Questa sorella che non si deforma come carta quando la metti sul fuoco ma è fiamma e incendio. Che non si accontenta di un corpo ma vuole quello di tutte le donne, non una di meno, un'intera nazione all'ascolto, all'azione
Questa sorella che non si deforma come carta quando la metti sul fuoco ma è fiamma e incendio. Che non si accontenta di un corpo ma vuole quello di tutte le donne, non una di meno, un’intera nazione all’ascolto, all’azione.
Che non usa la parola mostro o bestia per l’assassino di chi le dormiva accanto e beveva dalla stessa tazza.
Che lo chiama uomo e chiama altri uomini a dare un nome ai comportamenti violenti, a denunciarli senza diventare complici del privilegio di essere fatti come chi comanda. Che racconta la cultura del possesso, l’incapacità di accettare un no e la rabbia che esplode quando perdi l’orsacchiotto di pezza. Quando lei decide per sé stessa e fa tremare non solo il soffitto ma le intere fondamenta.
Questa sorella che incolpa il suprematismo patriarcale perché sa che ogni femminicidio nasce due volte: in famiglia e dalla pancia dello stato.
Che il fiocco rosa
Messo alla porta
È un segno
Fatto col sangue
Promette una strage
Che muori più di frequente se sei donna e più di frequente perdi il lavoro o non lo trovi, guadagni meno, sei povera, vieni esposta a molteplici rischi e spinta ai bordi della storia.
Anche se ti hanno insegnato a portare pazienza e stare al tuo posto, un passo più indietro del maschio. Per non fare ombra, perché lui non perda il potere, il suo primato, la lotta con gli altri maschi in casa, per strada o al lavoro.
Perché il controllo dell’altra è la sua forza e il suo contorno. E se lo perde poi si vendica.
Lei gli paga
La cena
E lui l’ammazza
Voleva pareggiare
I conti
Dargli
Anche
Il resto
(Si stava meglio
Quando la cena
La pagavano
I maschi
Ti aprivano
Lo sportello
Dell’auto
Che non eri
Ancora
Morta)
Questa sorella sa che la violenza non ha confini geografici ma ricalca la cartina dell’Italia, una mappa dove i maschi mettono bandierine come in guerra quando vincono. E vincono sempre. Noi siamo obbligate a riconoscere quelle rosse, anticipare le mosse per non essere la prossima.
Una violenza senza segni particolari sulla faccia, con il conto in banca, che lavora e si laurea. Acqua e sapone. Per lavare via il sangue quando esce “per sbaglio", per un “dramma della gelosia” o un “raptus”.
Ogni “litigio
Finito male”
L’ha finito
Il patriarcato
Questa sorella capace di restare intera mentre parla di donne fatte a pezzi, di chiedere finanziamenti per i centri antiviolenza, di dire basta alle vie di fuga chiuse o guaste delle leggi, che pretende una forma di prevenzione possibile con l’educazione affettiva nelle scuole. Che chiede allo Stato protezione per le vittime da quegli uomini violenti che lui stesso ha allattato come Madre, senza limiti e nella fusione totale.
Questa sorella che tutti volevano vedere piangere per darle un bicchiere dove mettere le lacrime, usarle al posto dell’olio per condire il pane. Come ci viene detto da centinaia di anni.
Tanto quando ti sposi ti scordi.
E lo ripeti per sempre.
Questa sorella che chiede di ribellarsi e “bruciare tutto”.
Le hanno detto: “satanista”.
Così inizia una nuova caccia
Ma le streghe adesso
Hanno la miccia in tasca
Questa sorella.
La nostra.
*Ci vuole un solo minuto per leggere questo articolo e non restare in silenzio*
© Riproduzione riservata