E allora, cosa si legge d’estate? Al mare, sui monti, tappati in casa nelle città per l’afa opprimente, serio indizio del climate change, assieme alla siccità in Sicilia, in Sardegna, isole meravigliose delle nostre vacanze e dei nostri romanzi. Romanzi di climate fiction? (per chi non l’abbia letto, a proposito il Tasmania di Paolo Giordano, Einaudi, perché la crisi di cui racconta questo grande romanzo non è solo quella di una coppia, forse è quella di una generazione, sicuramente la crisi del mondo che conosciamo  e del nostro pianeta). 

Niente affatto. Si leggono le scrittrici. Sei nei primi dieci posti della classifica dei libri di questa settimana. Sono nell’ordine Milena Palminteri (Come l’arancio amaro, Bompiani), Francesca Giannone con due titoli (Domani, Domani e La portalettere, Nord), Donatella Di Pietrantonio, terza nonostante lo Strega appena vinto con L’età fragile, Cristina Cassar Scalia (Il Castagno dei cento cavalli), Fred Vargas (Sulla pietra, tutti Einaudi) e Chiara Valerio (Chi dice e chi tace, Sellerio).

«Del resto se si parla di fimmine sempre guai ci sono in mezzo, diceva il barone» ci avverte Milena Carpinteri scrivendo una saga siciliana satura di profumi e di segreti.

Debutta così, direttamente al primo posto, una vera debuttante. E ci sono debutti che aspettano una vita intera. Il suo ha atteso 75 anni. Lei è una fantastica esordiente, che ha lavorato tutta la vita negli archivi notarili (come una delle tre protagoniste del libro) e proprio tra le carte ha trovato ispirazione per raccontare questa storia che ruota attorno ad un segreto inconfessabile e che unisce la vita di tre donne lungo il corso del secolo scorso.

La tradizione siciliana

Tre protagoniste, due piani temporali del Novecento e moltissimi comprimari. Sono donne selvatiche e fiere, timide e studiose, orgogliose e determinate, le donne di questo romanzo che fanno i conti con un destino avverso disegnato dagli uomini, che non importa se nobili e sfaccendati, avvocati o mafiosi, sono pur sempre i padroni dei destini altrui.

«Sullo sfondo, prima il Fascismo, che nella Sicilia d’Occidente avanza con ritardo, come la Storia in genere sull’isola, sicché pare che l’Ottocento non voglia trascorrere via dai luoghi anche se il secolo breve è arrivato, con i suoi mostri e i suoi disastri; poi gli anni del Boom e della rivoluzione femminile, che pure in Italia e al Mezzogiorno si muovono con lentezza» scrive la scrittrice Antonella Cilento, i cui corsi di scrittura Milena Carpinteri ha frequentato e a cui il libro è dedicato. Scritto sulle spalle della tradizione siciliana più nobile, Brancati e Pirandello, Tomasi da Lampedusa, Bufalino, Maraini, Sciascia e Camilleri: Come l’arancio amaro è un lettura che gode delle astuzie del romanzo classico e s’avventura nelle problematiche odierne (ed eterne) delle donne.

Agrigento, 1960. Carlotta ha trentasei anni, suo padre è morto la notte in cui lei nasceva, la sua adorata bambinaia se n’è andata quando lei era piccola e sua madre è sempre stata un’algida istitutrice. Cresciuta durante il Ventennio e la guerra in una Sicilia dove da sempre tutto cambia per rimanere immutato, Carlotta ha imparato che il solo modo per non soffrire è annoiarsi con pazienza. Così, dopo gli studi di legge, anziché lottare per diventare avvocato si è rinchiusa a lavorare all’Archivio notarile.

Ma il destino ci insegue anche se noi ci nascondiamo: è proprio uno dei polverosi documenti dell’Archivio a rivelarle la terribile accusa rivolta da sua nonna paterna a sua madre, di non averla partorita ma comprata. Mentre da Roma scende l’onda nera del fascismo, la diafana Nardina sposa il nobile Carlo Cangialosi ma non riesce a rimanere incinta, e questa colpa si allunga su di lei come un’ombra. E la bellissima e selvatica Sabedda, umile serva, si trova in grembo un figlio che non potrà sfamare. I percorsi di queste due ragazze si intrecceranno grazie al piano scellerato ordito da Bastiana, madre di Nardina, e dal campiere don Calogero, in odore di mafia.

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