendario giuliano, ma il ritardo di una decina di giorni accumulato nel corso dei secoli portò nel 1582 alla riforma del calendario gregoriano oggi in vigore.
La Svezia tardò parecchio a uniformarsi al resto d’Europa, e festeggia ancor oggi l’antica tradizione della Festa delle Luci per commemorare la rinascita del Sole, benché mascherata dietro la leggenda di Santa Lucia. Quest’ultima, nel portare aiuti ai cristiani nascosti nelle catacombe di Siracusa, avrebbe usato una corona di candele per farsi strada nel buio, avendo le mani impegnate dai pacchi dono: di qui l’usanza di scambiarsi i regali di Natale il 13 dicembre anche in alcune città italiane, a partire da Siracusa.
Il triste spettacolo di fine anno indiscriminatamente offerto da bambini e adulti, tutti impegnati nella frenesia delle compravendite di cibi e regali e coinvolti nell’isteria generalizzata delle carnevalate sacre e profane legate a San Gennaro, Babbo Natale, Gesù Bambino, il Capodanno e la Befana, raggiunge il suo punto più basso (come il Sole) nella tradizione degli oroscopi diffusi da sedicenti maghi, che ricordano i Re Magi, ma scordano ogni anno di aver già sistematicamente sbagliato le profezie dell’anno prima.
In realtà, le costellazioni su cui si basano gli stupidi oroscopi non esistono in Natura: sono solo costruzioni immaginarie dell’uomo, analoghe alle figure che si “vedono” nelle macchie sui muri o nelle nuvole del cielo. Inoltre, la scelta delle costellazioni da privilegiare è convenzionale: in Oriente ci si concentra su quelle polari, in Occidente su quelle equatoriali. E a ciascun segno dello Zodiaco si assegna il periodo convenzionale di un mese, benché il tempo in cui Sole sta in ciascuno vari da 15 a 45 giorni.
Infine, e soprattutto, i segni astrologici sono comunque tutti sbagliati, perché ogni 2.000 anni circa l’asse terrestre si sposta di uno per la precessione degli equinozi: ad esempio, quelli che erano i Pesci al tempo di Cristo sono diventati l’Acquario ai nostri, come ha invano cercato di divulgare il musical Hair nel 1970. Che valore possono dunque avere gli oroscopi, a parte confermare che il sedicente uomo moderno disonora lo spirito umano, alla stessa stregua dei selvaggi ai quali continuiamo a ispirarci a fine anno?
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